Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19441 del 19/09/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19441 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CATALANO ROSARIO N. IL 03/09/1938
avverso l’ordinanza n. 858/2016 TRIB. SORVEGLIANZA di
CALTANISSETTA, del 18/11/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO VANNUCCI;
letieLhextit

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/09/2017

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, dott. Stefano Tocci, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta, con ordinanza emessa il 18
novembre 2016: ha rigettato la domanda di Rosario Catalano di affidamento in
prova al servizio sociale; ha ammesso tale persona alla detenzione domiciliare (art.
47-ter, comma 1-bis, ord pen.).
A sostegno della decisione di segno negativo il Tribunale ha osservato che: nei

condanna alla pena di un anno e due mesi di reclusione emessa dal Tribunale di
Enna il 22 ottobre 2013; è da valutare sfavorevolmente la domanda di affidamento
in prova al servizio sociale, «attesa l’ampiezza delle prescrizioni ad essa
connesse»; depongono in questo senso, le ulteriori condanne annotate nel
casellario giudiziale, anche per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., l’avere
Catalano commesso delitto dopo espiazione di pena in ambito carcerario, l’essere
sottoposto a procedimento penale per violazioni in materia fiscale, le «non del tutto
tranquillanti informazioni di polizia acquisite dalle quali, comunque, non risultano
attuali collegamenti con la criminalità organizzata».
2. Per la cassazione di tale ordinanza, nella sola parte recante rigetto dell’istanza
di affidamento in prova al servizio sociale, Catalano ha proposto ricorso (atto
sottoscritto dal difensore, avvocato Giosuè Bruno Naso) deducendo in primo luogo
violazione di legge, avendo il giudice rigettato istanza di differimento dell’udienza
camerale di discussione tempestivamente avanzata dal difensore di fiducia in
ragione del suo impedimento, da ritenere legittimo, derivato dalla sua
partecipazione a concomitanti udienze presso l’autorità giudiziaria in Roma.
Con il secondo motivo il ricorrente afferma che la motivazione dell’ordinanza è
caratterizzata da violazione di legge, contraddittorietà e sostanziale assenza, in
quanto: i fatti accertati con la sentenza emessa dal Tribunale di Enna vennero
commessi nel 2007; la condanna per il delitto associativo, relativa a fatti risalenti
nel tempo, avvenne poco prima di tale anno; nessun altra condanna era
intervenuta al momento dell’adozione della decisione di rigetto dell’istanza; la
motivazione era meramente astratta, non spiegando per quale motivo la
commissione di reati nell’anno 2007, dopo un reato accertato prima di tale data
riguarderebbe la stessa persona che quei delitti commise; vi è contraddizione
interna fra l’affermazione secondo cui le informazioni di polizia sono considerate
“non tranquillanti” e quella secondo cui dagli stessi atti non risulta che esso
ricorrente abbia collegamenti attuali con la criminalità organizzata.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha
chiesto il rigetto del ricorso in ragione dell’infondatezza dei relativi motivi.

confronti di Catalano era divenuta irrevocabile (il 5 aprile 2016) sentenza di

CONSIDERATO IN DIRITTO
Dall’intestazione dell’ordinanza impugnata risulta che al momento della decisione
era sospesa l’esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso nei confronti del
ricorrente quanto alla pena di un anno e due mesi di reclusione ad esso inflitta con
sentenza, irrevocabile, emessa dal Tribunale di Enna il 22 ottobre 2013.
Il rigetto della domanda di affidamento in prova al servizio sociale avanzata dal
ricorrente è essenzialmente determinato dall’inidoneità a prevenire la commissione
di altri reati delle prescrizioni da imporre secondo il precetto contenuto nell’art. 47,

Nel caso, ricorrente nella specie, in cui manca un periodo di osservazione in
carcere della personalità e dei comportamenti del condannato, l’art. 47, comma 2 e
3, ord. pen. affida al tribunale di sorveglianza, sulla base del comportamento
serbato dal condannato la formulazione di prognosi relativa all’idoneità del
provvedimento dispositivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali di contribuire
alla rieducazione del reo, nonché, anche attraverso le prescrizioni previste dal
successivo con-ima 5, di assicurare (nei limiti di quanto umanamente
prognosticabile) la prevenzione del pericolo che il condannato commetta altri reati.
Quanto alla prognosi di cui citato comma 2, ai fini della concessione
dell’affidamento in prova al servizio sociale e degli altri benefici penitenziari, la
costante giurisprudenza di legittimità è nel senso che il giudice di merito deve
certamente prendere in considerazione la tipologia e la gravità dei reati commessi,
costituente il punto di partenza dell’accertamento dalla legge a lui demandato, ma,
soprattutto, deve avere riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto
dopo i fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione, per verificare
concretamente se sussistano, o meno, sintomi di una positiva evoluzione della
personalità del condannato e condizioni che ne rendano possibile il reinserimento
sociale attraverso la richiesta misura alternativa (in questo senso, cfr. Cass. Sez.
1, n. 31420 del 5 maggio 2015, Incarbone, Rv. 264602; Cass. Sez. 1, n. 31809 del
9 luglio 2009, Gobbo, Rv. 244322; Cass. Sez. 1, n. 1501 del 12 marzo 1998,
Fatale, Rv. 210553).
Per la formulazione di tale complesso giudizio prognostico il tribunale di
sorveglianza deve certamente tenere conto dei precedenti penali, delle pendenze
processuali e di altre eventuali indicazioni provenienti da informazioni ad esso date
dagli organi di polizia di sicurezza, ma anche, ed in pari grado, della condotta
serbata dopo la commissione dei fatti oggetto di condanna (cfr. Cass. Sez. 1, n.
18437 del 2 aprile 2013, Ottieri, Rv. 255850; Cass. Sez. 1, n. 5061 del 21
settembre 1999, Navone, Rv. 214844).
In tale ordine di concetti, la motivazione dell’ordinanza si connota in termini di
alquanta genericità quanto alla valutazione del comportamento serbato dal

2

comma 5, ord. pen.

ricorrente dopo la commissione dei reati accertati con la sentenza emessa dal
Tribunale di Enna il 22 ottobre 2013, dal momento che: dal relativo contenuto non
si evincono il periodo in cui il ricorrente commise i reati oggetto dell’accertamento
giudiziale contenuto in tale sentenza, nonché quello in cui vennero commessi i reati
di cui alle sentenze iscritte nel casellario giudiziale, con particolare riferimento a
quella di condanna per la partecipazione ad associazione per delinquere di tipo
mafioso; vi è solo l’affermazione secondo cui i delitti accertati dal Tribunale di Enna
con la citata sentenza vennero commessi da recidivo che ha scontato in carcere

commissione del delitto sembra sia solo quella descritta nella nota del
Commissariato di Piazza Armerina del 27 settembre 2016; ermetica, e dunque
insignificante in funzione di una seria valutazione del comportamento di cui si
discute, è la valutazione del contenuto di tale nota (non è dato sapere per quale
ragione le informazioni da tale atto risultanti siano ritenute “non del tutto
tranquillizzanti”); l’esplicitazione del contenuto delle informazioni veicolate con tale
nota era affatto necessario, dal momento che dalla stessa «non risultano attuali
collegamenti con la criminalità organizzata», costituente fatto di sicura rilevanza, in
favore del condannato, in funzione del giudizio, essenzialmente prognostico,
previsto dall’art. 47, comma 2, ord. pen.
La motivazione dell’ordinanza è dunque viziata perché dalla stessa non è dato
desumere, a fondamento della ritenuta inidoneità, a prevenire la commissione di
altri reati, delle prescrizioni previste dall’art. 47, comma 5, ord. pen., quali siano
stati in concreto i comportamenti del ricorrente dopo la commissione dei delitti
accertati con la menzionata sentenza emessa dal Tribunale di Enna
In effetti, la motivazione relativa alla prognosi di commissione di ulteriori reati è
sostanzialmente mancante, dal momento che un giudizio di perdurante pericolosità
che non consenta di verificare le specifiche circostanze di fatto su cui esso si fonda
manca dei requisiti indispensabili del discorso che lo giustifichi.
Da ultimo, non si può non rimarcare che se l’esame della questione, di mero rito,
dal ricorrente fatta valere con il primo motivo di ricorso dovrebbe logicamente
precedere quello del dedotto vizio di motivazione, è altrettanto vero che tale
motivo resta in concreto assorbito dall’accertata fondatezza della censura dal
ricorrente fatta valere con il secondo motivo di impugnazione.
In definitiva, l’ordinanza impugnata è da annullare con rinvio al Tribunale di
sorveglianza di Caltanissetta per nuovo esame della domanda del ricorrente di
affidamento in prova al servizio sociale.

P.Q.M.

pena detentiva inflitta con precedenti sentenze; la condotta serbata dopo la

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Caltanissetta.

Così deciso in Roma il 19 settembre 2017.

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