Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19437 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19437 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LADISA ANTONIO N. IL 31/10/1959
MUCA BESNIK N. IL 02/03/1971
SALLAKU JULIAN N. IL 21/08/1976
SPINELLI FERDINANDO N. IL 07/11/1946
avverso la sentenza n. 1351/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
31/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tru i v t‘,0
che ha concluso per ‘1Q_ 9(4:9.0nv o ces29ca
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Udito, per la parte civile l’A
fensor Avv.

Data Udienza: 07/03/2014

#

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 31.1.2013 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Bari il 22.11. 2006, rideterminava la pena per:

– LADISA ANTONIO in anni 5 dì reclusione ed euro 25.000 di multa, confermando la condanna per il reato di cui:

E- 1) agli artt. 110, 81 cod. pen. e 73

co. 1 Dpr 309.90 (escluse le aggravanti originariamente contestate) perché, in

agendo in tempi distinti con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente commerciavano imprecisata quantità di sostanze stupefacenti
(eroina e cocaina) nella città di Bari; cosa che più in particolare facevano Ladisa
Antonio e Raggi Antonio spacciando le citate sostanze, fornite loro in particolare
dal Lovreglio, a diversi tossicodipendenti (…) Accertato in Bari nei mesi di aprile
e maggio 2002.
Il Ladisa in primo grado era stato assolto dai reati di cui ai capi A) e B) per
non aver commesso il fatto e condannato per e1 alla pena di anni sei di reclusione ed euro 30.000 di multa, con pena condonata nei limiti dell’indulto ex I.
241/06.

– MUCA BESNIKi in concorso di circostanze attenuanti generiche prevalenti /
in anni 9 di reclusione, con revoca della misura della sicurezza della libertà vigilata, per i reati di cui: A) agli artt.74 co. 2 Dpr. 309/90 (così modificata dal giudice di primo grado l’originaria imputazione) per essersi associato con una serie
di altri coimputati e con numerosi altri soggetti non identificati tra cui una serie
di cittadini albanesi creando un’associazione internazionale finalizzata al traffico
di sostanze stupefacenti. A Muka Besnik in relazione al reato di cui al capo a)
viene contestato il ruolo di narcotrafficante albanese residente in Barletta, intermediario nelle illecite transazioni, e come tale in grado di assicurare l’importa-

concorso con altro coimputato e con Moretti Gaetano e Lovreglio Francesco,

zione in detta città di molteplici carichi di droga, tramite il trasporto, via mare,
It
assicurato dall’imbarcazione DELON a bordo della quale lavorava del proprio genitore Muca Muhamed con mansioni di cuoco; nonché preposto a provvedere allo
smistamento di tali ingenti partite di stupefacente nelle zone limitrofe a Barletta
e quindi anche nella città di Bari ove aveva frequenti contatti con il Moretti Gaeta no.
Q) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 , e 73 co. 1 e 6 e art. 80 co. 2
Dpr. 309/90 (esclusa dal giudice di primo grado la continuazione originariamente
contestata) perché, al fine di dare attuazione al delitto associativo indicato nel
capo a, in concorso con Huta Nako, Moretti 9aetano, Lovreglio Francesco e Saila-

2

4

é

ku Julian e con i narcotrafficanti albanesi Fatmir e Fici, questi ultimi non meglio
identificati, agendo in tempi distinti, illecitamente importavano dall’Albania un
ingente quantitativo di sostanza stupefacente (pari a 10 chili di eroina) che veniva trasportata, su disposizioni ricevute dal fornitore Huta Nako (che l’aveva acquistata dai connazionali Fatmir e Fici) in Barletta a bordo della nave Delon sulla
quale viaggiava come cuoco-comproprietario Muka Muhamed e successivamente
in parte (kg 5 di eroina) ceduta a titolo oneroso, per la successiva vendita a Moretti Gaetano e Lovreglio Francesco, dal corriere Senja Ilir , su disposizioni rice-

riamente destinati a Sallaku Julian, riscattata, mediante il pagamento del corrispettivo prezzo, al Sallaku da parte del Moretti e del Lovreglio.
T) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 , e 73 co. 1 e 6 e art. 80 co. 2

Dpr. 309/90 (esclusa dal giudice di primo grado la continuazione originariamente
contestata) perché, in concorso tra loro, con il narcotrafficante albanese rispondente all’appellativo di CIMI, non identificato, il trafficante di nome Paolo residente in Milano, anch’egli non identificato e con il corriere Scaroni Raffaello, anche quest’ultimo residente in Milano e successivamente deceduto per cause naturali, al fine di dare attuazione al delitto associativo indicato al capo A, agendo
in tempi distinti con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente commercializzavano un ingente quantitativo di sostanza stupefacente
(pari a kg. 6,125 di eroina suddivisa in 12 panetti) che Muca Besnik, dopo averla
ricevuta dal genitore Muca Mohamed che l’aveva importata in Italia a bordo della
nave Delon, consegnava in Barletta, su autorizzazione del Cimi e su indicazione
del Paolo, allo Scaroni e per la cui detenzione e trasporto quest’ultimo veniva
tratto in arresto presso la stazione ferroviaria di Foggia durante il viaggio di rientro in Milano ove avrebbe dovuto consegnarla al Paolo. Accertato in Barletta e
Foggia il 22 2002.
In primo grado il Muca Besnik era stato assolto per i reati ascritti nei capi B
e n per non aver commesso il fatto e condannato per i reati di cui sopra alla pena di anni 13 di reclusione.

SALLAKU JULIAN, in concorso di circostanze attenuanti generiche preva-

lentii in anni 8 di reclusione con revoca della misura della sicurezza della libertà
vigilata per i reati di cui: A) agli artt. 74 co. 2 Dpr. 309/90 (così modificata dal
giudice di primo grado l’originaria imputazione) per essersi associato con una serie di di altri coimputati e con numerosi altri soggetti non identificati tra cui una
serie di cittadini albanesi creando un’associazione internazionale finalizzata al
traffico di sostanze stupefacenti.

vute da MUCA BESNIK, figlio di Muhamed e la parte (altri kg 5 di eroina) origina-

A Sallaku Julian in relazione al reato di cui al capo A viene imputato di essere l’abituale fornitore albanese nei confronti dell’associazione, residente in Bari e
k
in stretto contatto con Huta Nako e Moretti Gaetano, interessatrirmolteplici importazioni di sostanza stupefacente in territorio italiano.
S) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 , 81 cod. pen. e 73 co. 1 e art.
80 co. 2 Dpr. 309/90 (così modificata dal giudice di primo grado l’originaria imputazione) perché, in concorso con Huta Nako, Muca Besnik, Muca Muhamed e
Senia ilir e con il narcotrafficante albanese FICI, quest’ultimo non meglio identifi-

in tempi distinti con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
compiva atti idonei diretti in modo non equivoca ad acquistare parte dell’ingente
quantitativo di sostanza stupefacente indicata nel capo Q) che a sua volta avrebbe dovuto provvedere a smerciare ad altri acquirenti, senza riuscire nel proprio
intento criminoso per cause indipendenti dalla propria volontà. Accertato in Barletta e Bari il 18-19/2/2002.
In primo grado tale imputato era stato assolto per non aver commesso il
fatto dal reato di cui al capo B) e condannato per i reati di cui sopra alla pena di
anni 12 di reclusione

SPINELLI FERDINANDO, in concorso dell’attenuante di cui all’art. 73 co.

5 Dpr. 309/90j in anni due di reclusione ed euro 10.000 di multa per il reato di
cui al: capo P) reato p.e.p. dagli artt. 110, 81 cod. pen. e 73 co. 1 Dpr. 309/90
(esclusa dal giudice di primo grado la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n.
2 cod. pen. originariamente contestata) perché, agendo in tempi distinti con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava, in
modo continuativo, da Moretti Gaetano e Lovreglio Francesco imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente che a sua volta piazzava sul mercato di Pescara.
Acc.ti in Pescara il g. 11 e 16/2/2002.
Spinelli era stato assolto in primo grado dei reati ascrittigli ai capi a) e b)

cato, al fine di dare attuazione al delitto associativo indicato nel capo A, agendo

per non aver commesso il fatto e condannato alla pena di anni otto di reclusione
ed euro 30.000 di multa.

2. Avverso tale provvedimento hanno proposto separati ricorsi per Cassa-

zione gli imputati sopra indicati, a mezzo dei rispettivi difensori, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:

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k

2.1 Sallaku Julian.

a. Capo A: erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto dell’applicazione della legge penale ex art. 606 co.
1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’articolo 74 d.p.r. 309/90.
Nullità della sentenza per mancanza e contraddittorietà della motivazione ex
articolo 125 comma 3 e 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen. Vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Secondo il ricorrente appare evidente che la sentenza sia viziata da un pretoriale a pag. 7 della sentenza impugnata che “Sallaku Julian… è l’anello diretto
di collegamento tra i vertici dell’associazione – Huta Nako e Aqif- e i due spacciatori baresi Moretti e Lovreglio…. in costante contatto con questi e spesso alle
prese con le problematiche di recupero dei crediti commerciali, poste in particolar modo dal Lovreglio”.
Ad avviso del ricorrente, però, senza minimamente tener conto delle risultanze processuali, la Corte territoriale slega la sua posizione rispetto a quella dei
coimputati nei confronti dei quali egli tuttavia viene definito “l’anello diretto di
collegamento”. Ciò in quanto Aqif è ed è rimasto soggetto del tutto ignoto, sia
all’epoca dei fatti sia al momento in cui è stata irrogata la sentenza poi confermare. Mentre Huta Nako è stato assolto dall’accusa di essere capo e promotore
dell’associazione.
Al solo fine di mantenere ferma la posizione dell’odierno ricorrente la Corte
territoriale dunque sembrerebbe non accorgersi -secondo la tesi prospettata in
ricorso- che non c’è più nessuno nei cui confronti lo stesso avrebbe dovuto rapportarsi.
Ma non solo. Il ricorrente sostiene che la sua estraneità ai fatti è evidente
solo che si consideri il brevissimo tempo in cui egli avrebbe operato ed in relazione ad un’unica fornitura, in cui, come la stessa Corte territoriale ha evidenziato, sono stati maggiori problemi per il pagamento che altro.

concetto nei suoi confronti. Afferma, a suo dire immotivatamente, la Corte terri-

Il Sallaku compare sulla scena del delitto unicamente dal 7 al 25 marzo
2002 sicché egli sostiene che non ci sarebbe stato neppure il tempo di aderire alla presunta compagine delinquenziale
Il ricorrente si duole anche che l’azione per il quale è stato incriminato, cioè
quella di avere svolto un’azione di recupero del credito per conto dell’associazione, non è indice assoluto di una partecipazione all’associazione stessa; ed anzi
non sarebbe assolutamente incompatibile -ed invero sarebbe oltremodo logicamente più credibile- con una forma di intervento mirato unicamente a sollecitare
il pagamento della fornitura (in quanto radicata sul territorio italiano) attraverso
il quale il Sallaku avrebbe ottenuto il consenso per l’opera svolta.
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Il ricorrente contesta al giudice del merito di non avere avuto alcun ruolo né
nella trattativa per la fornitura né nella fornitura medesima, ma di essere comparso solo successivamente, quando sono emersi problemi per il pagamento, e
solo e soltanto in quest’occasione. Non vi sarebbe pertanto nulla ex actis da cui
far discendere il ruolo che gli viene inopinatamente attribuito.
In tal senso non spiega la Corte territoriale, ad avviso del ricorrente, in quale modo possa ritenersi configurabile la sua adesione al generico e predeterminato programma: non vi è alcuna partecipazione alla vita societaria, sia decisionale
soprattutto, la sua presenza sarebbe limitata ad un brevissimo periodo di tempo.
Viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte (sez. 6, 22.10.2003 rv.
227826) che afferma che non può escludersi che l’associazione utilizzi di volta in
volta degli esecutori arruolati non necessariamente consapevole dell’esistenza di
una stabile realtà organizzativa e di operare in qualità di aderenti ad essa,
b. Capo S: erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto dell’applicazione della legge penale ex articolo 606
comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’articolo 74 d.p.r. 309/90.
Nullità della sentenza per mancanza e contraddittorietà della motivazione ex
articolo 125 comma 3 e 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen. Vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato
Secondo il ricorrente l’illogicità della sentenza, e pertanto il vizio totale di
motivazione, si evincerebbe in relazione all’assoluta incompatibilità dei ruoli che
vengono attribuiti al Sallaku nel capo A e nel capo S.
Questi, invero, pur essendo secondo la prospettazione accusatoria il fornitore abituale della propria associazione, avrebbe cercato di acquistare (da se stesso!) una parte del quantitativo che egli stesso avrebbe precedentemente fornito.
Saremmo all’assurdo non solo giuridico. Delle due l’una: o il ricorrente fornisce
stupefacente per conto dell’associazione o tenta di acquistarlo.
Chiede pertanto la cassazione dell’ impugnata sentenza con ogni conseguenza di legge.
2.2. Ladisa Antonio
a. Nullità della sentenza per violazione dell’articolo 606 lettere B ed è in re-

lazione agli articoli 444 125 cod. proc. pen.
Il ricorrente evidenzia che anche la sentenza resa a conclusione del procedimento di cui agli artt. 444 seguenti cod. proc. pen. debba sottostare all’obbligo
generale della motivazione non essendo sufficiente che il giudice si limiti a dare
atto della conformità dell’accordo intervenuto tra le parti dovendo invece con
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che operativa, non c’è condivisione degli utili societari, non vi è alcun ruolo e,

motivazione congrua, che non si esaurisce una clausola di stile, valutare la correttezza della qualificazione giuridica, il corretto bilanciamento delle circostanze,
congruità della pena indicate fini di educativi.
Tali operazioni, dall’esame della sentenza impugnata, non risulterebbe essere state compiute laddove si rilevi i ad esempio/ che non vi è un giudizio motivato
circa la congruità della pena ne potrebbe ritenersi correttamente motivata la riunione dIreati contestati sotto il vincolo della continuazione essendosi il giudice
limitato ‘una mera valutazione di vicinanza temporale tra i fatti contestati senza

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con tutte le conseguenze di legge

2.3. Muca Besnik:
a. Violazione di legge ed erronea applicazione doi legge (art. 80 co. 2 Dpr.
309/90) in relazione ai capi Q) e T) della rubrica.
b. Difetto di motivazione con riferimento alla ritenuta aggravante ex art. 80
co. 2 Dpr. 309/90 in relazione ai capi Q) e T) della rubrica.
Il ricorrente si duole che la Corte territoriale non avrebbe speso una sola parola in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante speciale di cui all’articolo
80 comma secondo d.p.r. 309/ 90 in relazione ai capi q e t della rubrica.
Tale apprezzamento e giudizio, in mancanza di prefissati indici legislativi,
presuppone, secondo il ricorrente, da parte del giudice di merito un accertamento in concreto che quel quantitativo rappresenti un rilevante pericolo per la salute pubblica in quanto destinato ad un notevole ed eccezionalmente alto numero
di tossicodipendenti. Tuttavia, un tale giudizio presuppone la conoscenza del
grado di purezza della sostanza e il numero di dosi ricavabili dalla stessa, accertamento che nel caso in esame manca.
Viene citata la giurisprudenza di questa Suprema Corte che ha affermato
che ai fini dell’aggravante di cui all’articolo 80 co. 2 Dpr 309/90 non può aver«
in concreto alcun rilievo il quantitativo lordo (sez. 6, n. 1870 del 19/1/2009).
Chiede pertanto l’annullamento senza di rinvio dell’impugnata sentenza dichiarando erronea applicazione dell’articolo 80 comma due d.p.r. 309 90 o, in
subordine, l’annullamento con rinvio ad altra corte di merito.

2.4

Spinelli Ferdinando

a. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai
sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. .

7

ulteriori necessari approfondimenti.

Il ricorrente si duole che la sentenza impugnata ha ripercorso tutto l’iter storico della vicenda in esame con valutazioni, però, contraddittorie e non esaustive
circa la propria opposizione.
ko.
Il giudice di seconde cure – rileva:rnotivato la propria affermazione di responsabilità penale sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche.
Tutto il ricorso é perciò incentrato a sconfessare l’affermazione operata dai
giudici di merito secondo cui in tali intercettazioni si adopererebbe un linguaggio
criptico per parlare invece di droga.

teressati alle condotte giudicate non emergerebbe, oltre ogni ragionevole dubbio /
alcun elemento che possa concretamente accertare che gli stessi parlassero di
droga, delle relative quantità, del prezzo, delle modalità e delle condizioni di consegna. Si tratterebbe, invece, di conversazioni caratterizzate da un pedissequo e
costante riferimento all’ambiente legato all’allevamento di cavalli. Infatti si farebbe riferimento a cavalli, a tutto ciò che attiene loro, nonché al mondo delle
corse. Tutto ciò non può -ad avviso del ricorrente- essere assunto quale elemen-

WL

to indiziario it paventato riferimento a sostanze stupefacenti, soprattutto laddove
si consideri la vicinanza al mondo dei cavalli da parte dello Spinelli.

Chiede perciò che questa Corte voglia cassare o riformare la sentenza impugnata con ogni consequenziale pronuncia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i sopra illustrati motivi sono infondati e pertanto tutti i proposti
ricorsi vanno rigettati.

2. Vanno premesse per tutti i ricorrenti alcune considerazioni.
Ancorché rubricate come “violazioni di legge” o vizi motivazionali, infatti,
molte delle doglianze proposte hanno natura assolutamente fattuale.

Secondo il ricorrente dall’esame dei dialoghi telefonici intrattenuti tra gli in-

In proposito va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi
della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia
la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra
le varie, cfr. vedasi questa sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528
del 6.6.2006).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione
per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità
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al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (Sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del
24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non at-

ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del
13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.
E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46. Il giudice di legittimità non può
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito.
Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa / limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto senza indicare specificamente quale sia il punto
della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta.
Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile
dal testo del provvedimento impugnato. Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione
secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente
indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di
questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto.
Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” costituisce invero il riconoscimento normativo del9

tiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,

la possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove),
prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno
della decisione.
In altri termini, vi sarà stato “travisamento della prova” qualora il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad

to di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse
dell’imputato). Oppure dovrà essere valutato se c’erano altri elementi di prova
inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. Ma -occorrerà ancora ribadirlo- non spetta comunque a questa Corte Suprema “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso la verifica del travisamento della prova.
Per esserci stato “travisamento della prova” occorre che sia stata inserita
nel processo un’informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure
si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia.
In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della motivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l’atto che
contiene la prova travisata o omessa.
Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere
carattere di decisività. Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legittimità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito.

3. Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa
Corte, le censure, ad esempio, che Sallaku Julian rivolge al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Bari alcuna illogicità che ne vulneri la
tenuta complessiva.
Il ricorrente non contesta il travisamento di una specifica prova, ma sollecita a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali non consentito in
questa sede di legittimità .
I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto (confronta pagine 6 e 7 del provvedimento impugnato) daftee=estifiL dei suoi rapporti con Moretti e dei costanti contatti con Lovreglio, nonché delle telefonate intercettate cui egli commentava con il fornitore

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esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste) o su un risulta-

Aqif l’arresto del corriere Brahimi Sami, avvenuto il 26/3/2002 nel porto di Bari,
il quale era stato sorpreso con oltre sette chili e mezzo di eroina o portata nel
serbatoio della propria autovettura.
Le conversazioni del Sallaku sono un chiaro ed evidente esempio del linguaggio criptico utilizzato.
Con riferimento all’arresto del corriere si fa riferimento ai “sette figli annegati”, con chiaro richiamo alla perdita dei sette chili di eroina. O, ancora, in altre telefonate il Sallaku e il Lovreglio si riferiscono ad un cavallo sano da acquiparlava di cavalli si parlava di droga.
Il provvedimento impugnato analizza una per una le telefonate intercettate in cui è coinvolto il ricorrente e motiva in maniera coerente e logica sul fatto
che l’affectio societatis , che secondo la difesa sarebbe carente, è invece perfettamente rinvenibile, oltre che nei contatti dallo stesso intrattenuti, nelle conversazioni di commento alle traversie in cui incappano gli altri membri del sodalizio,
di cui si è detto.
Viene anche ricordato come il Sallaku si ponga come intermediario
dell’Huta nel mercato barese della droga, avvisando il trafficante albanese
dell’intenzione degli italiani di restituire una fornitura ritenuta di cattiva qualità, o
nell’organizzare un trasporto che richiede due giorni o più di preparazione.
Il ricorrente si raccomanda con l’Huta di far pervenire direttamente a lui
la sostanza stupefacente, senza la mediazione del Moretti. I due albanesi commentano anche, in termini critici, il sequestro del carico di droga operato sulla
nave mercantile Delon nel porto di Durazzo il giorno 4/3/2002.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia e ad un quadro probatorio assolutamente ampio il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri
di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di
procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità

stare, il che ad ulteriore conferma -come si dirà anche in seguito- che quando si

nell’ennesimo giudice del fatto.
Quanto alla doglianza circa la contraddittorietà tra il ruolo che si contesta
al Sallaku nel reato associativo di cui al capo A e in quello contestatogli al capo S
si tratta ancora una volta di una contestazione meramente fattuale e che comunque viene proposta per la prima volta, inammissibilmente, dinanzi a questa
Corte di legittimità
4. Infondati sono anche i motivi di doglianza proposti per il Ladisa.

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4

Non si comprende , peraltro, il richiamo alla sentenza di applicazione della
pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. laddove la pronuncia non è avvenuta con
il rito speciale previsto da tali norme.
Si lamenta in maniera assolutamente generica che la Corte territoriale
non abbia motivato ovvero abbia motivato in maniera illogica, senza alcuna specifica indicazione ai punti in cui ciò sarebbe avvenuto, laddove (cfr. pagg. 11 e
12 della motivazione) la Corte d’appello di Bari, pur a fronte anche in quel caso
di un generico atto di appello in cui il difensore si doleva genericamente dell’indalle intercettazioni telefoniche e l’identificazione del Ladisa sia avvenuta sulla
base delle conversazioni che l’imputato intratteneva con la madre convivente
sull’utenza fissa dell’abitazione della donna.
5. Vanno confutate anche le doglianze proposte da Muca Besnik.
Anche per tale imputato la Corte territoriale ha fornito una motivazione
logica e coerente (confronta pagine 4 e 5 del provvedimento impugnato).
Il ricorrente ripropone, in particolare, la doglianza circa la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 80 del Dpr 309/90, lamentando che la
Corte territoriale sul punto non avrebbe assolutamente motivato. Ovvero lamentando una violazione di legge in quanto i riferimenti sarebbero sempre a quantitativi lordi di sostanza.
In realtà? come si evince a pag. 5 del provvedimento impugnato/ la Corte
territoriale sul punto ha fornito una risposta logica e coerente. La motivazione
sull’aggravante c’è e, condivisibilmente a fronte di un sequestro di 40 kg di eroina, poco conta che ci troviamo di fronte ad un peso lordo.
La richiamata giurisprudenza di questa Suprema Corte, infatti, appare con
tutta evidenza applicabile laddove si è di fronte a quantitativi di gran lunga inferiori, per i quali sì è necessario appurare la percentuale di principio attivo.
Anche in tal caso, dunque, lungi dal denunciare una violazione di legge o
un vizio motivazionale, il ricorrente vorrebbe che questa Corte di legittimità rivalutasse nel merito la questione. Il che in questa sede, come più volte detto, non
é consentito.
6. In ultimo, per quanto riguarda il ricorso proposto dallo Spinelli, lo stesso -parimenti infondato- è tutto incentrato sulla mancata prova che le intercettazioni telefoniche abbiano evidenziato da parte degli intercettati un linguaggio
criptico, sostenendosi la tesi che, invece, davvero si parlasse di equini.

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sufficienza della prova, ha ricordato come la prova dell’accusa sia stata tratta

Il giudice di primo grado e la Corte territoriale hanno, in realtà, dato ampiamente conto con una motivazione articolata coerente logica di come in realtà
si parlasse di droga.
Gioverà ricordare che vi è un’intercettazione in cui il Lovreglio preannuncia allo Spinelli il suo arrivo per sabato o domenica allo scopo di portare “un
mezzo cavallo, quello piccolino con il manto buono”. Il 15 febbraio lo Spinelli sollecita l’arrivo del Lovreglio essendo rimasto senza fieno.
Pare evidente, che si parli di droga. Non è neanche stata sostenuta, peral-

ficare l’acquisto di “mezzo cavallo”.
Peraltro, a numerose intercettazioni ha fatto seguito un’attività di appostamento e ci sono stati dei sequestri di sostanze stupefacenti dai quali gli inquirenti hanno avuto la conferma che, laddove si parlava di cavalli, ci si riferiva, invece, alla droga. Mentre di cavalli non cat sono mai stati rinvenuti.

7. Al rigetto dei ricorsi consegue ex lege, per cisacun ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2014
Il

nsigliere e ensore

Il Presidente

tro, la tesi che lo Spinelli i cavalli li macellasse, unica attività che potrebbe giusti-

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