Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19389 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19389 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRUGNONI RICCARDO N. IL 17/05/1981
BADINI ANDREA MARIA N. IL 12/12/1954
avverso la sentenza n. 1508/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
24/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott.
che ha concluso per ;-f
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 17/04/2013

1Brugnoni e Badini

Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Arezzo ha affermato la responsabilità degli imputati in epigrafe in
ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza
del lavoro in danno di Mantegna Massimo e li ha altresì condannati al risarcimento del
danno nei confronti delle parti civili. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello
di Firenze.

circa 8 metri all’interno di un cantiere, intento all’installazione delle lastre di copertura del
tetto di un capannone. Improvvisamente perdeva l’equilibrio e cadeva al suolo riportando
lesioni letali.
Agli imputati, nelle vesti di garanti, sono stati mossi diversi addebiti colposi: la
mancanza di un idoneo e completo sistema di trattenuta, il mancato allacciamento della
cintura di sicurezza del lavoratore all’unica fune presente, la mancanza della rete di
protezione anticaduta, la mancanza di requisiti tecnicoprofessionali dell’azienda che aveva
assunto l’appalto e dei lavoratori che vi prestavano servizio.
Secondo la valutazione dei giudici di merito l’imputato Brugnoni era il preposto al
cantiere per conto della società Edilcover che aveva assunto il subappalto del montaggio
degli elementi del tetto. Il Badini era invece il direttore di cantiere della società Stimet che
aveva assunto l’appalto della costruzione del capannone.
Ricorrono per cassazione gli imputati.

2. Brugnoni Riccardo propone quattro motivi.

2.1 Con il primo motivo si deduce che illegittimamente la Corte territoriale ha
ritenuto l’inesistenza del legittimo impedimento del difensore di fiducia a presenziare
all’udienza, a causa di un concomitante impegno in altra udienza anteriormente fissata. La
Corte ha apoditticamente ritenuto la tardività dell’istanza in questione ed ha provveduto a
nominare un difensore di ufficio.

2.2 Con il secondo motivo si lamenta che ingiustificatamente non è stato concesso

al difensore di ufficio un termine per preparare la difesa.

2.3 Con il terzo motivo si censura la ritenuta esistenza di una posizione di
garanzia in capo al ricorrente. Incongruamente si è ritenuta l’esistenza di qualifica di
preposto al cantiere, nonostante egli fosse stato precariamente assunto con un contratto
di collaborazione a progetto e non potesse per ciò solo ricoprire nella compagine sociale
alcun ruolo apicale o di responsabilità. Incongruamente si è tratto argomento dalle
dichiarazioni di alcuni lavoratori e dalla partecipazione ad un incontro sulla sicurezza in
rappresentanza della azienda per la quale esercitava attività lavorativa. Si è trascurato
che la posizione di garanzia può essere trasferita a persona diversa dal datore di lavoro
solamente sulla base di espressa delega che nella specie non esisteva.

Secondo quanto ritenuto dei giudici di merito il lavoratore si trovava all’altezza di

2.4 Con il quarto motivo si censura la ritenuta inesistenza di concorso di colpa del
lavoratore, così escludendo una valutazione personalizzata ed approfondita del ruolo della
condotta del ricorrente.

3. Badini Andrea deduce diversi motivi.
Con il primo motivo si espone che il giudice di merito ha ritenuto diversi addebiti
colposi senza verificare, con indagine controfattuale, la loro rilevanza causale. Si
considera che l’evento è dovuto precipuamente al contegno volontario del lavoratore che

circostanza le presunte condotte colpose sono eAiologicamente irrilevanti eccezion fatta
per la mancata collocazione della rete anticaduta che avrebbe senz’altro salvato il
lavoratore. Tuttavia è emerso che tale rete è sempre stata presente e montata all’interno
del cantiere fino all’interruzione delle lavorazioni intorno al 20 febbraio 2005, dovuta ad
una forte nevicata. In tale periodo ha avuto luogo la rimozione della rete, costituente una
condotta attiva colposa che tuttavia, determinando un decorso anomalo ed atipico della
serie causale, si pone come un fattore sopravvenuto da solo sufficiente a produrre
l’evento ai sensi dell’articolo 41, comma 2, cod. pen. In ogni caso rispetto alla rimozione
della rete non può essere mosso alcun addebito all’imputato posto che l’operazione è
avvenuta in sua assenza ed a sua insaputa.
Si prospetta altresì che l’imputato, a seguito di malattia, era stato assente dal
cantiere dal 20 febbraio al 10 marzo 2005, giorno dell’incidente ed aveva ripreso servizio
in cantiere solo pochi minuti prima dell’infortunio, accedendo ad un’area distante da
quello costituente teatro del sinistro, che richiedeva la sua urgente presenza. Tali
circostanze sono emerse inequivocabilmente da due testimonianze. Da una di esse è in
particolare emerso che la presenza nel cantiere era iniziata mezz’ora o tre quarti d’ora
prima della caduta. Tale circostanza è confermata dall’ufficiale di polizia giudiziaria
intervenuto subito dopo l’incidente, il quale ha riferito che il cantiere era molto grande e
che l’imputato non era ancora a conoscenza dell’episodio ma si presentò immediatamente
vedendo giungere l’ambulanza. La questione era stata ampiamente prospettata nei motivi
d’appello ma la Corte territoriale si è disinteressata della questione, limitandosi ad
affermare l’esistenza di un unico cantiere. Escluso il dono dell’ubiquità, considerato che
l’imputato era giunto in cantiere da pochi minuti e non aveva ancora fatto accesso al
capannone nel quale ha avuto luogo il sinistro, non era in condizione di poter accertare la
rimozione della rete anticaduta che proprio lui era stato fermamente

deciso a fare

installare.
Inoltre la Corte d’appello è giunta ritenere che l’imputato avrebbe poi dovuto
preoccuparsi di farsi sostituire durante la sua assenza, trascurando che un adempimento
di tale genere può essere deliberato soltanto da organismi di vertice dell’azienda. In
conclusione con la collocazione della rete di sicurezza, il ricorrenete aveva posto in essere
una condotta prudente e diligente che esaurisce i doveri dell’agente modello.

3.2 Con il secondo motivo si censura il mancato riconoscimento della condotta
colposa del lavoratore per l’omesso aggancio della cintura di sicurezza alla corda di

ha omesso di agganciarsi alla fune di sicurezza per evitare la caduta. Rispetto a tale

z

trattenuta. Ci si limita a considerare che la vittima stava svolgimento l’attività
assegnatagli, trascurando, appunto, il mancato aggancio alla fune. Si è con tutta evidenza
in presenza di una condotta imprudente con un ruolo concorsuale di cui si sarebbe dovuto
tener conto.

4.1 ricorsi sono infondati.

4.1 La ritenuta tardività dell’istanza di differimento è ineccepibile. Tale istanza è
pervenuta il giorno 14 ottobre 2011 in vista dell’udienza del 24 ottobre; e fa riferimento

e, dunque, in un’epoca che avrebbe consentito la rideterminazione della data d’udienza in
appello, ove si fosse provveduto con la necessaria speditezza a rappresentare quanto
dovuto.
4.2 Quanto al termine a difesa è sufficiente rammentare la ripetuta e condivisa
giurisprudenza di questa Corte suprema (da ultimo, tra le tante, Cass. H, 10 gennaio
2007, Rv. 236123) secondo cui la previsione della concessione di un termine a difesa al
nuovo difensore, nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità e di abbandono della
difesa ad opera del precedente difensore, non trova applicazione nelle situazioni in cui il
giudice designa un sostituto del difensore non comparso, in quanto quest’ultimo ha solo
momentaneamente sospeso la sua funzione (Corte cost., sent. n. 450 del 1997 e ord. n.
17 del 2006). D’altra parte, nel caso di specie tale termine non era stato neppure
richiesto.
4.3 Nel merito, la sentenza impugnata considera che non vi è dubbio che il
Brugnoni svolgesse le mansioni di preposto di cantiere alla luce delle deposizioni di diversi
lavoratori i quali hanno riferito che tale figura aveva piena disponibilità della gestione
delle lavorazioni. Tale circostanza trova conferma nella partecipazione dell’imputato ad
una riunione alla quale avevano partecipato tutti i soggetti coinvolti nella sicurezza del
cantiere. La pronunzia mette in luce la grave mancanza di qualificazione di tutto il
personale operaio che era utilizzato nell’esecuzione dei delicati lavori: si trattava di
persone prive di esperienza specifica che non avevano ricevuto un insegnamento in
materia di sicurezza. Si aggiunge che il preposto Brugnoni, dopo avere con difficoltà fatto
apporre la rete anticaduta, ritenendola superflua, l’aveva fatta rimuovere alla prima
occasione.
Quanto all’altro imputato la pronunzia considera che, sebbene la delega ricevuta
in ordine alla responsabilità della gestione del cantiere non fosse completa e tale da
esonerare il datore di lavoro, non vi è dubbio che il documento implicasse un incarico
gestionale quanto al ridetto cantiere. In tale veste gli va attribuito l’addebito di aver
omesso ogni iniziativa volta a controllare la persistente presenza della rete di protezione e
di idoneità del sistema delle funi di trattenuta, nonché l’idoneità professionale del
personale che lavorava per la azienda subappaltatrice. L’imputato era presente in cantiere
il giorno dell’infortunio. Le condizioni delle lavorazioni erano quindi sotto i suoi occhi dato
che la distanza di qualche decina di metri dal punto in cui sarebbe precipitato il lavoratore

ad un concomitante impegno presso il Tribunale di Arezzo noto già in data 11 aprile 2011

non gli impediva di vedere le vistose mancanze antinfortunistiche come l’assenza della
rete di protezione e di idonei agganci per le cinture.
Infine si argomenta l’esclusione di ogni concorso di colpa della vittima. Il
lavoratore era intento al lavoro demandatogli. D’altra parte il mancato aggancio della
cintura alla fune trova spiegazione nella assenza di idonei agganci che gli consentissero di
svolgere adeguatamente il lavoro affidatogli.
Tali valutazioni sono basate su diverse e significative acquisizioni probatorie, sono
conformi ai principi e non mostrano vizi logici. Esse, in conseguenza, non possono essere
sindacate nella presente sede di legittimità, tanto più che le censure difensive tendono in
del Brugnoni viene tratteggiata in guisa che essa va ritenuta come macroscopica. Egli,
infatti, ostacolò in vario modo l’apposizione della rete di sicurezza che avrebbe evitato
l’evento. Né si può qui discutere l’argomentato apprezzamento in fatto in ordine
all’accertamento del ruolo di preposto.
Valutazioni non del tutto dissimili valgono per Badini. E’ un dato di fatto che il
giorno del sinistro egli era in servizio nel cantiere ed era quindi in condizione di rilevare
l’assenza delle necessarie misure di sicurezza. Le argomentazioni difensive volte a
dimostrare che lo stato dei luoghi non consentiva di riscontrare tali mancanze
costituiscono un improprio tentativo di riproporre nella presente sede di legittimità
accertamenti propri della sede di merito ed esperiti in tale ambito.
Pure immune da censure la valutazione sulla condotta del lavoratore. Egli, in
effetti, era costretto ad operare nelle insicure condizioni di cui si è detto e non gli si può
far colpa di essersi ad esse acconciato. D’altra parte il mancato aggancio alla corda di
trattenuta trova una razionale spiegazione in fatto nella assenza di idonei agganci che
consentissero di svolgere adeguatamente il lavoro affidatogli: apprezzamento in fatto qui
non sindacabile.
I ricorsi vanno conseguentemente rigettati. Segue per legge la condanna al
pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di parte civile che
appare congruo liquidare come in dispositivo.
PQ M
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Musanti Tiziana e
Mantega Massimo, liquidate in complessivi euro 3000 oltre Iva e Cpa.

Roma 17 aprile 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Marco BLAIOTTA)

IL PRESIDENTE
.„‘ (Pietro Antonio SIRENA)

larga misura a sollecitare impropriamente la riconsiderazione del merito. La responsabilità

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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