Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19405 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 19405 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ALIN511-X4
sul ricorso proposto da:
MONTALBANO CARLO N. IL 21/03/1970
avverso la sentenza n. 831/2012 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
25/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Montalbano Carlo avverso la sentenza
emessa in data 25.1.2013 dalla Corte di Appello di Cagliari che confermava quella in data
8.3.2012 del Tribunale di Cagliari che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato
il predetto alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed € 1.500,00 di multa per il
reato di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR 309/1990 (190 gr. di hashish).
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta

sanzionatorio.
Considerato in diritto
Il ricorso sarebbe inammissibile essendo/2 censure mosse manifestamente infondate.
Infatti, come ritenuto dalla Corte territoriale, nulla consente di ritenere la destinazione
dello stupefacente ad uso interamente personale, alla luce del rinvenimento di numerosi
strumenti atti alla confezione delle dosi e al quantitativo dello stupefacente.
Senonchè si deve rilevare, ai sensi dell’art. 609, 2° comma c.p.p., che che la recente
disposizione di cui al D.L. n. 146 del 23.12.2013 (conv. in L. n. 10 dl 21.2.2014), nel
qualificare il 5° comma dell’art. 73 dPR 309/1990 quale figura autonoma di reato, ha
rideterminato la pena edittale da uno a cinque anni di reclusione e da € 3.000 a 26.000
di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il
25.2.2014. Questa, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.2.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73 dPR 309/1990 nella
formulazione di cui alla detta Legge 49/2006 c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del
predetto dPR 309/1990 e relative tabelle nella formulazione precedente le modifiche
apportate con le disposizioni ritenute incostituzionali e cioè nel testo di cui alla L. del
1990, c.d. “Iervolino-Vassalli”.
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del proprio intervento in relazione al
D.L. 146/2013, precisando che “trattandosi di ius superveniens che riguarda disposizioni
non applicabili nel giudizio a quo” lo stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
questioni oggetto del giudizio della Corte relative a disposizioni diverse da quelle da
quelle oggetto di modifica normativa e che gli effetti del presente giudizio di legittimità
costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto legge n.
146 del 2013, …., in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e
indipendente da quest’ultima”. Ha poi affermato che “rientra nei compiti del giudice
comune individuare quali norme, successive a quelle impugnate, non siano più applicabili
perché divenute prive del loro oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e
quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in quanto non presuppongono la
vigenza degli artt. 4 bis e 4 vicies ter, oggetto della presente decisione”.

2

destinazione ad uso non esclusivamente personale ed in ordine al trattamento

Ritiene però il Collegio che la suddetta sentenza, avendo dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della L. n. 49 del 2006, abbia travolto l’intero
art. 73 dPR 309/1990, facendo rivivere, per i reati commessi prima dell’entrata in vigore
del D.L. n. 146 del 2013 (e cioè il 24.12.2013) anche il precedente testo del comma 50
con la ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra doghe leggere e droghe
pesanti, più favorevole al reo per quel che concerne quelle leggere, che prevede la pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione e quella pecuniaria da C 1.032,9 a C

Peraltro, nel caso di specie, la pena base assunta dal Giudice a quo nella sentenza
impugnata è pari ad anni quattro e mesi sei di reclusione ed C 4.500 di multa (con
successiva riduzione per le attenuanti generiche e del vizio parziale di mente ed ulteriore
riduzione per il rito).
Tale pena base, quindi, risulta del tutto sproporzionata rispettoquella emergente dalle
modifiche normative e costituzionali sopra richiamate e rimane, pertanto, in quanto
palesemente eccessiva, sprovvista di adeguata motivazione a supporto, dovendo trovare
applicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 4 0 c.p., la pena risultante dalla pronuncia
d’incostituzionalità sopra richiamata.
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio sul punto alla Corte di Appello di Cagliari, precisandosi, ai sensi
dell’art. 624 c.p.p., che il capo concernente la penale responsabilità è divenuto
irrevocabile.
P.Q.M.
ANNULLA LA SENTENZA IMPUGNATA LIMITATAMENTE AL TRATTAMENTO SANZIONATORIO CON RINVIO SUL
PUNTO ALLA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI.
COSÌ

deciso in Roma, il 5.3.2014

10.329,14 di multa.

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