Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19396 del 14/12/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19396 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SARACENO ROSA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEONE GAETANO N. IL 26/05/1958
avverso l’ordinanza n. 166/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
21/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA ANNA
SARACENO;

4tk144.-i-eliSettsratThAek-v.;

Data Udienza: 14/12/2016

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dott. Ciro
Angelillis, Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte,
che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo
i motivi di ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 21 luglio 2015 la Corte di appello di Catania,

presupposti di legge, l’istanza del condannato Leone Gaetano di applicazione
della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze indicate nella domanda.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Leone, a
mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
Ad avviso del ricorrente, la Corte di appello nel respingere l’istanza
proposta aveva omesso di prendere in considerazione che quello stesso giudice,
in sede di cognizione, con la sentenza del 3.11.2009 aveva riconosciuto la
continuazione tra tutti i reati di estorsione giudicati, commessi dal 1998 al 2004,
con quello di associazione a delinquere di stampo mafioso e con la sentenza del
29.6.2009 aveva riconosciuto la continuazione tra una serie di fatti estorsivi
commessi dal 1992 al 2002; in sede esecutiva, poi, sempre la stessa Corte
aveva riconosciuto la continuazione tra i reati giudicati con la sentenza da ultimo
richiamata (29.6.2009) e le estorsioni giudicate con la sentenza del 26.1.2004. Il
giudice dell’esecuzione aveva prescisso da tali statuizioni, ignorandole
nonostante la loro potenziale refluenza anche sugli altri reati separatamente
giudicati, commessi nel medesimo periodo, e aveva negato il beneficio sulla base
di un itinerario decisorio apodittico, privo di apprezzabile ancoraggio fattuale,
senza procedere ad un esame effettivo dei titoli giudiziari, ma valorizzando in
negativo il numero dei fatti-reato e l’arco temporale non breve in cui i delitti
furono realizzati.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni in appresso
precisate.
1. L’incidente di esecuzione risulta proposto in riferimento ai delitti giudicati
con le seguenti sentenze:

deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava, per assenza dei

- Corte di appello di Catania dell’1/02/1999 di condanna per il delitto di
estorsione continuata, in concorso, ai danni dell’imprenditore edile Accardo
Francesco contestato sino al 15/5/1997;
– Corte di appello di Catania del 26/1/2004 di condanna, riconosciuta la
continuazione, per i delitti di estorsione e di tentata estorsione, rispettivamente
commessi 1’1/12/2001 e 1’8/4/2002 ai danni dell’imprenditore edile Barbagallo
Roberto;
– Corte di appello di Catania dell’11/3/2009 di condanna in continuazione

commessi dal 1997 al 2002;
– Corte di appello di Catania del 29/6/2009 di condanna in continuazione per
una serie di fatti estorsivi commessi dal 1992 al 2002.
1.1 La Corte di appello ha ritenuto di dover respingere la richiesta del
condannato, osservando che l’esistenza a monte di un medesimo disegno
criminoso era palesemente contraddetta dal numero particolarmente elevato di
estorsioni (oltre venti), perpetrate nell’arco di un decennio (1992-2002), su un
vastissimo territorio come quello della zona industriale catanese, nei confronti di
un numero altrettanto ampio di imprenditori. Nel caso esaminato si era in
presenza, piuttosto, dell’attività esecutiva di una generica inclinazione a
delinquere, denotante una scelta di vita, quella di ” vivere con i proventi dei
delitti estorsivi senza il rispetto delle proprietà e della dignità altrui”.
2. Da quanto esposto discende il rilievo della mera apparenza o quanto
meno della palese inadeguatezza della motivazione esposta nell’ordinanza
impugnata che, con osservazioni scarne, di contenuto generico, ha escluso
l’unicità del disegno criminoso, di fatto limitandosi ad argomentare il rigetto
dell’istanza, attraverso l’assertivo richiamo del principio, più volte affermato da
questa Corte, secondo cui l’unicità del disegno criminoso necessaria per la
configurabilità del reato continuato non è identificabile nella generale tendenza
del reo a porre in essere determinati reati o con una scelta di vita che implica la
reiterazione di determinate condotte criminose nè tantomeno nella mera
abitualità a delinquere.
2.1 Ma a tale epilogo decisorio la Corte è pervenuta senza aver preso in
attenta considerazione le singole vicende fattuali e senza esporre, con
completezza e adeguatezza argomentativa, le ragioni del rigetto, ancorandole
non ad affermazioni astratte, ma a dati concreti riguardanti i singoli episodi
criminosi già giudicati: modalità dell’azione, oggetto materiale, tempi, luoghi di
commissione, correi, moventi della condotta.
2.2 L’esistenza di un disegno unitario, requisito di natura psicologica e
quindi interiore al soggetto agente, postula la rappresentazione dei singoli
;

per i delitti di cui all’art. 416 bis cod. pen. e per quattordici episodi estorsivi

episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin dall’inizio
dell’attività illecita; è necessario cioè che l’autore abbia previsto e deliberato in
via generale l’iter criminoso da percorrere e i reati attraverso i quali attuarlo, che
nella loro oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in
essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Ciò che la
disciplina normativa richiede è, dunque, un disegno unitario, sufficientemente
preciso e rintracciabile sin dalla commissione del primo reato, ma non certo che
tutti i singoli reati siano stati progettati e previsti nelle specifiche connotazioni

prescindere da una effettiva disamina delle sentenze che hanno giudicato le
singole vicende criminose, per verificare la ricorrenza o meno di indici che la
giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto significativi in ordine alla
riconducibilità delle singole violazioni all’esecuzione di una medesima, unitaria e
originaria risoluzione criminosa, e che sono costituiti dalla contiguità temporale
dei fatti, dalla tipologia similare dei reati, dalla loro sistematicità, dall’identità di
natura dei beni tutelati, dalla causale e dalle modalità della condotta, dalle
circostanze di tempo e di luogo.
2.3 Ebbene, il provvedimento impugnato prescinde totalmente dai dati
conoscitivi offerti dalle sentenze di condanna, affatto indispensabili per la
ricostruzione a posteriori dell’atteggiamento interiore del soggetto agente, e
risulta tanto più contraddittorio ed illogico nella parte in cui dà prova di non aver
affatto considerato gli accertamenti condotti in sede di cognizione, e
successivamente anche in sede di esecuzione, laddove la continuazione era stata
riconosciuta per il maggior numero delle estorsioni che si collocano nel
medesimo arco temporale, all’interno del quale ricade la consumazione di tutte
le analoghe violazioni dell’art. 629 cod. pen.. giudicate separatamente con le
sentenze pronunciate nei confronti del Leone.
2.4 Va qui riaffermato il principio, secondo il quale “Il giudice
dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non
può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, la
valutazione già operata in fase di cognizione, con riguardo ad episodi criminosi
commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano in tutto o in parte i fatti
oggetto della domanda sottoposta al suo esame, nel senso che le valutazioni
espresse in proposito nel giudizio di cognizione assumono una rilevanza
indicativa da cui il giudice dell’esecuzione può anche prescindere, ma solo previa
dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi
fatti, e soprattutto quelli omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato
riconosciuto, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato
disegno” (Cass. sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, rv. 219529; sez. 1, n.

modali e temporali delle condotte. E a tal fine l’analisi da condurre non può

19358 del 22/02/2012, Nugnes, rv. 252781; sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013,
Marinkovic, rv. 258227).
2.5 Da tale principio discende che, sebbene ai pregressi provvedimenti che
abbiano riconosciuto il vincolo della continuazione non possa riconoscersi alcun
carattere vincolante con riferimento alla deliberazione sull’istanza ex art. 671
cod. proc. pen., proposta dal condannato, anche in considerazione della diversità
e maggiore ampiezza del “petitum”, e sebbene la continenza temporale non
implichi ex se il riconoscimento della continuazione, nondimeno la già ritenuta

altri separatamente giudicati non può essere totalmente ignorato dal giudice
dell’esecuzione, che, sia pure in piena libertà di giudizio, con tale precedente
valutazione e con la relativa ratio decidendi è tenuto comunque a confrontarsi,
salvo discostarsene, motivatamente, in relazione al complessivo quadro delle
circostanze di fatto e giuridiche emergenti dai provvedimenti giudiziali dedotti nel
nuovo procedimento e potendo pervenire anche ad un accoglimento soltanto
parziale della domanda quanto ai reati maturati in un contesto unitario, di più
ravvicinata consumazione e commessi nel medesimo ambito spaziale.
Ai superiori, condivisi principi l’ordinanza impugnata non si è attenuta; si
impone, dunque, il suo annullamento con rinvio alla Corte di appello di Catania,
in diversa composizione ( Corte cost. n. 183 del 2013), perché proceda a nuovo,
più approfondito, esame dell’istanza da condursi in piena libertà, ma alla luce dei
rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello
di Catania.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016

Il CO

igliere es

sore

Il Presidente

sussistenza del disegno unitario affasciante reati cronologicamente prossimi ad

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