Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19414 del 09/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19414 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMMAROSANO PASQUALE N. IL 01/11/1960
avverso l’ordinanza n. 334/2016 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
30/06/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

f(A

Data Udienza: 09/03/2017

Sentiti:

il Pubblico Ministero, in persona del dott. Luca Tampieri, Sostituto

Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per il
rigetto del ricorso;
– il difensore Avvocato Anacleto Dolce che si è riportato ai motivi di ricorso e
ne ha chiesto l’accoglimento.

1. Il Tribunale di Salerno, adito de liberate, rigettava la richiesta avanzata da
Cammarosano Pasquale, avverso il provvedimento di ripristino della custodia
cautelare in carcere ex art 307 comma 2 lett. b) cod. proc. pen., titolo emesso nei
suoi confronti dalla Corte d’assise di Salerno, all’esito della pronuncia della condanna
in primo grado alla pena dell’ergastolo, per l’omicidio di Novelli Carmine.
Richiamava il Tribunale la decisione del primo giudice condividendone i
passaggi motivazionali.
Escludeva la fondatezza degli argomenti a discarico e spiegava che l’istante
era stato indagato nell’anno 2009 per un omicidio che risaliva al 2001 e che era stato
collegato alla sua persona solo dopo la scoperta dell’intervenuta appropriazione da
parte di costui di somme di denaro. Egli, infatti, direttore ed unico operatore
dell’ufficio postale di Massa di Vallo della Lucania, si era, tra l’altro, impossessato di
diverse centinaia di milioni di lire, somme in parte appartenenti anche al Novelli, che
era, poi, stato vittima dell’omicidio. Scopertone il cadavere, un riscontro postumo
sulle impronte repertate sulla busta che lo avvolgeva, all’esito delle investigazioni
eseguite, aveva permesso, di individuare il profilo dell’odierno istante.
Il Tribunale riteneva esistente, dunque, il pericolo di fuga alla luce
dell’ergastolo inflitto in primo grado e stimava irrilevante il comportamento tenuto
prima della riapertura delle indagini.
2. Ricorre per cassazione Cammarosano Pasquale a mezzo del suo difensore di
fiducia e deduce quanto segue.
2.1. Con il primo motivo lamenta il vizio di motivazione.
Il Tribunale, sostiene il ricorrente, si era limitato ad affermare di condividere le
considerazioni svolte dal primo giudice e non si era confrontato con gli argomenti
sviluppati dalla difesa sull’insussistenza del pericolo di fuga.
Illogica era l’affermazione secondo cui, all’esito della decisione di primo grado,
ricorreva il pericolo di fuga, avendo il Cammarosano presenziato all’udienza ed
essendo stato tratto in arresto proprio in quella congiuntura.

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RITENUTO IN FATTO

2.2. Con il secondo motivo si affronta la questione del rischio cautelare alla luce della
legge 16 aprile 2015 n. 47 in relazione a vicende risalenti nel tempo.
Nella specie era stata applicata la misura di massimo rigore senza spiegare e
motivare sulle ragioni per le quali altri modelli di controllo – anche con strumenti
elettronici – non avrebbero garantito di conseguire il medesimo risultato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Contrariamente a quanto dedotto il provvedimento impugnato dà conto della
sussistenza del pericolo di fuga e delle ragioni che hanno indotto a confermare il
titolo cautelare emesso all’esito della pronuncia della sentenza di condanna alla pena
dell’ergastolo nei confronti dell’istante.
Il Tribunale ha, infatti, spiegato di non essere stato indotto alla conferma della
misura cautelare emessa valorizzando la sola gravità della pena che era stata inflitta
al Cammarosano e si è confrontato con gli argomenti a discarico, ritenendoli
infondati. Ha chiarito che il comportamento pregresso del ricorrente fosse
sostanzialmente ininfluente ai fini della verifica da compiere essendosi rivelata con
chiarezza la sua posizione solo nell’anno 2009, allorquando il medesimo istante era
stato tratto in arresto per l’appropriazione delle somme di denaro, dai conti correnti
cui aveva possibilità di accedere in forza della sua qualità. Solo a far data da
quell’evento era stato possibile operare il collegamento con l’omicidio in questione.
Dopo aver, invero, accertato che tra i titolari dei conti – da cui l’imputato prelevava
indebitamente la provvista – vi fosse anche il Novelli, si era profilata in concreto la
possibilità di operare un primo sviluppo investigativo che legava il Cammarosano alla
vittima, enucleandone una valida causale del delitto, che sino a quel momento era
rimasto privo di una spiegazione.
In questa logica, dunque, il Tribunale ha ritenuto di non valorizzare, né di
considerare i comportamenti pregressi dell’istante in funzione dello scrutinio sul
pericolo di fuga, di cui si discute. Ciò in quanto faceva difetto quel collegamento
logico-strutturale che avrebbe permesso – applicando regole di esperienza e massime
ispirate a canoni di razionalità – un’iniziativa siffatta o che, comunque, avrebbe
costituito una valida spinta in quella direzione.
In altri termini si è correttamente ritenuto che in difetto di sospetti o di dati fattuali
che legassero il ricorrente al delitto, egli non avesse alcun motivo né per allontanarsi
né per assumere iniziative che potessero essere altrimenti indicative di una spinta
in quella direzione e che eventualmente avrebbero sortito l’unico effetto di rivelare
ciò che sino a quel momento era rimasto silente.

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1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Di converso, osserva il Tribunale, seguendo un ragionamento immune da vizi logici,
la condanna per l’omicidio apriva uno scenario ben diverso e rendeva, pertanto,
decisamente concreta la possibilità che il Cammarosano potesse darsi alla fuga per
sottrarsi ad essa.
Si tratta di valutazioni che, per un verso, danno conto del pericolo indicato – e che
fonda l’esigenza cautelare specifica che ha determinato il ripristino della custodia
intrannuraria – e, per altro, che supportano in fatto ampiamente il giudizio di

Il Tribunale ha, infatti, chiaramente spiegato che al cospetto di una condanna come
quella inflitta in primo grado e del quadro probatorio delineatosi nella sua sequenza
storica, risultava decisamente elevata e concreta la possibilità che il Cammarosano
potesse sottrarsi alla sua esecuzione, dandosi, appunto alla fuga.
In questa logica si annota nel provvedimento impugnato ancora che il Cammarosano
aveva commesso il delitto per evitare di essere denunciato per l’appropriazione del
denaro. Aveva, cioè, dimostrato con la spinta al delitto una insofferenza a rispondere
delle conseguenze penali del suo agire e, pur di sottrarsi alle sue responsabilità, era
giunto a commettere un crimine come l’omicidio del Novelli di indiscutibile
efferatezza. Ciò aveva fatto per garantirsi l’impunità per un fatto ulteriore
(un’appropriazione indebita) tutto sommato neppure di particolare gravità al cospetto
dell’omicidio cui si era determinato.
Questi dati hanno indotto, dunque, il giudice a quo a stimare elevato il pericolo che
il medesimo ricorrente di fronte alla prospettiva dell’ergastolo potesse assumere la
determinazione di sottrarsi ad esso evitando, ancora una volta, di assumere le
responsabilità per le azioni commesse.
D’altro canto il tipo di impostazione

logico-fattuale della vicenda, così come

ricostruita, evidenziava una inconciliabilità oggettiva tra il tipo di esigenze
evidenziate e la possibilità di imporre una misura di controllo diversa da quella
custodiale carceraria, non potendosi fare ovviamente affidamento, per quanto
spiegato dal Tribunale stesso, sul rispetto di eventuali prescrizioni e sulla
collaborazione del Cammarosano in fase di sottoposizione.
Si comprende, dunque, come la motivazione sia immune dalle censure rivolte e
resista ampiamente alla critica operata dal ricorrente che, attraverso la censura
mossa, rivolge alla Corte di legittimità una nuova valutazione dei presupposti di
merito, già esaminati e che hanno indotto il primo giudice a ripristinare il controllo
cautelare.
2. Il ricorso va i respinto; segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e la trasmissione a cura della cancelleria di copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter, disp. att. c.p.p.

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concretezza che deve caratterizzare l’adozione della misura stessa.

Trasmessa cop:a ex art. 23
n. 1 ter L. 8 8 95 n. 332

&ma, il
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

spese

processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter, disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma il 9 marzo 2017.

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