Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19395 del 02/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19395 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: TUDINO ALESSANDRINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BORRONI IVANA nato il 22/02/1959 a POTENZA PICENA

avverso la sentenza del 03/07/2017 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRINA TUDINO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
SI DA PER FATTA LA RELAZIONE
LA DIFESA SI RIPORTA AL RICORSO

Data Udienza: 02/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Ancona ha confermato
la decisione del tribunale di Macerata del 7 luglio 2015, che ha condannato
l’imputata alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in ordine al delitto
di produzione e commercializzazione di prodotti realizzati mediante

registrati, per aver abusivamente riprodotto un modello di calzature, oggetto di
privativa.
La corte territoriale ha ritenuto che l’imputata, nella qualità di legale
rappresentante di Tecne 90 S.p.a, avesse consapevolmente realizzato e
commercializzato stivali in gomma che, per le caratteristiche estrinseche del
prodotto, costituivano abusiva riproduzione di analogo modello coperto da
registrazione a cura di Menghi Shoes s.r.l..
2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l’imputata, per mezzo del
difensore, deducendo plurime censure, di seguito enunciate nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen., comma 1.
2.1 Con il primo motivo, deduce vizio di motivazione per aver
erroneamente la corte territoriale ritenuto sottoposto ad adeguato vaglio di
attendibilità il compendio delle prove testimoniali a carico, essendosi il giudice di
primo grado sottratto a tale adempimento mediante una semplicistica
elencazione dei testi d’accusa, ignorando le deposizioni a difesa ed omettendo di
adottare il metodo falsificazionista nella valutazione della prova.
2.2 Deduce, ulteriormente, mancanza di motivazione (secondo motivo)
sulla natura della contraffazione e (terzo motivo) violazione di legge penale, per
non avere il giudice di merito qualificato il fatto ai sensi dell’art. 517 cod. pen., a
fronte di una contestazione generica, operando richiami giurisprudenziali riferibili
all’originario assetto normativo, innovato nel 2009.
2.3 Con il quarto motivo, censura errata applicazione dell’art. 81 cod.
pen. in assenza della specifica indicazione di plurime condotte, invece
genericamente riferite in imputazione ad un medesimo contesto temporale e
giustificate, in motivazione, mediante richiamo ad ogni azione di sfruttamento
economico dell’oggetto di privativa, pur a fronte della contestazione di un reato
necessariamente continuato e dell’evidente diversità del fatto accertato.
2.4 Il quinto ed il sesto motivo deducono vizio di motivazione in
riferimento alla conoscibilità dell’esistenza di un titolo di proprietà industriale,

contraffazione di componenti tutelate da brevetti comunitari depositati e

non avendo sul punto il giudice di merito valutato i testi a discarico ed avendo
omesso di considerare come l’imputata si occupasse solo dell’attività
amministrativa della società e non anche dell’ideazione e produzione degli articoli
commercializzati, con inammissibile affermazione di una responsabilità di tipo
oggettivo.
2.5 D settimo motivo introduce censure motivazionali in riferimento alla

di esperienza correlate al prezzo di mercato ed alla destinazione dei prodotti in
comparazione.
2.6 Affida all’ottavo ed al nono motivo di ricorso censure sulla
motivazione per avere il giudice d’appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta
di prove decisive, avanzata nei motivi nuovi di gravame, e per non avere
ammesso la produzione di documenti atti a comprovare la commercializzazione
dei prodotti in epoca antecedente alla registrazione dei brevetti, e per non aver
disposto perizia sulla contraffazione, richiesta nei motivi d’appello.
2.7 Richiede, infine, emettersi declaratoria di prescrizione, essendo ormai
decorso il termine di estinzione del reato, pur tenuto conto delle sospensioni del
procedimento in seguito a rinvii richiesti dalla difesa, per il tempo di prognosi
della malattia che li ha determinati.
3. Con memoria depositata in data 13 febbraio 2018, la parte civile
Menghi Shoes s.r.l. ha contrastato le censure, richiamando i risultati probatori
del procedimento di merito, univocamente dimostrativi della contraffazione del
prodotto tutelato, verificata mediante comparazione, evidenziando – in punto di
diritto – la pluralità delle condotte oggetto di contestazione ai sensi dell’art. 81
cod. pen., la pubblicazione del brevetto sul Portale dell’Ufficio Europeo della
Proprietà Intellettuale e l’estensione della tutela alle componenti del prodotto, gli
indici di consapevolezza dell’abusiva riproduzione e commercializzazione in capo
all’imputata, la preesistenza dei documenti di cui la difesa ha tardivamente
richiesto la produzione in appello e la superfluità di accertamenti tecnici peritali,
l’errato computo del termine di prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.
2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente deduce
errori del giudizio probatorio e della motivazione in riferimento all’elemento
oggettivo del reato, sono infondati.

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riconoscibilità della contraffazione da parte del consumatore, secondo massime

2.1 Devesi, innanzitutto, rilevare come la responsabilità dell’imputata sia
stata affermata all’esito di un duplice conforme accertamento operato dal
tribunale e dalla corte d’appello, con conseguente integrazione dei percorsi
giustificativi delle sentenza di merito ai quali occorre fare riferimento per
valutare la congruità della motivazione. In siffatte ipotesi, inoltre, il vizio di
travisamento della prova per utilizzazione di un’informazione inesistente nel
materiale processuale o per omessa valutazione di una prova invece decisiva può

lett. e) cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti – con
specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la
prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del
provvedimento di secondo grado (cfr., Sez. 5, 13.2.2017 n. 18.975, Cadore;
Sez. 2, 18.11.2016 n. 7.986, La Gumina; Sez. 2, 24.1.2007 n. 5.223, Medina),
mentre sussiste comunque la preclusione alla deducibilità del vizio di cui all’art.
606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. in relazione a quelle parti della
sentenza che abbiano esaminato e valutato in modo conforme elementi istruttori,
suscettibili di autonoma considerazione, comuni al primo ed al secondo grado di
giudizio (Sez. 5, Sentenza n. 18975 del 13/02/2017 Ud. (dep. 20/04/2017) Rv.
269906N. 5223 del 2007 Rv. 236130) fermo restando – anche a seguito della
modifica apportata all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. dalla I. n. 46 del 2006 la non deducibilità del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte
di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, Sentenza n. 25255 del
14/02/2012 Ud. (dep. 26/06/2012) Rv. 253099).
2.2 Va ulteriormente rilevato come – fermi restando il limite del
“devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della
valutazione nel merito del risultato probatorio – il vizio di travisamento della
prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del
processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace
solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento
probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa
del dato processuale/probatorio (Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014
Ud. (dep. 03/02/2014) Rv. 258774, N. 24667 del 2007 Rv. 237207) ed investa
elementi decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero
contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da
quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza
e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle

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essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo,

risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito
(Sez. 4, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007 Ud. (dep. 28/09/2007) Rv.
237652).
2.3. Nel caso in esame, non solo non si ravvisa una ingiustificata
valutazione della prova d’accusa, avendo i giudici di merito complessivamente
apprezzato tutte le prove acquisite, ma non risulta che la decisione di merito si

tenuta logica della motivazione. Di guisa che il ricorrente si limita ad importare
nel giudizio di legittimità parte dell’istruttoria di merito su cui si richiede
impropriamente alla corte di esprimersi, ed a ribadire la tesi difensiva già
respinta nei due gradi di merito tornando, ancora in questa sede, a sottolineare
circostanze che non inficiano la ricostruzione della condotta.
2.4 La motivazione della sentenza impugnata si confronta, invece,
esplicitamente con le censure articolate nell’atto di gravame, operando la
ragionevole valutazione di attendibilità dei testi, la coerente lettura degli ulteriori
e decisivi elementi di prova e la corretta qualificazione giuridica dei fatti. Risulta,
in particolare, che le sentenza di merito abbiano ragionevolmente conferito
rilievo essenziale alla comparazione dei modelli strutturali di cui si assume la
falsificazione ed alla registrazione del modello ornamentale oggetto di abusiva
riproduzione; elementi rispetto ai quali la pretesa sottovalutazione della prova a
discarico assume valore del tutto recessivo, non avendo la difesa dedotto
specifici punti idonei a contrastare la portata dimostrativa della accertata
contraffazione per imitazione del modello tutelato. Di guisa che le censure
sollevate esorbitano dal novero di quelle sottoponibili al sindacato di questa
Corte di legittimità, attingendo questioni di merito affrontate nel giudizio di
appello con argomentazioni complete e plausibili.
3. E’ parimenti infondata la censura di cui all’ottavo ed al nono motivo di
ricorso, e relativa alla mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello, richiesta
dalla difesa, mediante acquisizione di documentazione ed espletamento di
perizia.
3.1 Quanto al primo profilo, la sentenza impugnata dà atto (pag. 2) della
produzione di documenti, allegati alla memoria difensiva, di cui non era
necessaria alcuna ammissione integrativa ex art. 603 cod. proc. pen. (V. per
tutte Sez. 5, Sentenza n.32427 del 11/05/2015Ud. (dep. 23/07/2015) Rv.
268848), implicitamente contrastandone in motivazione (pag. 5) l’efficacia
dimostrativa, a fronte delle risultanze della causa civile, rispetto alle quali il
ricorrente non svolge censura alcuna.

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sia fondata sulla valorizzazione di elementi unidirezionali che abbiano inficiato la

3.2 Con riferimento alla richiesta di perizia, va rilevato come il sindacato
che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della
motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta
di rinnovazione del dibattimento, non può mai essere svolto sulla concreta
rilevanza dell’atto da acquisire, me deve esaurirsi nell’ambito del contenuto
esplicativo del provvedimento adottato (Sez. 3, Sentenza n.7680 del
13/01/2017Ud. (dep. 17/02/2017) Rv. 269373, N. 37624 del 2007 Rv. 237689)

base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o
contraddizioni, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti
punti di decisiva rilevanza (Sez. 2, Sentenza n.40855 del 19/04/2017Ud. (dep.
07/09/2017 ) Rv. 271163, N. 48630 del 2015 Rv. 265323, N. 17607 del 2016
Rv. 266623, n. 1400 del 2014, Rv 261799). Di guisa che nel dibattimento del
giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia può essere disposta soltanto se
il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti e, in caso
di rigetto della relativa richiesta, la valutazione del giudice di appello, se
logicamente e congruamente motivata, è incensurabile in cassazione, in quanto
costituente giudizio di fatto (Sez. 2, Sentenza n.36630de115/05/2013Ud. (dep.
06/09/2013 ) Rv. 257062, N. 6911 del 1992„ N. 4646 del 1999 Rv. 213086).
3.3. Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata come il giudice
abbia ritenuto “del tutto superfluo…il richiesto espletamento di una perizia ai
sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. applicabile solo in caso di assoluta necessità”
proprio alla luce della diretta verificazione per comparazione dell’imitazione,
ritenuta di tale efficacia dimostrativa da corroborare utilmente gli apporti
consu lenzi ali.
E tale motivazione appare idonea a soddisfare l’onere di giustificazione,
alla luce dell’ampia rassegna delle prove e delle argomentazioni articolate nella
sentenza impugnata (V. Sez. 2, Sentenza n.19929 del 23/02/2017Ud. (dep.
26/04/2017) Rv. 270313), in assenza di profili di contraddittorietà che non
risultano analiticamente prospettati nei motivi di ricorso rispetto al tessuto
motivazionale.
3.4 Né rileva che il giudice d’appello abbia omesso di pronunciare
autonoma ordinanza sulle richieste ex art. 603 cod. proc. pen, in quanto
“L’omessa pronuncia dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di rinnovazione del
dibattimento non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e,
comunque, non integra alcuna nullità di ordine generale (artt. 178 e 180 c.p.p.)
sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell’imputato

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ed è ammissibile solo qualora sussistano, nell’apparato motivazionale posto a

preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all’art. 111 Cost., posto che le
ragioni della difesa sono salvaguardate dalla previsione di cui all’art. 603 c.p.p.,
comma 1, e, quindi, dalla facoltà, esercitabile ex ante, di articolare e illustrare le
richieste di prova, mentre ex post il provvedimento decisorio non è
autonomamente impugnabile; inoltre, le ragioni della difesa sono, comunque,
tutelate, in quanto possono essere fatte valere in sede di impugnazione avverso

Rv. 260790, Sez. 5, Sentenza n. 12443 del 20/01/2005 Rv. 231682).
4. Infondato anche il terzo motivo di ricorso, relativo alla qualificazione
giuridica del fatto.
4.1 Secondo il consolidato orientamento di legittimità, l’art. 473 cod. pen.
esige la contraffazione, che consiste nella riproduzione integrale, in tutta la sua
configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno
distintivo, ovvero la alterazione, che ricorre quando la riproduzione è parziale,
ma tale da potersi confondere col marchio originario o col segno distintivo. La
fattispecie declinata dall’art. 517 cod. pen. prescinde, invece, dalla falsità,
rifacendosi alla mera, artificiosa equivocità dei contrassegni, marchi ed
indicazioni illegittimamente usati, tali da ingenerare la possibilità di confusione
con prodotti similari da parte dei consumatori comuni (V. Sez. 5, Sentenza
n.38068 del 09/03/2005Ud. (dep. 19/10/2005) Rv. 233072). I due reati sono
connotati dalla diversità del bene giuridico tutelato, in quanto il primo ha per
oggetto la tutela della fede pubblica e richiede la contraffazione o l’alterazione
del marchio e/o del segno distintivo della merce, laddove il reato di cui
all’art.517 cod. pen. ha per oggetto la tutela dell’ordine economico e richiede la
semplice imitazione del marchio, non necessariamente registrato o riconosciuto,
purchè detta imitazione sia idonea a trarre in inganno gli acquirenti (Sez. 5,
Sentenza n.31482 del 19/06/2007Ud. (dep. 02/08/2007) Rv. 237578).
4.2 Nel caso in esame, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione
dei principi evidenziati, in presenza di una condotta di alterazione per imitazione
dei c.d. modelli ornamentali registrati dalla Menghi srl, consistita nella
riproduzione degli elementi emblematici strutturali e di maggior risalto del
modello brevettato, in modo tale da causare la confondibilità dell’oggetto
contraffatto con il prodotto originario, o comunque da ingenerare una falsa
rappresentazione della provenienza del prodotto, in considerazione dell’insieme
delle caratteristiche costruttive ed estetiche dei modelli confrontati (Sez. 5,
Sentenza n.16709 del 05/02/2016Ud. (dep. 21/04/2016) Rv. 266698); in
particolare, la sentenza impugnata evidenzia come sia stato integralmente

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la sentenza” (Sez. 2, Sentenza n.47695 del 16/10/2014Ud. (dep. 19/11/2014)

riprodotto per imitazione un modello dotato di forte capacità identificativa, in
considerazione delle componenti tutelate, sottolineando l’irrilevanza – rispetto
alla complessiva identificazione del prodotto – dell’assemblaggio di parti rispetto
all’unitarietà del calco.
5. In punto di attitudine della contraffazione alla confondibilità con il
prodotto originale, va poi rilevato – in riferimento al quinto ed al settimo motivo
di censura – da un lato come la diretta comparazione abbia evidenziato una

«Ai fini della configurabilità del reato di contraffazione, alterazione o uso di
marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 cod.
pen.), nessun rilievo spiega la cosiddetta contraffazione grossolana, considerato
che il bene tutelato in via principale e diretta dalla fattispecie incriminatrice, non
è la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come
affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere
dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Si tratta,
pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la
realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile
qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da
escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno, similmente a
quanto richiesto per l’ipotesi del reato di cui all’art. 474 cod. pen., considerato
che ferma la diversità della condotta caratterizzanti le due fattispecie, la
“res”oggetto della condotta è la medesima, di guisa che ricorrendo la

ratio”

“eadem

si applica analogo principio» (Sez. 5, Sentenza n.21049 del

26/04/2012Ud. (dep. 31/05/2012) Rv. 252974, N. 31451 del 2006 Rv. 235214,
N. 11240 del 2008 Rv. 239478, N. 33324 del 2008 Rv. 241347, N. 40556 del
2008 Rv. 241723, N. 26263 del 2010 Rv. 247684, N. 20944 del 2012 Rv.
252836).
6. Quanto, invece, al versante soggettivo dell’imputazione, analogamente
infondati i motivi di censura in ordine al dolo.
La sentenza impugnata dà conto – con motivazione razionale che si
sottrae a censure in sede di legittimità – degli indicatori del dolo generico
richiesto dalla norma incriminatrice, evidenziando, da un lato, la pubblicazione
sul Portale dell’Ufficio Europeo della Proprietà Intellettuale della registrazione
delle componenti identificative del modello, con conseguente pubblicità legale del
titolo di privativa, soprattutto nell’ambito delle aziende produttrici di beni
analoghi; dall’altro, gli obblighi strumentali di verifica che sull’imputata, nella
qualità di legale rappresentante, incombevano. A siffatta valutazione la corte

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pedissequa imitazione delle componenti strutturali identificative, dall’altro che

territoriale ha opportunamente affiancato la dimostrazione in positivo della
conoscenza della produzione, valorizzando a riguardo gli ingenti investimenti
strumentali per la realizzazione del prodotto che l’imputata, nella posizione
aziendale di addetta all’amministrazione sottolineata dalla difesa, ben conosceva.
7. E’ privo di fondamento il quarto motivo di ricorso, che censura la
ritenuta continuazione, sussistente in quanto in tema di contraffazione,
alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali,

acquisti a fini produttivi risponde del delitto previsto dall’art. 473 cod. pen. non
solo con riferimento alla realizzazione o all’acquisto di questo strumento, ma
anche, a titolo di continuazione, per le successive condotte, da lui poste in
essere, di lavorazione e commercializzazione dei beni realizzati con tale mezzo»
(Sez. 6, Sentenza n.15646 del 17/02/2015Ud. (dep. 15/04/2015) Rv. 263073).
8. Non è, infine, fondato il rilievo relativo all’intervenuta estinzione del
reato per prescrizione. In considerazione delle sospensioni del termine di
prescrizione, risulta dagli atti che il dibattimento è stato rinviato per
impedimento del difensore dal 19 marzo al 10 aprile 2012, dal 29 gennaio al 28
ottobre 2013, dal 23 marzo al 20 luglio 2015; differimenti che, computati
secondo il disposto di cui all’art. 159 comma I n.3 cod. proc. pen., hanno
determinato una sospensione complessiva del dibattimento di 141 giorni, che
individuano la data di prescrizione al 20 aprile 2018.
9. I motivi di ricorso sono, pertanto, tutti infondati.
10. A tanto consegue la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc.
pen., al pagamento delle spese processuali, mentre non sussistono le condizioni
per disporre la condanna alla refusione delle spese di costituzione nel grado della
parte civile che, pur avendone richiesto con memoria la liquidazione, non è
comparsa in udienza (V. Sez. 5, Sentenza n.47553 del 18/09/2015, n. 35298 del
2003 Rv. 226165, n. 17057 del 2011 Rv. 250062, n. 41287 del 2012 Rv.
253613, n. 38713 del 2014 Rv. 260520, n. 43484 del 2014 Rv. 261302, n.
44396 del 2015).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

l’autore di uno stampo per la contraffazione di singoli componenti o chi lo

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