Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19415 del 20/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19415 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: PALLA STEFANO

Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Dott. PIERO SAVANI
Dott. STEFANO PALLA
Dott. GERARDO SABEONE
Dott. ALFREDO GUARDIANO

– Presidente –

REGISTRO GENERALE
– Consigliere – N. 36755/2014
– Rel. Consigliere – Consigliere – Consigliere –

ha pronunciato la seguente
ORDENANZA

sul ricorso proposto da:
PALLAORO CLAUDIO N. IL 26/09/1948
avverso la sentenza n. 3137/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
24/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 20/03/2015

Pallaoro Claudio ricorre avverso la sentenza 24.2.14 della Corte di appello di Torino con la quale,
in parziale riforma di quella in data 13.12.11 del Tribunale di Vercelli, riqualificato il reato di falso
in quello di cui all’art.485 c.p., è stata ridotta la pena — condizionalmente sospesa – a mesi cinque di
reclusione.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’ art.606,

svolgimento di attività professionale, essendo peraltro il Pallaoro incorso in un errore professionale
che avrebbe al più potuto comportare un’azione risarcitoria, ma non il reato di cui all’art.485 c.p.
Inoltre il trattamento sanzionatorio era eccessivo e poteva essere ridotto con la concessione dei
doppi benefici di legge; mancava la prova che fosse stato consegnato denaro all’imputato; era
mancata la registrazione della discussione orale della difesa, idonea a scagionare l’imputato da
qualsiasi forma di contestazione; erano state negate le attenuanti generiche nonostante il fatto fosse
di modesta entità e la pena non era stata concessa l’attenuante di cui all’art.62 n.4 c.p., mancando
infine il numero della sentenza impugnata, necessario per la sua identificazione.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia perchè generico, atteso che
le censure sono formulata in modo stereotipato, senza alcun collegamento concreto con la
motivazione della sentenza impugnata, sia perché manifestamente infondato.
Al ricorrente, infatti (già condannato per truffa), con la sentenza impugnata (che reca il n. 933 nella
intestazione) è stata ridotta la pena irrogata in primo grado, con la concessione delle attenuanti
generiche e del beneficio di cui all’art.163 c.p., mentre con riferimento al reato di appropriazione
indebita già in primo grado era intervenuta sentenza di proscioglimento per remissione di querela.
Quanto al reato di falso, i giudici di appello hanno correttamente evidenziato come la pacifica
responsabilità derivi dall’essere rimasto accertato che all’odierno ricorrente era stato affidato
l’incarico, dall’erede Protto Elio, di predispone la denuncia di successione del padre Protto Dario,
cui era seguita la contraffazione della data di presentazione e del numero di registro, elementi tratti

comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. non risultando conferita delega all’imputato dalla p.o. per lo

da altra e diversa denuncia di sucessione, senza che la denuncia così falsamente formata fosse poi
consegnata alla Agenzia delle Entrate.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma di favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma, 20 marzo 2015

P.Q.M.

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