Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19422 del 26/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19422 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

FUSCO GIOVANNI nato il 18/12/1965 a FRANCOLISE
nel procedimento a carico di quest’ultimo

avverso l’ordinanza del 20/07/2017 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE;
lette/sentite le conclusioni del PG FELICETTA MARINELLI
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 26/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza impugnata il Tribunale della Liberta’ di Salerno ha dichiarato inammissibile
l’appello proposto da parte dell’odierno ricorrente avverso il provvedimento di diniego della
richiesta di revoca del sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Salerno in data 5.6.2017
in relazione alla originaria convalida di sequestro emesso dal G.i.p. di 1252 colli di rotoli di
alluminio per i reati di cui agli artt. 483 cod. pen. e 292-295 D.p.r. 43/1973.
Il provvedimento di inammissibilità qui impugnato si fondava sull’affermazione del principio

titolare dei beni sottoposti a sequestro preventivo non è legittimato a proporre impugnazione
per conto della persona giuridica se il proprio assistito non gli abbia conferito apposita procura
speciale.
Rileva il giudice impugnato che il Fusco Giovanni aveva proposto appello quale imputato nel
procedimento e non già quale legale rappresentante della società LA FIRST s.r.l. nei cui
confronti era stato disposto il sequestro e, comunque, senza il conferimento dei apposita
procura speciale da parte della predetta società.
Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa ad una unica ragione di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente violazione di legge processuale in relazione agli artt. 122, 322 bis e
568 cod. proc. pen..
Si osserva che la procura speciale comunque conferita al difensore da parte dell’indagato non
poteva non essere intesa come rilasciata anche in relazione alla veste di legale rappresentante
della società i cui beni erano stati sequestrati e dunque la declaratoria di inammissibilità
dell’appello era giuridicamente errata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
La motivazione resa dal Tribunale impugnato è giuridicamente corretta e condivisibile.
Sul punto la giurisprudenza di
questa Corte ha affermato che —
Il difensore dell’indagato che sia anche legale rappresentante della società titolare dei beni
sottoposti a sequestro preventivo, non è legittimato a proporre richiesta di riesame avverso il
provvedimento applicativo della misura cautelare per conto della persona giuridica, qualora il
proprio assistito non gli abbia all’uopo preventivamente conferito apposita procura speciale (
Sez. 5, Sentenza n. 9435 del 10/11/2011 Cc. (dep. 12/03/2012 ) Rv. 251997 ).
Ne consegue, alla luce della giurisprudenza qui richiamata ed oggi riaffermata, che le doglianze
così sollevate dalla parte ricorrente sono da considerarsi manifestamente infondate.

2

secondo cui il difensore dell’indagato che sia anche il legale rappresentante della società

e

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 26.2.2018

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