Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19413 del 09/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19413 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FACCILONGO SAVERIO N. IL 06/10/1986
avverso l’ordinanza n. 963/2016 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
25/07/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/03/2017

t

Sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Luca
Tampieri, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Bari, adito ex art 309 cod. proc. pen., con

Faccilongo Saverio, finalizzata ad ottenere la revoca della misura custodiale in
carcere o la sua sostituzione con altra meno afflittiva, misura applicata dal Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Bari per il reato di cui all’art. 75
comma 2 d. Igs. 159/2011
Dava conto il giudice a quo degli elementi che fondavano a carico il quadro
dei gravi indizi di colpevolezza e degli accertamenti eseguiti il 3 luglio 2016, il 27
marzo 2016 ed il 18 giugno 2016, allorquando l’indagato era stato sorpreso in
compagnia di pregiudicati.
Egli sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con
obbligo di soggiorno, giusta decreto del Tribunale di Bari in data 24/5/2008
confermato il 21/10/2015 si accompagnava a Sgaramella Giovanni, Caizzi
Giuseppe, Rinaldi Vito e Cioce Vito, soggetti tutti pregiudicati.
Erano ritenute le esigenze cautelari desunte dai precedenti e dalla
personalità dell’indagato.
2. Ricorre per cassazione Faccilongo Saverio a mezzo del difensore di
fiducia e deduce quanto segue.
2.1.Con il primo motivo lamenta il vizio di motivazione chiarendo che non
si sarebbe potuto sostenere che unica misura applicabile fosse quella di massimo
rigore. Del resto, i precedenti a carico non erano relativi alla violazione della
misura di prevenzione e risalivano ad epoca datata collocandosi nell’anno 2010.
Risalenti, al pari, risultavano i pregiudizi a carico dei soggetti cui si accompagnava
l’istante.
Superficiale, all’evidenza, era stata la valutazione sulla prognosi della pena
irrogabile all’esito del giudizio. Nessuna motivazione era stata riservata alla
causale del ritardo per recarsi ad apporre la sottoscrizione da parte dell’indagato
circostanza che lo aveva costretto a chiedere un passaggio allo Sgaramella.
I precedenti penali non erano, infine, idonei a giustificare la cautela
adottata e la stessa condanna per evasione era sopravvenuta nell’anno 2012, ma
era relativa ad un fatto che risaliva all’anno 2007.

L

2

ordinanza in data 25 luglio 2016, rigettava l’istanza presentata nell’interesse di

Alcuna motivazione era stata spesa sulla possibilità di far fronte alle
esigenze cautelari, con una misura autocustodiale cui si abbinavano strumenti
elettronici di controllo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche
regole inferenziali preposte alla formazione del giudizio espresso nel
provvedimento impugnato, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali,
invoca la rilettura del quadro probatorio ed un riesame nel merito del profilo
fondante il quadro connesso alle esigenze cautelari.
Si tratta, a ben vedere, di uno scrutinio non ammissibile in sede di legittimità,
allorquando la struttura razionale della decisione impugnata abbia, come nel caso
in esame, una chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente
ancorata alle regole della logica ed alle risultanze dimostrative (cfr. Sez. 2, n.
9242 dell’08/02/2013, Reggio, Rv. 254988).
Il provvedimento impugnato, in particolare, dà conto del compendio indiziario
e della sua gravità, tenuto conto degli accertamenti eseguiti dalle forze dell’ordine
e della violazione della prescrizione di non frequentare pregiudicati, prescrizione
che accedeva alla misura di prevenzione cui il Faccilongo era sottoposto e che
sistematicamente era disattesa.
Il Tribunale della libertà ha, infatti, da ciò inferito l’esistenza del profilo
inerente le esigenze cautelari ed ha spiegato perché esse fossero salvaguardabili
con la sola misura di massimo rigore.
In questa logica è stata descritta la personalità del ricorrente, soggetto non
incline al rispetto delle prescrizioni, conclusione inferita proprio dalla violazione
della misura di prevenzione e dalla frequentazione ripetuta di soggetti
pregiudicati, oltre che dai precedenti penali a suo carico. Questo dato ha, ancora,
indotto a ritenere concreto ed elevato il rischio di recidiva ed ha imposto a
giudizio del Tribunale della Libertà la conferma del titolo con cui era stata
applicata la misura carceraria.
Contrariamente a quanto dedotto si è spiegato perché non si potesse far
fronte alle esigenze individuate con una misura diversa da quella in atto e di tipo
autocustodiale. Si è escluso, proprio alla luce della personalità delineata, che si
potesse fare validamente affidamento sul Faccilongo e sul rispetto da parte di
costui di prescrizioni accessorie ad una misura detentiva diversa, là dove il
ricorrente aveva già dato prova, in definitiva, di violare quelle che accedevano

Deve, in proposito, rilevarsi che il ricorso del Faccilongo, pur denunziando

I

alla sorveglianza speciale applicatagli. In questo contesto, dunque, era stimato
elevato il rischio che egli continuasse ad avere contatti con soggetti pregiudicati,
con i quali avrebbe attivato strumenti di comunicazione che sarebbero sfuggiti ai
canali di controllo.
In questa ottica è stata, allora, richiamata ed esaminata la condanna per la
condotta di evasione nel quinquennio, altro elemento che il Tribunale ha inteso
valorizzare non solo per un suo profilo ostativo di tipo formale, ma, soprattutto,

confermandone la personalità di ferma inaffidabilità.
Né vale, a confutazione della motivazione resa, richiamare il significato dei
precedenti penali e giudiziari dei soggetti cui si era accompagnato il ricorrente e
ciò al fine di escluderne una valenza deviante o di operarne una ponderazione di
lesività concreta in termini diversi rispetto a quanto aveva già avuto modo di
apprezzare il Tribunale di merito. Né la collocazione temporale di quei fatti, né la
distanza territoriale del

/ocus commissi delicti,

risultano validi indicatori in

funzione dell’esclusione o dell’attenuazione del quadro connesso alle ritenute
esigenze cautelari.
Egualmente insindacabile in sede di legittimità appare il giudizio dì prognosi
sulla pena che si prevede possa essere inflitta all’esito del processo, pena che se
ipotizzata inferiore nel suo massimo ai tre anni di reclusione avrebbe fatto,
appunto, scattare il divieto di custodia interinale ex art. 275 comma 2 bis cod.
proc. pen.
Sul punto deve solo aggiungersi che, al di là della considerazione di puro
merito, come anticipato, sulla valutazione quantitativa della pena, la norma fa in
ogni caso salva l’applicabilità degli artt. 276 comma 1 ter e 280 comma 3 cod.
proc. pen., disposizioni che rendono non operativo quel divieto nelle ipotesi di
trasgressione alla prescrizione di non allontanarsi dalla dimora in cui il soggetto
risulta sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
Ricostruita in questi termini la vicenda processuale nessuna delle censure
dedotte è ravvisabile.
2. Il ricorso va, pertanto respinto; segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e la trasmissione a cura della cancelleria di copia del
provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 comma
1 ter, disp. att. c.p.p.

P.Q.M.

4

perché esso dava supporto alla ritenuta inaffidabilità del medesimo Faccilongo

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-13-95 n. 332
–UPL 291„
Fictima,
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento
al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter, disp. att.
c.p.p.
Così deciso in Roma il 9 marzo 2017.
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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