Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19397 del 14/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 19397 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALAN GIANCARLO N. IL 10/09/1956
avverso l’ordinanza n. 2961/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di
VENEZIA, del 03/02/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/s.c,4444e le conclusioni del PG Dott.,
LCO,Ti,
1(L
CAlg 4)(2/I:5,D

Uditi difensór Avv.;

Data Udienza: 14/12/2016

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa in data 3 febbraio 2016 il Tribunale di Sorveglianza di
Venezia respingeva le istanze, proposte dal condannato Giancarlo Galan, volte ad
ottenere l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale ed alla detenzione
domiciliare ed ha contestualmente ammesso accordato d’ufficio la diversa misura della
detenzione domiciliare per ragioni di salute.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che il Galan doveva espiare

di patteggiamento del G.i.p. del Tribunale di Venezia del 16/10/2014, in relazione ai
delitti di concorso in corruzione, commessi dal 22/7/2008 all’1/12/2012 e contestatigli
per avere, nella qualità di presidente della Regione Veneto, ricevuto:
– uno stipendio annuale dal presidente del Consorzio Venezia Nuova al fine di accelerare
il procedimento amministrativo relativo al progetto per la realizzazione del sistema c.d.
«mose»;
– dai vertici della s.p.a. Adria Infrastrutture denaro, una quota di partecipazione alla
stessa società, intestata fittiziamente ad altra impresa, onde poter partecipare agli utili
prodotti, cospicui finanziamenti in occasione delle campagne elettorali, nonchè
l’esecuzione gratuita di lavori di ristrutturazione della propria abitazione con fondi
costituiti mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti in tutto o in parte.
Secondo l’accusa, non contestata dall’imputato che aveva acceduto al rito della pena
patteggiata, tali utilità erano state erogate a corrispettivo del compimento di atti
contrari ai doveri di pubblico ufficiale, inerenti a procedimenti amministrativi per la
realizzazione di opere pubbliche.
Alla luce dei fatti giudicati e della condotta successiva tenuta dal condannato,
sottoposto ad altri due procedimenti penali, uno per altri fatti corruttivi, l’altro per
danneggiamento di bene sottoposto a sequestro in relazione all’asportazione di
numerosi suppellettili ed accessori, diversi dagli arredi, dal complesso immobiliare
denominato “Villa Rondella”, oggetto di confisca per equivalente del prezzo dei reati
commessi, il Tribunale di sorveglianza riteneva assente anche solo l’inizio di un percorso
di rivisitazione critica delle vicende pregresse, gravi in sé per il danno economico e
sociale cagionato, rispetto alle quali il Galan non aveva reso alcuna confessione e
protestato la propria innocenza. Considerava altresì inadeguato ed inidoneo l’impegno
lavorativo e di volontariato che il condannato aveva proposto quale opportunità
risocializzante e presidio contro la reiterazione di altri reati. Riteneva però che, in base
agli accertamenti peritali condotti, le condizioni di salute del Galan, affetto da patologie
croniche multiple, sebbene in sé compatibili con carcerazione, per la loro interferenza
reciproca e la polifarmacoterapia necessaria, richiedessero costanti contatti con i presidi
ospedalieri anche territoriali e ne rendessero difficile il trattamento in ambiente;
carcerario.
1

la pena residua di anni due e mesi dieci di reclusione, come determinata nella sentenza

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo dei difensori, i quali ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi.
a) inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 47 e 47 ter ord. pen. e vizio di
motivazione per manifesta illogicità in ordine al rigetto delle istanze. Il Tribunale nella
sua motivazione ha dapprima riscontrato il diritto dell’imputato di professarsi innocente,
poi ha annesso alla sentenza di patteggiamento il valore di sentenza di condanna che
non smentisce il primo assunto, come affermato anche dalla giurisprudenza di
legittimità, secondo la quale rileva l’accettazione della sentenza e delle sue

il procedimento col patteggiamento, che, al contrario, unitamente all’importante
risarcimento del danno, costituiscono il primo passo verso la sottoposizione alle
conseguenze delle condotte antigiuridiche accertate e di riconciliazione col consesso
sociale. Il Tribunale pretende di accollare al ricorrente un danno sociale, oltre a quello
economico già riparato, che rivela la malcelata pretesa di confessione pubblica da parte
del Galan di essere stato corrotto con l’erogazione di uno stipendio da euro 1.000.000
annui, che egli ha negato e negherà sempre, com’è suo diritto.
Non è stato correttamente inteso nemmeno quanto dichiarato dal ricorrente
all’udienza camerale e nel memoriale del 12 luglio 2014, nel quale aveva riconosciuto di
avere sbagliato nell’accettare contributi destinati alla dispendiosissima campagna
elettorale ed aveva indicato gli importi percepiti, ancora non noti agli inquirenti e
giustificato con l’assenza di sostegno da parte del partito. A suo carico sono state
considerate soltanto le emergenze risalenti alla fase dell’imposizione della misura
custodiale, non quanto verificatosi in seguito con la definizione del procedimento, la
sostituzione della misura, il risarcimento del danno, la corretta condotta carceraria.
Deve essere contestata come giuridicamente non corretta anche la
considerazione, esposta nell’ordinanza, secondo la quale la valutazione richiesta alla
magistratura di sorveglianza differisce da quella del giudice cautelare nel corso del
giudizio di cognizione per la sua discrezionalità, poiché tanto non significa che sia
disancorata da presupposti precisi costituiti dalla concretezza e dall’attualità della
pericolosità, che nel caso non sussiste come evidenziato anche nella relazione
dell’U.E.P.E. che ha espresso un giudizio ampiamente positivo. Al contrario, il Tribunale
se n’è discostato senza spiegare le ragioni della ritenuta inadeguatezza dell’attività
lavorativa e di volontariato e comunque l’esistenza di più sedi dell’organismo presso il
quale svolgere tale impegno non considera che le stesse sono tutte allocate nella
provincia di Padova e che le mansioni sono erroneamente ritenute inadeguate rispetto
allo “status” sociale del Galan. La prognosi di recidivazione non è stata fondata su
concreti elementi, dal momento che l’impossibilità di escludere la commissione di nuovi
reati non può mai formularsi e che il frammento di intervista televisiva rilasciata dallo
stesso è stato letto in modo avulso dal contesto con conseguente grave travisamento,

2

conseguenze da parte del condannato, a prescindere dal fatto che abbia definito o meno

poiché egli aveva soltanto espresso il proposito di dedicarsi in futuro ad attività
imprenditoriale, ritenendo conclusa per sempre la sua carriera politica.
Anche la considerazione dell’asportazione da Villa Rodella dei sanitari ed accessori
di valore è stata equivocata, in quanto l’episodio, ascrivibile alla condotta in buona fede
compiuta dalla propria moglie, si è verificato prima e non dopo la datio in solutum in
favore dello Stato e, dopo avere compreso l’errore, entrambi i coniugi si sono scusati e
hanno manifestato disponibilità al ripristino, che è in corso.
b) Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 47 L. n. 354 del 1975 e vizio di

fondata unicamente sulla condizione di parlamentare, sulla gravità dei reati e sulla
mancata ammissione di colpevolezza: il Tribunale di sorveglianza ha ancorato la sua
valutazione alla considerazione dei reati contestati e non degli elementi positivi indicati
dalla difesa, ma dimentica che per il danneggiamento di Villa Rodella è in corso attività
di ripristino senza che si sia verificata alcuna lesione del suo valore commerciale, il che
fa pensare ad un errore in buona fede, che la misura degli arresti domiciliari è stata
puntualmente osservata, che egli ha espresso l’intenzione di abbandonare la vita
pubblica e che la condizione di parlamentare non costituisce rischio di recidiva legata
alle sue conoscenze ed alla sfera di influenza che ne deriva. La motivazione sul punto è
anche contraddittoria, poiché da un lato nega elementi di revisione e di non recidivanza,
dall’altro riconosce indici significativi della pretesa revisione quali la correttezza di
comportamento, la disponibilità al colloquio con gli operatori sociali, il rispetto delle
prescrizioni imposte, il riconoscimento del carattere sanzionatorio delle misure sofferte,
il risarcimento del danno, cui si aggiunge il parere favorevole degli assistenti sociali
all’affidamento in prova, i positivi accertamenti sull’idoneità della misura, l’assenza di
collegamenti con la criminalità organizzata o comune.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione,
ha concluso per il rigetto del ricorso; ha rilevato che, secondo l’interpretazione offerta
dalla giurisprudenza di legittimità, la mancanza di senso critico verso i crimini commessi
rileva, non quale protesta di innocenza, sempre consentita, ma in quanto indice di
pericolosità per la persistenza di atteggiamento mentale indifferente alla rieducazione.
Di tale principio il Tribunale ha fatto corretta applicazione laddove ha ritenuto che la
solo parziale presa di coscienza degli illeciti commessi richiedesse ulteriore periodo di
osservazione prima della concessione della più ampia misura richiesta. Anche il secondo
motivo è infondato: il Galan si ritiene vittima di un procedimento penale ingiusto e non
ha mai ammesso di avere compiuto le condotte di corruzione contestategli; inoltre, ha
danneggiato volutamente l’immobile offerto a titolo di risarcimento del danno, così
svalutando la valenza positiva della datio in solutum, per cui correttamente il Tribunale,
sulla base delle risultanze in atti, ha valorizzato, dandone conto in motivazione, la
gravità oggettiva e soggettiva dei reati, i carichi pendenti, la condizione personale di
Deputato e responsabile ai massimi livelli della gestione della cosa pubblica, poi

3

motivazione in punto di prognosi negativa di recidivazione e di reinserimento sociale,

decaduto dalla carica ai sensi della legge n. 190 del 2012, e quindi il pericolo di
reiterazione di altri reati che gli ampi spazi di libertà consentiti dalle misure richieste
non potrebbe contenere.

Considerato in diritto

1. Ad avviso di questa Corte, la decisione impugnata, corredata da motivazione corposa
e diffusa sui temi proposti dalla difesa, non incorre nei denunciati vizi di violazione di legge e

1.1 In primo luogo, nell’escludere i presupposti applicativi delle misure alternative
chieste dal condannato, il provvedimento in verifica ha condotto l’analisi del caso, partendo
correttamente dalla considerazione della natura e della gravità dei fatti accertati e dei reati
per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, come emergenti dagli atti del relativo
procedimento e dalla sentenza di applicazione pena a richiesta delle parti, in merito ai quali
ha motivatamente espresso un giudizio di elevato disvalore. Nell’analizzare le vicende emerse
dalle indagini, ha evidenziato quali profili di marcata negatività: la posizione soggettiva del
Galan ed il ruolo istituzionale di assoluto rilievo rivestito nell’arco di quindici anni nella
gestione della cosa pubblica in ambito regionale veneto e poi nazionale; il parificato elevato
livello di responsabilità politica e giuridica, conseguente all’attribuzione della gestione della
cosa pubblica; la serietà degli effetti pregiudizievoli di ordine economico e sociale, dipendenti
dal compimento di atti contrari ai doveri di pubblico ufficiale in relazione ad appalti per
rilevantissime opere pubbliche. Ha dunque posto in evidenza come egli, oltre alle vicende
criminose per le quali ha già definito il relativo procedimento penale, sia sottoposto ad altri
due processi pendenti, uno per concorso in corruzione per fatti commessi dal 2006 al 2010,
altro per danneggiamento o sottrazione di beni sottoposti a sequestro con provvedimento
dell’autorità giudiziaria in relazione ai fatti commessi il 19 ottobre 2015. L’addebito riguarda
compiuta la spoliazione degli accessori, necessari per la sua concreta destinazione ad
abitazione e concorrenti nel determinarne il valore commerciale, della villa già di sua
proprietà, sita in Cinto Euganeo ed oggetto di confisca per equivalente, unitamente al terreno
pertinenziale, disposta con la sentenza di patteggiamento e con ulteriore provvedimento del
G.i.p. del 23 novembre 2015: tale condotta era stata resa possibile dal fatto che egli, già
ammesso agli arresti domiciliari nella fase cautelare del procedimento di cognizione, era stato
autorizzato ad abitare con la famiglia nell’immobile con divieto di modifica dello stato dei
luoghi e dal quale si era trasferito in data 19 ottobre 2015, consentendo dunque di constatare
l’intervento predatorio compiuto in danno dell’Erario.
Ha quindi esteso la propria disamina alla condotta tenuta dal Galan nel periodo
successivo ai delitti già giudicati, rispetto al quale ha evidenziato:
-il comportamento processuale, improntato alla negazione di responsabilità quanto ai fatti
corruttivi, per i quali aveva soltanto aderito alle indicazioni dei difensori di definire il
procedimento con sentenza di patteggiamento per i benefici conseguibili, ed all’ammissione di
4

di motivazione illogica e contraddittoria.

aver ricevuto finanziamenti e la partecipazione alla Adria Infrastrutture s.p.a. da parte di
imprenditori, che avevano sovvenzionato anche altri candidati di diverse formazioni, e di
avere destinato quei fondi alla campagna elettorale per la carica di Governatore della Regione
Veneto con modalità che ha segnalato essere comuni anche ad altri esponenti politici
impegnati nelle medesime competizioni;
– l’assenza di una seria e convinta presa di distanza da tali illeciti, indicati “quasi come una
divertente e fatale contingenza (più, n.d.r.) che non come un’evenienza penalmente illecita”,
il che confermava il giudizio marcatamente negativo sulla sua personalità già espresso in

– la condotta serbata post delictum durante il periodo di sottoposizione agli arresti domiciliari
esecutivi, che, nonostante la formale osservanza delle relative prescrizioni, risulta
negativamente contraddistinta dalla commissione del delitto di cui all’art. 334 cod. pen., la
cui materialità, per quanto ancora non oggetto di accertamento giudiziale, da un lato
dimostra l’ulteriore violazione del precetto penale come emergenza non episodica e nemmeno
legata al solo contesto politico-amministrativo e delle competizioni elettorali, dall’altro
deprime il valore commerciale del bene offerto per l’esecuzione della confisca per equivalente
e sminuisce la valenza positiva di tale offerta, consentendo di definirla parte, come del resto
l’accesso al patteggiamento, di una strategia opportunistica volta a mitigare il rigore
sanzionatorio dell’esito processuale.
Ha quindi concluso che il ricorrente, al di là dell’inadeguatezza dell’impegno lavorativo e
di volontariato prospettato quale opportunità risocializzante nell’ambito dell’affidamento in
prova, presenta ancora margini di pericolosità sociale, che non consentono di escludere il
rischio di recidivanza e della commissione di nuovi reati grazie alla propria sfera d’influenza di
politico e di deputato, che potrebbe nuovamente esercitare approfittando degli ampi spazi di
libertà ed autogestione che la misura alternativa richiesta consente. In particolare,
dimostrando in ciò di avere condotto una verifica fattuale su tutti gli aspetti del caso, emersi
dall’istruttoria e dedotti dalla difesa, ha apprezzato come prevalente il pericolo affermato
rispetto agli elementi positivi del caso, pur riconosciuti come sussistenti e segnalati anche
nella relazione degli operatori dell’U.E.P.E, con un giudizio di merito discrezionale, ma
ampiamente giustificato.
1.2 Ebbene, il Tribunale è pervenuto alla decisione reiettiva, facendo ricorso a criteri di
valutazione corretti rispetto al parametro legale di riferimento, costituito dalle disposizioni
dell’art. 47 ord. pen., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, laddove ha
assegnato rilievo non secondario al comportamento processuale, al mancato contributo
offerto da imputato prima, da condannato poi ad un serio chiarimento delle vicende criminose
che lo hanno riguardato ed alla parziale negazione di responsabilità rispetto a fatti di
allarmante gravità e forieri di consistenti pregiudizi, anche per la sua persona, non soltanto
per la collettività.
1.2.1 In tal modo il Tribunale si è allineato ai criteri dettati da questa Corte, secondo i
quali la lettura sistematica delle varie disposizioni contenute nell’art. 47 citato impone che la

5

sede cautelare dal Tribunale del riesame di Venezia;

valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della
natura e della gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non possa
mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato e dai
suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini dell’apprezzamento
dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di
recidiva (Cass. 1, n. 1501 del 12/3/1998, Fatale, rv. 210553; sez. 1, n. 371 del 15/11/2001,
Chifari, rv. 220473; sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, rv. 244322).
1.2.2 Risponde al vero che, né la norma di cui all’art. 47-ter ord. pen., né

alternativa alla detenzione la confessione del condannato, il quale nel pieno esercizio delle
prerogative difensive ha il diritto di non ammettere le proprie responsabilità, sia nel corso del
processo di cognizione, sia dopo la condanna irrevocabile, pur dovendo dar prova di prendere
parte in modo attivo all’opera di rieducazione e di accettare la condanna nei suoi contenuti
afflittivi (Cass. sez. 1, n. 8258 dell’8/2/2008, Angelone, rv. 240586; sez. 1, n. 18388 del
20/2/2008, Cesarini, rv. 240306; sez. 1, n. 2481 del 3/4/2000, Ferrante, rv. 216037). Va
dunque condotta l’analisi della personalità individuale e la verifica della sua evoluzione
psicologica, che, partendo dal fatto di reato, si deve estendere ai precedenti e alle pendenze
penali, agli eventuali progressi compiuti dal condannato nel periodo successivo ed ai
comportamenti precedenti e successivi alla condanna (Cass. sez. 1, 29/11/1999 n. 5061),
sulla scorta dei dati conoscitivi forniti dalla osservazione e dalle valutazioni offerte dal servizio
sociale, allo scopo di accertare l’idoneità della misura alternativa a contribuire al
reinserimento sociale del condannato ed a contenerne la sua pericolosità sociale, se tuttora
esistente.
1.2.3Nel caso in esame l’indagine condotta dal Tribunale di sorveglianza ha stigmatizzato
in modo appropriato e del tutto pertinente al tema devoluto alla sua cognizione
l’atteggiamento del Galan senza essere incorsa in alcuna forma di travisamento delle sue
dichiarazioni. Effettivamente non risulta che il ricorrente abbia intrapreso una seria riflessione
critica sul passato e sulle condotte gravissime poste in essere, che, a prescindere dalla
mancata confessione pubblica, ha prospettato quasi come ineludibile evenienza, nata
dall’iniziativa spontanea degli imprenditori desiderosi di contribuire alle sue esigenze
personali per non si sa quali vantaggi corrispettivi, nonché dalle insufficienti sovvenzioni
erogate della formazione politica di cui era stato esponente, banalizzandone il significato ed il
disvalore penale. Anche il danneggiamento della villa, in sequestro e immodificabile nella sua
consistenza per provvedimento giudiziale, viene prospettato quale iniziativa assunta in buona
fede dalla propria moglie, con sostanziale attribuzione ad altri di responsabilità proprie e
tendenza a vedersi vittima di un errore giudiziario, il che smentisce l’idea stessa di
accettazione della condanna e delle sue conseguenze.
Né può censurarsi come illogica la considerazione della condotta successiva alla
condanna, che del pari è stata ritenuta sintomo di concreta pericolosità in soggetto dotato di
preparazione, senso critico e consapevolezza e quindi perfettamente in grado di percepire il

6

l’interpretazione giurisprudenziale e dottrinale richiedono per la concessione di una misura

disvalore di un intervento di sensibile deprezzamento del bene, da lui stesso abitato al
momento della spoliazione successiva alla sua acquisizione al patrimonio dello Stato, che
contraddice il significato positivo della datio in solutum

e che contravviene gravemente alla

funzione del vincolo imposto e dimostra noncuranza per l’ordine giudiziale finalizzato a
garantirne l’immodificabilità. La difesa censura l’omessa considerazione della successiva
attività di ripristino dello stato dell’immobile: si tratta però di comportamento doveroso ed
imposto dalla denuncia per il delitto di cui all’art. 334 cod. pen., foriera di conseguenze
pregiudizievoli per la posizione esecutiva del ricorrente, che si è tentato di contenere. Ed

sull’attività di volontariato non verificabile per lo svolgimento in province diverse risultano
non decisive, poiché nella valutazione dei giudici di sorveglianza ha assunto rilievo dirimente
il giudizio di perdurante pericolosità sociale.
Deve dunque concludersi che il giudizio sull’assenza di segni indicativi dell’avvio nel
Galan di un processo di rielaborazione critica del vissuto deviante e di un’evoluzione positiva
della sua personalità, oltre che sull’inadeguatezza delle misure dell’affidamento o della
detenzione domiciliare, nonostante le positive conclusione degli operatori sociali, è stato
formulato in perfetta aderenza ai criteri valutativi dettati dai parametri legali di riferimento e
sulla scorta di motivazione, diffusa, compiuta, priva di vizi logici, oltre che del tutto aderente
alle risultanze del procedimento.
Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

anche le considerazioni difensive sull’inadeguatezza dell’impegno lavorativo prospettato e

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA