Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19443 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19443 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Boudan Fathi, n. in Tunisia il 30/10/1978;

avverso la sentenza del G.i. P. presso il Tribunale di Modena in data 23/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Romano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Boudan Fathi propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del G.i.p.
presso il Tribunale di Modena di applicazione della pena di anni due e mesi sei di
reclusione ed euro 3.000 di multa, previo riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 prevalente sulla contestata
recidiva, per il reato di cui all’art. 73 del d. P.R. cit. in relazione alla detenzione,
in concorso con Zinnedine Souad, di gr.82, 77 di cocaina.

Data Udienza: 19/03/2014

2. Lamenta con un unico motivo la violazione di legge e la mancanza di
motivazione in ordine all’omessa valutazione delle ipotesi di proscioglimento di
cui all’art. 129 c.p.p.

3. Il ricorso è inammissibile.
Va ricordato che, per costante indirizzo di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 4,
n. del 26/06/2013, Mazza, Rv. 256401), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione
giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e
di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento
a norma dell’art. 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 c.p.p., deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo,
invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente
nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla
legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai
sensi della disposizione citata.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.

4. Non potrebbe poi rilevare l’intervenuta successiva riduzione dei massimi
edittali (da sei a cinque anni) della pena della reclusione prevista per la
fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ad opera
dell’art. 2 del d.l. 23/12/2013, n. 146 convertito in legge n. 10 del 2014, posto
che, anche a volere valorizzare favorevolmente ex officio, in presenza di ricorso
inammissibile per le già considerate ragioni, la circostanza che la pena base
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

detentiva sia stata individuata in quella di anni tre e mesi otto di reclusione,
ovvero in misura non distante dall’odierno limite edittale massimo, il ricorso
sarebbe, sotto tale aspetto, carente di interesse; infatti, una volta annullata la
presente sentenza, riacquisterebbe inevitabilmente rilievo, a fronte della mutata
configurazione della fattispecie del comma 5 dell’art. 73, ad opera del predetto
d.l. n. 146 del 2013, da circostanza attenuante a fattispecie di reato autonomo

non più “neutralizzabile” per effetto del giudizio di bilanciamento, con
conseguente, più sfavorevole, trattamento sanzionatorio.

5.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della
cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 19 marzo 2014

Il C

gli

est.

Il Pr

ente

(cfr. Sez. 6, n. 2295 del 15/10/2013, Ayari, Rv. 257767), la contestata recidiva,

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