Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19444 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19444 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Italiano Annibale, n. a Oria il 09/04/1960;

avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce. Sez. dist. di Taranto in data
14/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del Difensore, Avv. Palmisano, che ha chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Italiano Annibale propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, di conferma della
sentenza del tribunale di Taranto per il reato di cui all’art. 44 lettera b) del d.P.R.
n. 380 del 2001 in relazione alla realizzazione, quale proprietario e committente,
in assenza del permesso a costruire, di due vani al grezzo ricavati tra gli anfratti
di una cava e di una piscina scoperta.

Data Udienza: 19/03/2014

Premette il ricorrente di avere acquistato il 19/12/2007 dai signori Brunetti
immobile, per il quale era stato già rilasciato permesso di costruire in sanatoria
nonché l’ulteriore permesso di costruire nell’anno 2007; avendo necessità di
eseguire lavori di ristrutturazione e modifiche interne, modifiche di prospetto ed
adeguamento igienico – sanitario, l’acquirente aveva quindi presentato progetto
di recupero del fabbricato con l’annesso giardino di pertinenza ottenendo relativo

sistemare il giardino pertinenziale erano stati eseguiti lavori in difformità dal
permesso di costruire, il ricorrente aveva proceduto a regolarizzare tali opere
ottenendo il 29/04/2010 permesso di costruire in sanatoria. Quanto al recupero
delle cave, il ricorrente aveva invece presentato denuncia di inizio attività in
sanatoria in data 12/03/2010 rispetto alla quale il comune di Maruggio aveva
proceduto all’ulteriore istruttoria richiedendo certificato di collaudo finale dei
lavori eseguiti, certificato in effetti consegnato al Comune in data 03/05/2010; il
giudice di primo grado non si era tuttavia avveduto dell’esistenza della richiesta
di d14, in sanatoria presentata il 10/03/2010 mai fatta oggetto di diniego e/o di
improcedibilità; la Corte d’Appello, da parte sua, aveva integrato sul punto la
motivazione della sentenza impugnata valutando le opere in questione come
determinanti una consistente e durevole trasformazione dell’assetto urbanistico e
come irrilevante la dichiarazione del responsabile dello sportello unico del
Comune in data 22/02/2012.

2. Ciò posto, con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 10, 22, 23, 44
del d.P.R. n. 380 del 2001 deducendo che la Corte d’Appello ha ritenuto come la
realizzazione di due vani al grezzo e di una piscina scoperta abbiano integrato gli
interventi di nuova costruzione realizzati in mancanza di permesso di costruire.
Tuttavia quanto realizzato, ovvero lavori di pulizia e recupero di vecchie cave di
tufo esistenti, rientra pacificamente nelle opere di ristrutturazione edilizia per le
quali era necessaria e sufficiente la presentazione di una d.i.a. ; nella specie non
si è considerata la presentazione della d.i.a. in sanatoria e la conclusione del
relativo procedimento senza provvedimenti di rigetto, come attestato dal
Comune con certificazione del 22/02/2012.
Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla suddetta
certificazione del 22/02/2012 e la mancanza di motivazione o illogicità della
stessa; in particolare si duole che la Corte abbia ritenuto detta certificazione, ove
veniva attestata la esclusiva realizzazione di lavori di pulizia e il consolidamento
di vecchie cave di tufo, come irrilevante.

2

permesso di costruire in data 09/04/2008. Poiché nel corso dei lavori finalizzati a

Con un terzo motivo lamenta la violazione dell’art.4 della legge n. 493 del 1993
posto che con tale norma è stato demandato alle regioni il potere di disciplinare i
casi in cui il cambio di destinazione d’uso deve essere soggetto a permesso o ad
autorizzazione; nella specie la Corte d’Appello ha ritenuto la penale
responsabilità in relazione alla realizzazione della piscina prescindendo dalla
normativa regionale della Puglia che non imporrebbe per le opere in oggetto e il

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
I primi due motivi, entrambi manifestamente infondati, muovono dal
presupposto che per la realizzazione delle opere poste in essere, e,
segnatamente, i vani al grezzo e la piscina scoperta interrata, fosse e sia
sufficiente una d.i.a. e che, pertanto, tanto più essendo stata presentata in data
12/03/2010 una d.i.a. in sanatoria, il reato non sussisterebbe.
Tale assunto è stato però motivatamente confutato dalla sentenza impugnata
che ha posto in rilievo, invece, che le opere per le quali è stata presentata dia. in
sanatoria, peraltro mai rilasciata, non erano di mera pulizia, consolidamento e
recupero di vecchie cave, bensì integranti “nuova costruzione” per la quale era
quindi necessario il permesso a costruire; ha infatti evidenziato la realizzazione :
1) di una classica piscina interrata, di circa 103 mq. con profondità variabile da
0,30 a 2,00 metri, dotata di scala metallica per la discesa in acqua; 2) di un
vano interrato di circa 1,5 metri rispetto al piano e con superficie coperta di circa
7,5 mq. e altezza di circa 3 metri; 3) di un manufatto fuoriuscente dal piano di
circa 70 mq. e con superficie coperta di circa 61,00 mq. e altezza di circa 3,5
metri.
Costituiscono infatti lavori edilizi necessitanti di permesso a costruire non
soltanto quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del
suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo
durevole l’area impegnata dai lavori stessi (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 26197 del
29/04/2003, Agresti, Rv. 225388, proprio con riferimento a piscina interrata).
Di qui, dunque, la esatta riconducibilità di dette opere, ben diverse da quelle di
cui all’art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001, nel novero di quelle considerate dagli
artt. 3 lett. e) ed e.1) e 10 del medesimo d.P.R., e la conseguente, corretta,
valutazione della irrilevanza dell’attestazione, tra l’altro di nessuna efficacia
sanante, del responsabile dello Sportello Unico del Comune del 22/02/2012.
3

ritenuto mutamento di destinazione urbanistica alcun permesso a costruire.

4. Il terzo motivo deduce violazione di legge in precedenza non proposta ed è
quindi inammissibile; in ogni caso lo stesso si basa sulla considerazione che la
valutazione di illiceità in particolare della piscina sarebbe dipesa da un
mutamento di destinazione d’uso di un preesistente manufatto; al contrario,
come già chiarito sopra, nella specie non si versa in mero mutamento di

conseguente irrilevanza, in ogni caso, delle norme regionali invocate.

5.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in
favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014
residente

destinazione d’uso, ma in vera e propria ipotesi di nuova costruzione con

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