Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19419 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19419 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: ESPOSITO LUCIA

Data Udienza: 05/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GERACE MAURIZIO N. IL 06/06/1981
avverso la sentenza n. 1995/2012 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
15/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lstte/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Fatto e diritto
Con ordinanza del 15/10/2012 il Tribunale di Torino ha rigettato l’istanza di riesame
avanzata da Gerace Maurizio avverso il provvedimento del Gip dello stesso
Tribunale applicativo della misura della custodia cautelare in carcere.
Nei confronti del Gerace erano stati ravvisati gravi indizi di colpevolezza con
riferimento a una plurima condotta di intermediazione, compiuta unitamente ad
altro imputato, nell’acquisto di sostanza stupefacente intervenuto tra Perrone,

numerose conversazioni telefoniche intercettate.
Con unico motivo il Gerace, mediante ricorso per Cassazione, deduce manifesta
illogicità e mancanza di motivazione del provvedimento in punto di gravità indiziaria
e di esigenze cautelari.
Con riguardo al primo profilo evidenzia la genericità e la mancanza di univocità
delle conversazioni intercettate. Con riguardo al secondo aspetto rileva che le
esigenze cautelari non possono essere tratte da un pregresso reato risalente nel
tempo, ancorché in materia di stupefacenti.
Rileva la Corte che il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile.
Le censure attinenti alle intercettazioni telefoniche riguardano, infatti, una lettura
degli elementi di fatto alternativa a quella, non illogica, fornita dal Tribunale. Per
vero, con congrua motivazione il provvedimento impugnato dà conto della evidente
convergenza delle conversazioni nel senso che il commercio aveva oggetto
stupefacenti piuttosto che materiali edili; la ricostruzione, inoltre, trova conferma
nel sequestro dello stupefacente in capo al Pavone.
I rilievi relativi alle esigenze cautelari sono del pari infondati, a fronte della
molteplicità delle ragioni enunciate a fondamento del ravvisabile pericolo di
recidivanza, tra le quali il riferimento ai contatti con la malavita non assume
neppure rilevanza di primo piano, in presenza di una condanna per estorsione e
della misura degli arresti domiciliari pure adottata per fatti estorsivi.
Va dichiarata, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di ragioni di
esonero, al versamento della sanzione pecuniaria ex art. 616 C.P.P.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94 c.1 ter disp. att. c.p.f.
Così deciso in Roma, il 5/4/2013.

acquirente, e fornitori rimasti ignoti. Tale condotta era desunta dal tenore di

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