Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19442 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19442 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Ferrante Giuseppe, n. a Napoli il 27/04/1968;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli in data 29/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Romano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dei 29/03/2013, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della
sentenza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Napoli, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Ferrante Giuseppe alla
pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed euro 16.000,00 di multa per il
delitto di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 (in relazione alla detenzione, a
fine di cessione a terzi, di sostanza stupefacente di gr. 1,485 di hashish e gr.
7,967 di marijuana accertata il 18 aprile 2012), ha rideterminato la pena in anni
due di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, riconoscendo l’attenuante di cui

Data Udienza: 19/03/2014

,

all’art. 73, comma 5, del d.P.R. cit. e formulando giudizio di prevalenza con la
contestata recidiva.
L’imputato aveva rinunciato a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quello
relativo alla applicabilità dell’attenuante predetta.

2. Ricorre per Cassazione l’imputato lamentando, per il tramite del difensore, la

mancata o comunque insufficiente motivazione sulle ragioni di fatto e di diritto
sulle quali è basata la sentenza di condanna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Come già ricordato sopra, in grado d’appello l’imputato ha rinunciato ad ogni
motivo di gravame relativo all’affermazione di responsabilità unicamente
mantenendo la doglianza relativa al denegato riconoscimento della fattispecie di
cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. cit.; con il presente ricorso ha invece
lamentato, una volta riconosciuta dalla Corte territoriale, la sussistenza della
fattispecie attenuata, la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla
mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. unicamente affermando che dagli atti
processuali non sarebbe emerso alcun elemento tale da giustificare una sentenza
di condanna.
Ciò posto, va però ribadito che è inammissibile per genericità del motivo il
ricorso per cassazione che, prospettando la violazione dell’obbligo di immediata
declaratoria di una causa di non punibilità, non indica elementi concreti in forza
dei quali il giudice d’ appello avrebbe dovuto adottare la pronuncia liberatoria
dopo che l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello sul tema della
responsabilità (cfr. Sez. 7, n. 46280 del 12/11/2009, Liemonte, Rv. 245495).
Infatti, la rinuncia ad uno o più motivi di appello circoscrive la cognizione del
gravame ai soli capi o punti della decisione ai quali si riferiscono i residui motivi,
di tal che l’imputato non può poi dolersi, con il ricorso per cassazione,
dell’eventuale omessa motivazione in ordine ai motivi rinunciati; e laddove la
rinuncia investa i motivi già formulati in tema di responsabilità dall’appellante, il
giudice, nell’accogliere la richiesta dell’imputato di riduzione della pena, anche,
come nella specie, attraverso il riconoscimento di una circostanza attenuante,
non è tenuto ad alcuna specifica motivazione in merito al mancato
proscioglimento dell’imputato per una delle cause di cui all’art. 129 c.p.p. : da un
2

mancata pronuncia di una sentenza assolutoria ex art. 129 c.p.p. nonché la

lato, a causa dell’effetto devolutivo dell’appello, la cognizione del giudice di
appello resta circoscritta esclusivamente ai motivi non rinunciati attinenti
soltanto al trattamento sanzionatorio o ad altro tema non rinunciato, e dall’altro
la rinuncia ai motivi di doglianza sulla responsabilità presuppone una pronuncia
affermativa della colpevolezza dell’appellante e, per ciò stesso, l’inesistenza di
eventuali cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

applicare anche d’ufficio, in presenza dei presupposti di legge, la generale regola
valutativa dettata dall’art. 129 c.p.p., le censure relative alla omessa
applicazione di tale disposto non possono risolversi in una apodittica denuncia di
omissione formale o di genericità del vaglio compiuto dal giudice di secondo
grado, senza indicare, invece, elementi concreti che ipotizzino possibili soluzioni
liberatorie.

2. Non può inoltre rilevare l’intervenuta successiva riduzione dei massimi edittali
(da sei a cinque anni) della pena della reclusione prevista per la fattispecie di cui
all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ad opera dell’art. 2 del d.l.
23/12/2013, n. 146 convertito in legge n. 10 del 2014, posto che, anche a volere
valorizzare favorevolmente ex officio, in presenza di ricorso inammissibile per le
già considerate ragioni, la circostanza che la pena base detentiva sia stata
individuata in quella di anni quattro e mesi sei di reclusione, ovvero in misura
assai prossima all’odierno limite edittale massimo, il ricorso sarebbe, sotto tale
aspetto, carente di interesse; infatti, una volta annullata la presente sentenza,
riacquisterebbe inevitabilmente rilievo, a fronte della mutata configurazione della
fattispecie del comma 5 dell’art. 73, ad opera del predetto d.l. n. 146 del 2013,
da circostanza attenuante a fattispecie di reato autonomo (cfr. Sez. 6, n. 2295
del 15/10/2013, Ayari, Rv. 257767), la contestata recidiva, non più
“neutralizzabile” per effetto del giudizio di bilanciamento, con conseguente, più
sfavorevole, trattamento sanzionatorio.

3.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.600 in favore della
cassa delle ammende.

P.Q.M.

3

Sicché, pur non venendo meno il potere-dovere del giudice di appello di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle
ammende.

DEPOSiTAi:;\

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014

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