Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1940 del 21/12/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 1940 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso l’ordinanza del 12/09/2017 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE;
lette/sentite le conclusioni del PG SANTE SPINACI
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio
Udito il difensore

Data Udienza: 21/12/2017

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Milano – sezione riesame cautelare, decidendo
sull’appello proposto dall’indagato avverso il rigetto della istanza di revoca o sostituzione
avanzata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen. emesso dal G.i.p. del Tribunale di Pavia, ha
confermato la misura cautelare della interdizione dai pubblici uffici per mesi dodici già disposta
nel titolo genetico con ordinanza del 6.4.2017 da parte del medesimo G.i.p., e ciò in relazione
ad un indagine che attingeva, oltre al ricorrente, anche diversi altri funzionari della Direzione

2, n. 1, 61 n. 9, cod. pen. ) e falso ( artt. 48 e 479 cod. pen. ed art. 55 quinquies, comma 1
Decreto legislativo n. 165/2001 ).
Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a tre motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, vizio argomentativo in riferimento alla esigenza
cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett. c, cod. proc. pen., e ciò con particolare riferimento
ai profili di attualità e concretezza, nonché in ordine alla regola valutativa dettata dall’art. 275
cod. proc. pen..
Si evidenzia la natura apodittica del ragionamento operato dal tribunale ricorso nella parte in
cui aveva presunto la attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione del reato dalla
“verosimile” circostanza che le condotte illecite degli ispettori del lavoro in ordine alla
indicazione della quantità del lavoro in trasferta e dei percorsi effettuati per le relative
indennità e rimborsi si siano verificate anche dopo la chiusura delle indagini, chiusura peraltro
determinata da ragioni di economicità nella prosecuzione delle indagini e non già da ragioni
probatorie.
Si stigmatizza la motivazione così resa dal tribunale in punto di argomentazioni poste a
sostegno dell’attualità del

periculum libertatis giacché tale motivazione non ritroverebbe

riscontro alcuno nel materiale indiziario di indagine raccolto.
Si denunzia, altresì, come apodittica e meramente apparente la motivazione resa nel
provvedimento impugnato per confutare le valide argomentazioni poste a sostegno dell’appello
cautelare laddove si era evidenziato che la sostituzione del sistema di rilevamento RUMI e l’eco
mediatico della vicenda aveva di fatto reso impossibile la prosecuzione dell’attività illecita da
parte degli indagati, con ciò facendo venir meno le relative esigenze cautelari.
Si evidenzia infine anche la omessa motivazione in riferimento alla necessaria valutazione del
lungo tempo trascorso tra le condotte contestate e la emissione della misura.
Osserva inoltre la difesa che in un procedimento avente ad oggetto la identica vicenda
processuale e riguardante altra indagata la Corte di Cassazione aveva annullato il
provvedimento cautelare interdittivo per vizio di motivazione, in una ipotesi dunque
sovrapponibile a quella oggi in esame.

2

territoriale di Pavia, quali ispettori del lavoro, per il reato di truffa aggravata ( art. 640, comma

1.2 Con un secondo motivo, sempre declinato come vizio di motivazione, si denunziano le
medesime doglianze sopra riferite nel primo motivo, questa volta articolate come vizio di
motivazione apparente.
Si denunzia inoltre motivazione inadeguata in riferimento all’art. 275 cod. proc. pen. per la
scelta della misura giacché la richiesta restrizione della misura interdittiva alla sola attività
esterna sarebbe compatibile con le evidenziate esigenze cautelari e sul punto la motivazione
resa sarebbe al solito meramente apparente.

legge processuale in relazione all’art. 274, primo comma, e 275, sempre primo comma, cod.
proc. pen., in relazione sempre al profilo di adeguatezza e proporzionalità della misura.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato.
2.1 Già il primo motivo di doglianza risulta essere infondato.
Occorre esaminare il solo profilo relativo alle contestate esigenze cautelari, giacché nessuna
doglianza è stata sollevata in questa sede decisoria in punto di fumus commissi
Non è rintracciabile in alcun modo nel tessuto argomentativo del provvedimento impugnato il
denunziato vizio di motivazione.
Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte ricorre il vizio della mancanza, della
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza se la stessa risulti
inadeguata nel senso di non consentire l’agevole riscontro delle scansioni e degli sviluppi critici
che connotano la decisione in relazione a ciò che è stato oggetto di prova ovvero di impedire,
per la sua intrinseca oscurità ed incongruenza, il controllo sull’affidabilità dell’esito decisorio,
sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti
( cfr. anche Sez. 4, 14 gennaio 2010, n. 7651/2010 ).
Ciò posto, va osservato come la motivazione resa dal Tribunale impugnato sulle esigenze
cautelari, e ciò con particolare riferimento ai contestati profili di attualità e concretezza delle
esigenze stesse, sia adeguata e condivisibile, fondando le ragioni del convincimento giudiziale
e dunque della prognosi negativa espressa in tema di pericolo di reiterazione delle condotte
delittuose su un articolato ragionamento che riposa sulla indiscutibile ( peraltro neanche
contestata ) circostanza della ripetizione e sistematicità delle condotte di falsificazione dirette a
far conseguire un ingiustificato guadagno ai pubblici funzionari con grave danno per gli
interessi dell’ente pubblico di appartenenza.
Va aggiunto anche che il sopra descritto periculum libertatis è stato contrastato con una
misura blandamente restrittiva, e cioè con la sospensione dai pubblici uffici per mesi dodici,
nonostante un quadro indiziario connotato da indubbia gravità e da esigenze cautelari
difficilmente contenibili con misure interdittive che non inibiscano

in toto lo svolgimento

dell’attività di istituto dei pubblici ufficiali togliendo la possibilità di perpetuare le condotte
illecite di svolgimento dell’attività lavorativa.
3

1.3 Si declina infine un terzo motivo di doglianza, articolato questa volta come violazione di

Ciò che si vuol qui evidenziare è che il pericolo di reiterazione delle condotte illecite contestate
è insito, nel caso di specie, proprio nelle concrete modalità di svolgimento delle mansioni di
lavoro da parte degli ispettori del lavoro, atteso che la parte più significativa delle mansioni
svolte dai predetti pubblici dipendenti si svolgeva all’esterno della Direzione provinciale
attraverso le missioni e che pertanto non è possibile neanche concepire una interdizione dal
lavoro che si concentri solo su quest’attività “esterna” senza per ciò solo assorbire l’intera
attività lavorativa del dipendente attinto dalla misura cautelare.

per la quale sarebbe illogica e comunque priva di adeguato sostegno indiziario l’affermazione
secondo cui l’attività illecita di falsificazione dei dati delle trasferte sarebbe proseguita anche
dopo la conclusione delle indagini – non è affatto condivisibile, atteso che la stessa non è altro
che la manifestazione di un giudizio prognostico in tema di esigenze cautelari, come tale
proiettato verso la verifica della possibilità della reiterazione delle condotte illecite anche dopo
la chiusura della indagini.
Ma anche la denunziata mancata corretta valutazione da parte del tribunale ricorso delle
dedotte questioni della sostituzione del sistema Rumi di rilevamento delle presenze e del
clamore mediatico non è in alcun modo condivisibile, prospettando le predette questioni profili
evidentemente irrilevanti nella valutazione di prognosi di commissione di delitti in futuro da
parte degli indagati. Ed invero, non può la sostituzione del sistema di rilevamento delle
presenza dei dipendenti rappresentare un argomento dirimente per far ritenere scemate
ovvero addirittura annullate le possibilità di commissione di reati come quelli contestati, e ciò
innanzi alla dimostrazione della abilità e ripetitività delle condotte ascrivibili agli indagati ed
attraverso le quali si erano superati da parte degli indagati anche sistemi di controllo sulle
modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative.
2.2 II secondo e terzo motivo, il cui esame può essere congiunto, sono da ritenersi anch’essi
infondati, in quanto meramente ripetitivi delle questioni già prospettate con il primo motivo su
cui si è detto sopra.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21.12.2017

Peraltro, va aggiunto che la ulteriore doglianza sollevata da parte della difesa dell’indagato –

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