Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19423 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19423 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERAGINE FRANCESCO N. IL 30/08/1970
avverso l’ordinanza n. 963/2012 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
11/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. PuS A.0 graL42. (

cumvet ,

(1.)

Udit i difensor A

9

cai.« AJ-549

Data Udienza: 16/04/2013

Fatto e diritto
Peragine Francesco propone ricorso per cessazione avverso l’ordinanza in data
11/12/2012, con la quale il Tribunale del riesame di Lecce, in parziale riforma del
provvedimento emesso dal GIP del Tribunale di Brindisi, sostituiva la misura eleffe
rrriscre-della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Nei confronti del ricorrente erano ravvisati gravi indizi di colpevolezza in ordine alla
commissione, unitamente ad altri imputati, del delitto di detenzione e spaccio
il 23/6/2011. Fonti del quadro indiziario erano le attività di intercettazione
effettuate, corredate di riscontri.
Rilevava il Tribunale che la valutazione complessiva degli elementi indiziari
consentiva di affermare che gli indagati avevano intrapreso in comune una duratura
attività di procacciamento e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, alla
quale anche il ricorrente aveva partecipato, pur senza compiere alcuna condotta di
cessione di stupefacente, manifestando disponibilità a riscuotere in più occasioni il
denaro riveniente dallo spaccio, nella piena consapevolezza dell’illecita provenienza.
Riteneva il Tribunale sufficiente a salvaguardare il pericolo di reiterazione del reato
la misura degli arresti domiciliari, in assenza di precedenti penali o giudiziari
significativi.
Con l’impugnazione il ricorrente deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Evidenzia il contrasto tra la motivazione posta dal Gip a fondamento dell’adozione
della misura (fondata sul collegamento dell’imputato con il Borromeo, avente un
ruolo centrale nell’attività illecita) e quella del Tribunale, secondo cui il ricorrente
non aveva mai intrattenuto rapporti con il Borromeo. Rileva, quanto alla sussistenza
dei gravi indizi, l’erronea interpretazione delle espressioni usate dai coimputati,
ritenute significative della responsabilità del ricorrente. Osserva, altresì, che non
erano state valutate le dichiarazioni rese dall’indagato in sede di interrogatorio di
garanzia. Contesta, inoltre, le interpretazioni di numerose conversazioni telefoniche
intercettate.
Rileva la Corte che le contestazioni mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si risolvono in censure concernenti apprezzamenti di merito tendenti a
una diversa valutazione delle risultanze processuali, non consentita in sede di
legittimità.
Va sottolineato in proposito che, come affermato dalla Suprema Corte anche a
Sezioni Unite, esule dai poteri della Corte di Cessazione la rilettura dei dati di fatto
posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al
Giudice del merito, nonché l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti.
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continuato di stupefacenti di vario tipo nel periodo intercorrente tra il 29/12/2010 e

E’ da rilevare, poi, che, a fronte della censura in tal modo strutturata, il giudice del
riesame ha compiuto un’adeguata acquisizione ed interpretazione degli elementi
probatori disponibili (avuto riguardo alla valenza solo indiziaria degli stessi,
rilevante in questa sede) sulla base di canoni logici e coerenti.
Per le ragioni indicate il ricorso va dichiarato Inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, non emergendo ragioni di esonero, anche al versamento della

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 16/4/2013.

sanzione pecuniaria ex art. 616 cod.proc.pen.

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