Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19442 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19442 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
WANG SHENGBO N. IL 16/04/1976
avverso la sentenza n. 3473/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 24/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A-QA P ,ea
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che ha concluso per ,e \ a,v,A,w2.0U…Ue.4.(to
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 24 maggio 2011 la Corte di Appello di Bologna, confermava la
sentenza del Tribunale di Modena del 13 aprile 2007 emessa nei confronti di WANG SHENGBO
imputato, unitamente a WANG HUJIANG (poi assolto), del reato dì cui agli artt. 110 cod. pen. e
171 ter comma 1, lett. d) e comma 2 lett. a) della L. 633/41, con la quale il predetto era stato
ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. d) e comma 1 lett. a), così

8.000,00 di multa oltre al risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile SIAE, con
confisca del materiale informatico in sequestro e confisca e distruzione dei CD e degli altri
supporti audiovisivi in sequestro.
1.2 La Corte territoriale, nel fare richiamo integrale, per le parti di interesse, alla sentenza
del Tribunale del quale condivideva integralmente le motivazioni, osservava che la condotta
era stata riqualificata in quella di detenzione per la vendita di materiale (CD, VHS, DVD) privo
del prescritto contrassegno SIAE, ovvero con contrassegno palesemente alterato come da
verbale di sequestro in atti, puntualmente menzionato. Con riferimento, poi, al trattamento
punitivo, la Corte rigettava il relativo gravame, rilevando che la pena inflitta, di poco superiore
al minimo edittale, era adeguata in rapporto alla gravità del fatto e respingeva anche la
doglianza relativa alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della
pena, ritenendo non sussisterne i presupposti.
1.3 Per l’annullamento della sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore
fiduciario, deducendo due motivi specifici: a) violazione di legge per inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale (art. 171 ter comma 1 lett. d) della L,. 633/41 e delle direttive
europee della CEE rese esecutive in Italia con il D. L,.vo 427/00. Osserva in proposito il
ricorrente che, in virtù della nota decisione assunta dalla Corte di Giustizia delle Comunità
Europea 8.11.2007 nella causa Schwibbert, a norma dell’art. 234 trattato CEE, la Corte
territoriale avrebbe dovuto adeguarsi a tale pronuncia, peraltro poi “avallata dal giudice
nazionale, richiamando al riguardo la giurisprudenza di legittimità formatasi successivamente;
b) analogo vizio con riferimento all’art. 171 ter comma 1 lett. a) della L. 633/41, oltre che
contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione. Osserva al riguardo la difesa che la
Corte di Appello, recependo acriticamente la decisione del Tribunale in ordine alla
riqualificazione della condotta sotto il paradigma dell’art. 171 ter comma 1 lett. a), aveva
omesso qualsiasi argomentazione sul punto con specifico riferimento alla mancanza di prova
circa l’assoggettamento delle opere filmiche o musicali detenute al diritto di autore e, per di
più, aveva ritenuto sussistente la illecita duplicazione per effetto della carenza del
contrassegno SIAE.

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riqualificata l’originaria imputazione, e condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed C

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini e con le limitazioni che seguono. Deve anzitutto
precisarsi che la contestazione mossa all’odierno ricorrente era formulata nel seguenti termini:
reato previsto e punito dagli artt. 110 c.p.; 171 ter comma 1 lett. d) e comma 2 lett. a) della
L. 633/41, “perché in concorso tra loro [con WANG HWIANG, poi assolto], quali gestori di fatto
della videoteca ubicata in Mirandola, Via Trampolini n. 9, abusivamente e per fini di profitto,

informatici costituiti da n. 721 videocassette VHS, 838 CD audio e 907 cassette musicali
contenenti fonogrammi, o video grammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o
sequenze di immagini in movimento, per i quali è prescritta, ai sensi della presente legge,
l’apposizione di contrassegno da parte della Società Italiana degli Autori ed Editori (S.I.A.E.),
privi di contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatti o alterato”-

reato

accertato il 25 novembre 2003.
2. Fatta questa precisazione, va ricordato che con la sentenza di primo grado era stata
riqualificata la condotta contestata come violazione dell’art. 171 ter comma 2 lett. a) in quella
di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. a), rimanendo, invece, inalterata l’originaria contestazione
di cui all’alt. 171 ter comma 1lett. d). Ne deriva che le condotte per le quali è intervenuta
sentenza di condanna sono due, così come precisato dalla Corte di Appello.
3. Ciò detto, è certamente fondato il primo motivo relativo alla dedotta inosservanza della
legge penale sub art. 171 ter lett. d), posto che la Corte territoriale, in coerenza sia con la
pronuncia della Corte di Giustizia di Lussemburgo dell’8 novembre 2007 (cd. Sentenza
Schwibbert), sia con le pronunce del giudice interno adeguatesi alla detta decisione, avrebbe
dovuto pronunciare sentenza di proscioglimento e non la conferma del giudizio di colpevolezza.
Premesso, infatti, che la violazione di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. d) punisce la condotta
di chi detenga, ai fini della vendita opere contenute su supporti privi del marchio Siae, come
ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte per le condotte antecedenti al 21
aprile 2009 – data di entrata in vigore del D.P.C.M. n. 31/09 – contemplate nel detto articolo,
occorre la prova, gravante sulla pubblica accusa, che “l’obbligo d’apposizione del predetto
contrassegno, da qualificare come “regola tecnica” ai sensi della normativa comunitaria
nell’interpretazione della Corte di giustizia CE, sia stato introdotto dal legislatore nazionale
anteriormente alla data del 31 marzo 1983, quale data di entrata in vigore della direttiva
83/189/CE, ovvero che, se introdotto successivamente, sia stato, in adempimento di detta
direttiva, previamente comunicato dallo Stato italiano alla Commissione dell’Unione Europea”.

Conseguentemente la mancanza di tale prova – e di riflesso – la mancanza del contrassegno
comporta il proscioglimento dell’imputato perché il fatto non sussiste (Cass. Sez. 3^ 12.2.2008
n. 13816, Valentino, Rv. 239951; v. Cass. Sez. 3^ 19.11.2009 n. 1073, Ramonda, Rv.
245758).

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riproducevano abusivamente, nonché detenevano per la vendita e/o il noleggio, supporti

3.1 Deve, tuttavia darsi conto di una diversa soluzione – quanto alla formula di
proscioglimento da adottare – seguita da questa Sezione, secondo la quale, nella ipotesi di
violazione dell’art. 171 ter comma 1 lett. d) della L. 633/41 il proscioglimento deve essere
pronunciato con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” (in termini
Cass. Sez. 3^ 24.6.2008 n. 34553, Salzano, Rv. 240791; Cass. Sez. 2^ 30.6.2009 n. 30493,
P.G. in proc. T.S., Rv. 245322).

3.2 Ritiene questo Collegio, tuttavia, di aderire alla prima delle due soluzioni, in conformità
sul concetto di assenza dell’elemento costitutivo del reato. Di recente, come ribadito dalle
Sezioni Unite di questa Corte circa i presupposti in base ai quali applicare l’una piuttosto che
l’altra formula di proscioglimento, si è precisato che laddove difetti l’elemento costitutivo di
natura oggettiva, del reato, l’assoluzione dovrà essere pronunciata con la formula “perché il
fatto non sussiste”, mentre la mancanza della norma penale cui ricondurre il fatto imputato,
impone il proscioglimento con la diversa formula “perché il fatto non è previsto dalla legge

come reato” (Cass. Sez. Un. 25.5.2011 n. 37954, Orlando, Rv. 250975).
4. Essendo incontroverso il fatto che l’imputato detenesse per la vendita supporti
informatici eterogenei sui quali non figurava apposto il contrassegno della S.I.A.E., tenuto
conto di quanto sin qui detto, ed in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza
impugnata – relativamente al reato di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. d) della L. 633/41 deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
4.1 Consegue a tale pronuncia la revoca delle statuizioni civili, originariamente disposte
proprio in relazione alla mancanza del contrassegno SIAE.
5. A diversa soluzione deve, invece, pervenirsi con riferimento all’altra condotta come
riqualificata dal Tribunale (e confermata in parte qua dalla Corte territoriale) nella violazione
dell’art. 171 ter comma 1 lett. a).
5.1 La prescrizione normativa de qua sanziona la condotta di chi “abusivamente duplica,
riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento
dischi, nastri, o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o
viedo grammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di
immagini in movimento”. Oggetto della tutela penale è quindi, la genuinità dei prodotti, la
quale è certamente compromessa laddove vengano adoperate metodologie tali da pregiudicare
l’originalità dei prodotti suddetti.
5.2 Nella specie il giudice di primo grado – e così la Corte distrettuale – ha ritenuto
provata la condotta di abusiva duplicazione, desumendola dalla accertata contraffazione del
marchio SIAE. Ora se – come precedentemente osservato – l’assenza del contrassegno non
integra autonomamente alcuna ipotesi delittuosa, deve anche dirsi che tale assenza non vale
nemmeno a costituire indizio per confermare la tesi della illecita duplicazione.
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all’orientamento maggioritario di questa Sezione (vds Cass. Sez. 3^ 1073/09 cit.) che fa leva

5.3 Ripetutamente, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “In tema di
diritto d’autore, relativamente ai reati aventi ad oggetto supporti illecitamente duplicati o
riprodotti, la sola mancanza del contrassegno Siae, che non sia stato comunicato dallo Stato
Italiano alla Commissione Europea in adempimento della normativa comunitaria relativa alle
regole tecniche, nel senso affermato dalla Corte di giustizia CE, non può valere neppure come
mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, essendo l’inopponibilità ai privati
dell’obbligo di apposizione del predetto contrassegno sino ad avvenuta comunicazione tale da
privare il contrassegno del valore, ordinariamente attribuibile, di garanzia della originalità

24823, Abdou, Rv. 250653; Cass. Sez. 3^ 22.10.2009 n. 44892, Sambee, Rv. 245273; Cass.
Sez. 3, 28.5.2008, n. 27109, Fall, Rv. 240267.
5.4 Tuttavia laddove il dato della abusiva duplicazione venga ricavato da altri elementi come, in ipotesi la contraffazione del marchio – continua a mantenere valenza penale tale
condotta di illecita duplicazione, in quanto l’obbligo per il giudice interno di disapplicare la
norma italiana è circoscritto ai soli casi di accertata mancanza del contrassegno SIAE e non a
quelli di verificata, abusiva duplicazione, o riproduzione, dei supporti (Cass. Sez. 5^ 2.12.2010
n. 46900, Pirino, Rv. 249244). In questo senso la censura contenuta nel secondo motivo di
ricorso è infondata.
5.5 Osserva, tuttavia, la Corte che medio tempore, e comunque successivamente alla
sentenza di appello, il reato si è prescritto; invero, rispetto alla data di commissione del fatto,
risalente al 25 novembre 2003, è maturato il termine massimo di prescrizione pari ad anni
sette e mesi sei, cui va aggiunto un ulteriore periodo di mesi quattro e giorni ventinove
conseguente alla sospensione intervenuta dal 14 novembre 2006 al 13 aprile 2007 per effetto
della adesione del difensore all’astensione proclamata dall’Unione delle Camere Penali.
Conseguentemente il termine di prescrizione andava a scadere il 24 ottobre 2011.
In relazione, quindi, al residuo reato di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. a), non potendosi
addivenire al proscioglimento immediato ex art. 129 cod. proc. pen. per le condivisibili ragioni
enunciate dal giudice di appello, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il

reato estinto per intervenuta prescrizione,
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto al reato di cui all’art. 171 ter comma 1
lett. d) L. 633/41 perché il fatto non sussiste e, quanto al reato di cui all’art. 171 ter comma 1
lett. a), perché estinto per prescrizione. Revoca le statuizioni civili.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2012
Il Con igliere estensore

Il Presidente

dell’opera” (Cass. Sez. 3^ 4.1.2011 n. 2376, Gadiaga, Rv. 252123; Cass. Sez. 3^ 5.5.2011 n.

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