Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19406 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19406 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

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sul ricorso proposto da:
TAFURO ANDREA N. IL 05/08/1986
avverso la sentenza n. 8157/2007 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Tafuro Andrea avverso la sentenza emessa
in data 7.11.2011 dalla Corte di Appello di Roma che in riforma di quella del Tribunale di
Roma del 3.9.2007, riduceva la pena inflitta ad anni uno di reclusione ed C 1.400,00 di
multa per il delitto di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR 309/1990, (hashish: fatto del
21.8.2007).
Deduce il vizio motivazionale in relazione al mancato ulteriore contenimento della pena.
E’ stata depositata una memoria che, richiamando la recente pronuncia della Corte

del procedimento alla pubblica Udienza.
Considerato in diritto
Il ricorso sarebbe inammissibile senonchè si deve rilevare, ai sensi dell’art. 609, 2°
comma c.p.p., che la recente disposizione di cui al D.L. n. 146 del 23.12.2013 (conv. in
L. n. 10 di 21.2.2014), nel qualificare il 5 0 comma dell’art. 73 dPR 309/1990 quale figura
autonoma di reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque anni di reclusione
ed C 3.000 a 26.000 di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il
25.2.2014. Questa, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.2.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73 dPR 309/1990 nella
formulazione di cui alla detta Legge 49/2006 c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del
predetto dPR 309/1990 e relative tabelle nella formulazione precedente le modifiche
apportate con le disposizioni ritenute incostituzionali e cioè nel testo di cui alla L. del
1990, c.d. “Iervolino-Vassalli”.
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del proprio intervento in relazione al
D.L. 146/2013, precisando che “trattandosi di ius superveniens che riguarda disposizioni
non applicabili nel giudizio a quo” lo stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni sulle questioni oggetto del giudizio della Corte relative a disposizioni diverse da
quelle da quelle oggetto di modifica normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto
legge n. 146 del 2013, …., in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui
censurata e indipendente da quest’ultima” . Ha poi affermato che “rientra nei compiti
del giudice comune individuare quali norme, successive a quelle impugnate , non siano
piu’ applicabili perché divenute prive del loro oggetto (in quanto rinviano a disposizioni
caducate) e quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in quanto non
presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4 vicies ter, oggetto della presente
decisione”.
Ritiene però il Collegio che la suddetta sentenza, avendo dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della L. n. 49 del 2006, abbia travolto l’intero

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Costituzionale del 12.2.2014 in relazione all’art. 73 dPR 309/1990, invoca la trasmissione

art. 73 dPR 309/1990, facendo rivivere, per i reati commessi prima dell’entrata in vigore
del D.L. n. 146 del 2013 (cioè il 24.12.2013) anche il precedente testo del comma 50
con la ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra doghe leggere e droghe
pesanti, più favorevole al reo per quel che concerne quelle leggere, che prevede la pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione e quella pecuniaria da € 1.032,9 a €
10.329,14.
La pena base assunta dal Giudice a quo nella sentenza impugnata è pari ad anni due e

generiche ed ulteriore riduzione per il rito).
Tale pena, che ora risulta sensibilmente superiore al minimo, rimane, però, sprovvista di
adeguata motivazione a supporto, specie in considerazione della benevola valutazione
della Corte territoriale della complessiva personalità dell’imputato, dovendo comunque
trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 4 0 c.p., la pena risultante dalla
pronuncia d’incostituzionalità sopra richiamata.
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio sul punto alla Corte di Appello di Roma, precisandosi, ai sensi
dell’art. 624 c.p.p., che il capo concernente la penale responsabilità è divenuto
irrevocabile.

P.Q.M.
ANNULLA LA SENTENZA IMPUGNATA LIMITATAMENTE AL TRATTAMENTO SANZIONATORIO CON RINVIO SUL
PUNTO ALLA CORTE DI APPELLO DI ROMA.
Così deciso in Roma, il 5.3.2014

mesi tre di reclusione ed € 3.000 di multa (con successiva riduzione per le attenuanti

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