Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19407 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19407 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SF/T0/2

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE GASPERIS DAMIANO N. IL 09/02/1984
avverso la sentenza n. 5193/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
02/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di De Gasperis Damiano avverso la sentenza
emessa in data 2.11.2012 dalla Corte di Appello di Roma che in parziale riforma di quella
in data 29.2.2012 del Tribunale di Roma che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva
condannato il predetto per il reato di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR 309/1990 (hashish e
marijuana), riduceva la pena inflitta ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed C 1.200
di multa.

Considerato in diritto
Il ricorso sarebbe inammissibile, senonchè si deve rilevare, ai sensi dell’art. 609, 2°
comma c.p.p., che la recente disposizione di cui al D.L. n. 146 del 23.12.2013 (conv. in
L. n. 10 di 21.2.2014), nel qualificare il 5° comma dell’art. 73 dPR 309/1990 quale figura
autonoma di reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque anni di reclusione
ed C 3.000 a 26.000 di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il
25.2.2014. Questa, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.2.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73 dPR 309/1990 nella
formulazione di cui alla detta Legge 49/2006 c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del
predetto dPR 309/1990 e relative tabelle nella formulazione precedente le modifiche
apportate con le disposizioni ritenute incostituzionali e cioè nel testo di cui alla L. del
1990, c.d. “Iervolino-Vassalli”.
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del proprio intervento in relazione al
D.L. 146/2013, precisando che “trattandosi di ius superveniens che riguarda disposizioni
non applicabili nel giudizio a quo” lo stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni sulle questioni oggetto del giudizio della Corte relative a disposizioni diverse da
quelle da quelle oggetto di modifica normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto
legge n. 146 del 2013, …., in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui
censurata e indipendente da quest’ultima” . Ha poi affermato che “rientra nei compiti
del giudice comune individuare quali norme, successive a quelle impugnate , non siano
piu’ applicabili perché divenute prive del loro oggetto (in quanto rinviano a disposizioni
caducate) e quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in quanto non
presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4 vicies ter, oggetto della presente
decisione”.
Ritiene però il Collegio che la suddetta sentenza, avendo dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della L. n. 49 del 2006, abbia travolto l’intero
art. 73 dPR 309/1990, facendo rivivere, per i reati commessi prima dell’entrata in vigore
del D.L. n. 146 del 2013 (e cioè il 24.12.2013) anche il precedente testo del comma 5°

2

Deduce la violazione di legge in relazione alla determinazione della pena.

con la ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra doghe leggere e droghe
pesanti, più favorevole al reo per quel che concerne quelle leggere, che prevede la pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione e quella pecuniaria da € 1.032,9 a €
10.329,14.
La pena base assunta dal Giudice a quo nella sentenza impugnata è pari ad anni tre di
reclusione ed € 27.000 di multa (con successiva riduzione per le attenuanti generiche
prevalenti e per il rito).

risultante dalla pronuncia d’incostituzionalità sopra richiamata.
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio sul punto alla Corte di Appello di Roma, precisandosi, ai sensi
dell’art. 624 c.p.p., che il capo concernente la penale responsabilità è divenuto
irrevocabile.
P.Q.M.
ANNULLA LA SENTENZA IMPUGNATA LIMITATAMENTE AL TRATTAMENTO SANZIONATORIO CON RINVIO SUL
PUNTO ALLA CORTE DI APPELLO DI ROMA.
COSÌ

deciso in Roma, il 5.3.2014

Tale pena base ora risulta palesemente eccessiva e sprovvista di adeguata motivazione a
supporto, dovendo trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 4 0 c.p., la pena

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