Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19443 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19443 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FUMAROLA PASQUALE N. IL 25/08/1961
avverso la sentenza n. 847/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
15/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Geperale in persona del k)ott i
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che ha concluso per ..2,`
tri”1,1.„ Qat,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 13 dicembre 2010 il Tribunale di Brindisi – per quanto qui rileva dichiarava FUMAROLA Pasquale, imputato del reato di cui all’art. 22 comma 12 del D. L.vo
286/98 (impiego alle proprie dipendenze di lavoratori extracomunitari privi del permesso di
soggiorno), nonché del reato di cui all’art. 18 comma 1 del D. L.vo 276/03 (intermediazione

settembre 2006 e fino all’8 marzo 2007], dichiarava il predetto colpevole di entrambi i reati
unificati per continuazione condannandolo, con la recidiva contestata alla pena di mesi cinque
di arresto ed 6.000,00 di ammenda.
1.2 Con sentenza del 15 febbraio 2012 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Brindisi, dichiarava non doversi procedere nei riguardi del
FUMAROLA limitatamente al reato di cui all’art. 22 comma 12 del D. L.vo 286/98 per estinzione
del reato a seguito di prescrizione, eliminando il relativo aumento di pena, e quanto al residuo
reato, esclusa la recidiva, rideterminava la pena in mesi tre di arresto ed € 3.000,00 di
ammenda, confermando nel resto.
1.3 Osservava la Corte – con riferimento al reato residuo – che la prova della colpevolezza
si traeva agevolmente non solo dai risultati di una mirata e ripetuta attività di controllo svolta
da personale dell’Ispettorato del lavoro, ma anche dalle dichiarazioni di alcuni lavoratori che
avevano confermato l’illecita attività di intermediazione svolta dal FUMAROLA ed, ancora, dalla
documentazione rinvenuta da parte del personale dell’Ispettorato del Lavoro, di pertinenza
dell’imputato come da lui stesso dichiarato. Escludeva, poi, la valenza esimente della
circostanza dedotta dalla difesa circa una attività di aiuto prestato dal FUMAROLA, su
sollecitazione di una associazione parareligiosa di volontariato, ai cittadini extracomunitari in
difficoltà: attività consistita nel cercare per essi una occupazione. Quanto, infine, al
trattamento sanzionatorio, pur escludendo la recidiva, in quanto non consentita per le
fattispecie contravvenzionali ex art. 4 della L. 251/05, la Corte territoriale confermava il
diniego delle invocate circostanze attenuanti generiche in relazione alla negativa personalità
dell’imputato ed alla non occasionalità della condotta.
1.4 Per l’annullamento della sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore
fiduciario, deducendo, con un primo motivo, violazione di legge per essersi la Corte di Appello
(e prima ancora il Tribunale) avvalsa per la statuizione di colpevolezza, di prove
illegittimamente acquisite e quindi inutilizzabili ex art. 191 cod. proc. pen. Osserva, al
riguardo, la difesa che erano affette da tale vizio sia la testimonianza dell’Ispettore del lavoro
GRECO Adriana, in quanto consistita nel riferire quanto a lei dichiarato dall’imputato, con
conseguente inosservanza degli artt. 62 e 195 cod. proc. pen.; sia le dichiarazioni di uno dei
lavoratori stranieri (tal BERAKI Danial), acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., in

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nella attività di reclutamento di manodopera agricola) [fatti, rispettivamente, commessi il 14

quanto rese da soggetto straniero non a conoscenza della lingua italiana e non assistito da
interprete, con violazione dell’art. 143 comma 2 codice di rito. Con un secondo motivo la difesa
deduce violazione di legge per difetto assoluto di motivazione, per avere la Corte territoriale
omesso di rispondere alle articolate censure mosse con l’atto di appello con specifico riguardo
ai contenuti delle dichiarazioni dei testi GRECO e BARAKI. Con un terzo motivo si deduce
difetto di motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, giudicato

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Premesso che all’imputato era stato fatto carico del reato di cui all’art. 18 comma 1 del
D. L.vo 276/03 per avere svolto attività di intermediazione di manodopera nei confronti di
numerosi cittadini extracomunitari, la decisione della Corte si è basata su plurimi elementi di
prova, alcuni dei quali di tipo documentale (un quaderno rinvenuto presso il Bar “Mayra” del
quale l’imputato aveva riconosciuto la paternità, in cui figuravano annotati ore e giorni di
lavoro e la contabilità nella gestione dell’attività dei detti lavoratori); altri di tipo
“autodichiarativo” in quanto provenienti dallo stesso imputato, che aveva ammesso di aver
aiutato quei soggetti stranieri interessandosi perché espletassero un lavoro, dopo aver accolto
le sollecitazioni della Caritas; altri, ancora, di tipo “eteroaccusatorio”, consistite – come
ricordato dalla Corte – nelle testimonianze di GRECO Adriana, ispettore del lavoro che aveva
proceduto in più occasioni al controllo, e di BARAKI Danial (uno dei lavoratori impiegati dal
FUMAROLA). Ora, con riguardo alle prove dichiarative, è certamente ravvisabile il vizio
denunciato nel motivo sub 1) nei termini e con i limiti di cui appresso.
2. Con riguardo alla testimonianza resa da GRECO Adriana, la stessa – come affermato in
sentenza – ha riferito circostanze da lei apprese dalla viva voce dell’imputato FUMAROLA in una
fase in cui potevano sorgere indizi di reità a suo carico: si sarebbero quindi dovute osservare le

immotivato ed intrinsecamente illogico.

necessarie garanzie difensive imposte dall’art. 62 cod. proc. peri. in correlazione con quanto
previsto dall’art. 220 Disp. Att. cod. proc. pen.
2.1 Rileva, al riguardo, questo Collegio che, diversamente da come prospettato dalla
difesa del ricorrente, non appare nella specie sostenibile la tesi della “inutilizzabilità” della
prova prevista in via generale dall’art. 191 c.p.p., la quale si riferisce a quelle acquisite in
violazione dei divieti stabiliti dalla legge e non a quelle la cui assunzione, pur consentita, sia
avvenuta senza l’osservanza delle formalità prescritte e, in particolare, senza l’intervento del
difensore.
2.2 In evenienze di tal fatta si versa, invece, in una tipica ipotesi di nullità identificabile in
quella prevista dall’art. 178 c.p.p., lett. c), rilevabile anche di ufficio, ma a regime c.d.
“intermedio”, di guisa che, se verificatasi nel giudizio di primo grado, non può essere rilevata

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ne’ dedotta “dopo la deliberazione della sentenza” (art. 180 c.p.p.). (in termini, oltre a Cass.
Sez. Un. 20.12.2001 n. 45477, Ranieri, Rv. 220291, citata nel ricorso, vedi più di recente,
Cass. Sez. 2^ 13.12.2005 n. 2601, Cacace, Rv. 233330; in senso analogo, da ultimo, Cass.
Sez. Fer. 27.7.2010 n. 38393, Persico, Rv. 24891).
2.3 Secondo la difesa la inutilizzabilità (rectius, “nullità”) si sarebbe verificata in una fase
“preprocessuale”, nella quale, tuttavia, in presenza dell’emergere di indizi di reato, si
sarebbero dovute osservare le disposizioni del codice nel compimento degli atti “necessari per

penale” (art. 220 disp. att. c.p.p.). Trattasi di una causa di nullità rilevabile da parte di chi vi
abbia interesse entro il termine previsto dall’art. 491 c.p.p., comma 1 e, cioè, prima della
attività di costituzione delle parti: ma di ciò non vi è traccia nei verbali di udienza.
3. Con riferimento, invece, alla asserita inutilizzabilità della dichiarazione resa dal cittadino
straniero BARAKI Danial, si osserva che la mancata assistenza da parte dell’interprete non
integra alcuna ipotesi di nullità o inutilizzabilità: invero, il diritto all’interprete per soggetto
alloglotta vale soltanto per l’imputato, mentre per i soggetti stranieri diversi che abbiano reso
nel corso del procedimento (o anche nella fase preprocessuale) determinate dichiarazioni
raccolte dai verbalizzanti in assenza di interprete non valgono le disposizioni di cui all’art. 143
cod. proc. pen., ostandovi il principio della tassatività delle nullità di cui all’art. 177 cod. proc.
pen. (tra le tante Cass. Sez. 6^ 20.4.2005 n. 22420, Camera ed altro, Rv. 232089; Cass. Sez.
3^ 23.11.2006 n. 370, Ilic, Rv. 235848; Cass, Sez. 2^ 18.9.2008 n. 36988, Fati, Rv. 242049).
3.1 Osserva tuttavia il Collegio che con il motivo di appello n. 2) (vds. pagg. 4-6 dei motivi
del gravame) era stato denunciato il vizio relativamente ad entrambe le dichiarazioni, senza
che da parte della Corte di Appello sia stata data alcuna risposta, così verificandosi il vizio di
difetto di motivazione specificamente denunciato: sebbene í motivi di inutilizzabilità dedotti in
riferimento alle dichiarazioni dell’Ispettore del lavoro GRECO Adriana e del cittadino straniero
BARAKI Danial non fossero fondati, tuttavia non vi è la minima traccia nella sentenza
impugnata di una motivazione sul punto: il che rende il relativo motivo di ricorso non
manifestamente infondato.
4. Rileva, peraltro, la Corte che nel caso in esame è maturata,

medio tempore, la

prescrizione quinquennale alla data dell’8 marzo 2012, successivamente, quindi, alla emissione
della sentenza di appello.
4.1 Ora in considerazione di quanto teste rilevato, stante la non manifesta infondatezza
del ricorso e non potendosi addivenire ad un proscioglimento nel merito ex art. 129 cod. proc.
pen., non risultando la prova evidente della insussistenza del fatto o della non attribuibilità del
fatto-reato all’imputato, deve quindi concludersi per la estinzione del reato per prescrizione.
4.2 Vale, sul punto, il principio affermato dalle SS.UU. di questa Corte secondo il quale
nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di

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assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge

appello è solo l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 c.p.p, non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (Cass
SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383; Cass. Sez. 4^ 20.1.2004 n.
18641).
5. La sentenza impugnata – alla stregua delle considerazioni che precedono – va annullata
senza rinvio per essere il residuo reato di cui all’art. 18 comma 1 del D. L.vo 276/03 estinto

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il residuo reato di cui all’art. 18 comma
1 D. L.vo 276/03 è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2012
Il Presidente

per intervenuta prescrizione

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