Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19411 del 06/05/2014


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 19411 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
TAMBORRINO Emanuele, nato a Maglie il 15/11/1976
avverso la sentenza del 9/5/2013 del Tribunale di Lecce, sez. dist. di Maglie, che
lo ha condannato alla pena di 6.000,00 euro di ammenda in relazione al reato ex
art.44, lett.a), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 accertato il 13/7/2009;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo ;annullarsi la sentenza con rinvio
udito per l’imputato l’avv. Sabrina Pascale in sostituzione dell’avv. Adriano
Tolomeo, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9/5/2013 il Tribunale di Lecce, sez. dist. di Maglie, che
ha mandato assolti i sigg. Massimo Tamborrino e Luigia Antonazzo e condannato
il sig. Emanuele Tamnorrino alla pena di 6.000,00 euro di ammenda in relazione
al reato previsto dall’art.44, lett.a), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, così
diversamente rubricata l’ipotesi ex art.44, lett.b), della medesima legge,
accertato il 13/7/2009.

Data Udienza: 06/05/2014

Il Tribunale ha ritenuto che le opere indicate nel capo d’imputazione siano
state realizzate in modo difforme dalle previsioni del permesso di costruire e che
emergano prove di responsabilità esclusivamente nei confronti del committente.
2. Avverso tale decisione il sig. Tamborrino propone ricorso in sintesi
lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale omesso di consentire alla difesa la proposizione di domanda di
oblazione ex art.162 cod. pen. per il reato così come rubricato in sentenza

b. Violazione degli artt.3, 24 e 111 Cost. in relazione alla compressione del
diritto di difesa come garantito dall’art.162 cod. pen.;
c.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) e c) cod. proc. pen. in
relazione all’art.520 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che la questione sollevata con i primi motivi di ricorso
debba essere rimessa all’attenzione delle Sezioni Unite Penali sussistendo un
contrasto potenziale rispetto alla giurisprudenza vigente anche avendo riguardo
a precedenti decisioni di questa Sezione.
2.

Il tema del rapporto fra istituto dell’oblazione ex art.162-bis cod. pen. e

qualificazione giuridica del fatto di reato ritenuta in sentenza in termini diversi
dall’ipotesi di accusa ha già formato oggetto in passato di soluzioni
giurisprudenziali divergenti. Il contrasto generatosi fu risolto dalle Sezioni Unite
Penali della Corte con la sentenza n.7645 del 28/2/2006, Autolitano e altro, nella
quale venne affermato il principio che, in assenza di modifica della contestazione
da parte del pubblico ministero e in presenza di diversa qualificazione del fatto
da parte del giudicante, non può trovare applicazione la disposizione di cui
all’art.141, comma 4-bis, disp. att. cod. proc. pen.,
3. Tale interpretazione delle disposizioni citate, che fa salva l’ipotesi che
l’imputato abbia avanzato richiesta di oblazione sulla base della futura possibile
derubricazione del reato (in termini: Sez.2, n.40037 del 14/10/2011, Mosole), è
stata confermata da successive decisioni della Corte (fra tutte, Sez.1, n.14944
del 21/2/2008, Scarano) e di questa stessa Sezione (fra tutte, la sentenza
n.12284 del 19/10/2011, dep. 2/4/2012, che ha ritenuto manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento agli
artt.162, 162-bis cod. pen., 521 cod. proc. pen e 141 disp. att. cod. proc. pen.).
Ancora di recente questa Sezione (sentenza in procedimento n.23897/2013,

2

(Sez. Un., n.7645 del 28/2/2006);

Presti, in fase di deposito) ha ritenuto di uniformarsi alla giurisprudenza citata e
dichiarato inammissibile il ricorso.

,.

4. Questo collegio ritiene che la soluzione interpretativa ricordata non possa
essere seguita.
5. Sotto un primo profilo, essa presenta un possibile profilo di incoerenza
nella parte in cui afferma, e sul punto la motivazione della sentenza delle Sezioni
Unite del 2006 è esplicita, che il diritto dell’imputato ad avvalersi dell’istituto
dell’oblazione può essere tutelato esclusivamente nell’ipotesi che in corso di
dibattimento il pubblico ministero modifichi la contestazione e qualifichi il fatto
secondo una rubrica che, a differenza di quella inizialmente addebitata
all’imputato, consenta l’applicazione dell’art.162-bis cod. pen. In tal modo,
viene rimessa alla sola parte processuale pubblica una decisione che risulta
decisiva per l’esperibilità della procedura di oblazione e che, in caso di mancata
modifica della contestazione, verrà successivamente smentita dal giudicante.
6. Sotto un diverso profilo, poi, l’interpretazione fin qui adottata deve
considerarsi non in linea con i principi della Convenzione europea per i diritti
dell’uomo e le libertà fondamentali come interpretati dalla giurisprudenza della
Corte Edu; in particolare con i principi dettati dall’art.6 della Convenzione come
fissati con la sentenza 11/12/2007, Drassich c.Italia.
7. Merita sul punto ricordare che sotto un diverso ma correlato profilo questa
stessa Corte, nell’argomentare in tema di correlazione fra accusa e sentenza, ha
negato che sussista una non compatibilità del regime processuale coi principi
fissati dalla citata sentenza della Corte Edu qualora l’avvenuta riqualificazione
giuridica del fatto operata dal pubblico ministero in corso di dibattimento ponga
l’imputato nella condizione di valutare il nuovo quadro di riferimento, non
richiedendosi per il rispetto dei diritti della parte che il giudice informi l’imputato
stesso della possibilità che il fatto contestatogli venga diversamente definito.
8. In altri termini, il collegio ritiene che la natura delle conseguenze
giuridiche derivanti per l’imputato dalla definizione della procedura di oblazione,
certamente più favorevoli rispetto a quelle derivanti dalla sentenza
dibattimentale, comportino l’esistenza di un diritto della persona a poter attivare
detta procedura con riferimento al reato ritenuto dal giudice in sentenza e non
solo con riferimento al reato che la parte pubblica ha inteso individuare. Tale
diritto non trova adeguata tutela nell’ipotesi che forma oggetto del presente
ricorso, e cioè di diversa e più favorevole qualificazione del fatto in sentenza, non
potendosi pretendere che l’imputato e la sua difesa tecnica prendano
preventivamente in esame tutte le possibili qualificazioni del fatto diverse da
quella oggetto della formale contestazione e avanzino prima delle conclusioni del

3

,

pubblico ministero una richiesta di oblazione “condizionata” alla eventuale
decisione.
9. Dal momento che tale conclusione che il collegio intende adottare si pone
in contrasto con la citata decisione delle Sezioni Unite Penali e con la
giurisprudenza costante della Corte, la questione deve essere rimessa alla
valutazione delle Sezioni Unite per un nuovo esame.
P.Q.M.

Così deciso il 6/5/2014

Dispone trasmettersi il ricorso alle Sezioni Unite Penali della Corte.

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