Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19382 del 28/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19382 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLITI GIUSEPPE N. IL 15/03/1952
TAUS GIOVANNI N. IL 14/09/1936
avverso la sentenza n. 1504/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
05/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott, MARCO DELL’UTRI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F
che ha concluso per
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Data Udienza: 28/03/2013

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Ritenuto in fatto
— Con sentenza resa in data 8/15.2.2011, il tribunale di Pesaro, sezione distaccata di Fano, ha condannato Giuseppe Politi e Giovanni Taus, unitamente a Daniele Rossi, alla pena di un mese e dieci
giorni di reclusione ciascuno, in relazione al reato di lesioni colpose
gravi commesso, con violatone delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro, in data 31.5.2006, ai danni di Armando Azzolini,
sodo lavoratore di una società coinvolta nei lavori aperti all’interno
di un cantiere edile sito in Mondavio, per avere gli imputati colpevolmente omesso di compiere le azioni dagli stessi dovute al fine di
impedire l’evento lesivo nelle rispettive qualità, il Politi, di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori nel citato cantiere, e di direttore di lavori per la parte strutturale e impiantistica, e il
Taus, di legale responsabile della TA.MI.BA . s.r.1., società committente delle opere de quibus.
In particolare, al Politi era stato contestato di non aver verificato, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, in violazione dell’art. 5, comma i, del d.lgs. n. 494/96, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza coordinamento (PSC) e dei piani operativi di
sicurezza (POS) predisposti dalle imprese esecutrici, non effettuando,
nella duplice qualità richiamata, le necessarie riunioni e i sopralluoghi, e omettendo di vigilare sulla corretta gestione del cantiere, consentendo in particolare l’esecuzione dei lavori nel vano ascensore
all’interno del quale si era verificato l’infortunio de quo, in occasione
del quale l’Azzolini era precipitato, da un’altezza superiore a due metri, da un precario piano di calpestio allestito sul montante orizzontale della struttura in ferro del ridetto vano ascensore.
A sua volta, al Taus, era stato contestato di non aver verificato
l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro impartite e contenute nel piano di sicurezza e coordinamento (art.
6, comma 2, digs. n. 494/96).
Con sentenza in data 5.6.2012, la corte d’appello di Ancona, in
parziale riforma della richiamata sentenza del tribunale pesarese, ha
concesso a Giovanni Tana la sospensione condizionale della pena e a
Giuseppe Ponti la non menzione della condanna nel certificato penale, disponendo, nel resto, l’integrale conferma della sentenza di primo
grado.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del comune difensore,
hanno proposto ricorso per cassazione Giuseppe Politi e Giovanni
Tana sulla base di tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, in relazione alla posizione di Giuseppe Politi, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazio2.1. –

i.

ne di legge in relazione all’art. 5, comma i, lett. a), del d.lgs. n.
494/96, oltreché difetto di contestazione ex arti. 521 e 522 c.P.P..
In particolare, si duole il ricorrente della contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, giudica ‘non
condivisibile’ l’addebito rivolto al Politi in ordine alla presunta vaghezza delle disposizioni contenute nel piano operativo di sicurezza e,
dall’altro, ritiene infondata l’impugnazione della sentenza di primo
grado nella parte in cui investe la statuizione di responsabilità degli
imputati.
Sotto altro profilo, secondo la prospettazione del ricorrente, la
sentenza impugnata incorre in evidenti distorsioni e/o forzature logico-giuridiche in relazione all’applicazione dell’art. 5, comma i, lett.
a), digs. n. 494/96, da un lato erroneamente affermando la spettanza, in capo al coordinatore per la sicurezza, di poteri a contenuto impeditivo (in evidente violatone del principio di correlazione tra accusa e sentenza) e, dall’altro, in contrasto con la lettera della norma richiamata, non riconosce il positivo contenimento delle responsabilità
del coordinatore per la sicurezza nell’assolvimento di compiti di reciproca informazione tra più imprese simultaneamente operanti in un
medesimo cantiere, con particolare riguardo alle situazioni di potenziale pericolo emergenti in caso di interferenze operative tra loro: interferenze nella specie del tutto inesistenti, atteso che l’infortunio occorso a carico dell’Azzolini era avvenuto nell’ambito di un’attività organizzata ed eseguita in via esclusiva dall’unica impresa, la F.D.A.
Costruzioni, di cui lo stesso Azzolini è socio lavoratore.
2.2. — Con il secondo motivo, sempre con riguardo alla posizione di Giuseppe Politi, il ricorrente censura la sentenza impugnata
per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 5 del
d.188. n. 494/96.
Sul punto, il ricorrente si duole che la corte territoriale abbia
riconosciuto, in capo al Politi, una posizione di garanzia ‘diretta’ a tutela dell’incolumità dei ‘singoli’ lavoratori e non già, in conformità al
dettato legislativo, nei confronti delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in quanto parte della complessa organizzazione del
cantiere, dovendo ricondursi la tutela del singolo lavoratore
all’ambito dei doveri di sorveglianza e di controllo diretto del proprio
datore di lavoro, se dipendente di un’impresa, ovvero di se stesso, in
caso di lavoratore autonomo, senza alcuna confusione operativa tra le
figure del coordinatore per l’esecuzione dei lavori e il datore di lavoro.
In particolare, anche in conformità all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, il ricorrente censura la
sentenza impugnata per aver ascritto al coordinatore per la sicurezza
compiti che allo stesso non spettano, quale quello consistente in un

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puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, e non già quello, configurabile su un diverso piano, avente a
oggetto la generale configurazione delle lavorazioni.
Nella specie, peraltro, anche i poteri interdittivi, dalla corte
territoriale richiamati come spettanti alla responsabilità del coordinatore, avrebbero potuto essere esercitati dal Politi esclusivamente in
costanza di presupposti, nell’occasione de qua del tutto assenti, quali
la sussistenza di un pericolo grave e imminente e in relazione a una
situazione di fatto direttamente riscontrata.
Sotto altro profilo, la corte territoriale ha omesso di prendere
nella dovuta considerazione la circostanza che il piano realizzato
all’interno del vano ascensore dal quale l’Azzolini era precipitato, era
stato predisposto proprio da quest’ultimo due o tre giorni prima
dell’infortunio con modalità del tutto difformi rispetto alle indicazioni del piano di sicurezza e coordinamento, con la conseguenza che
tale fatto (del tutto estraneo alla ‘generale configurazione delle lavorazioni’ quale parte integrante dei doveri di vigilanza del coordinatore) avrebbe dovuto essere riguardata, dai giudici del merito, quale
circostanza di carattere istantaneo e occasionale, dovuta all’imprudente comportamento e agli errori di valutazione compiuti dal medesimo lavoratore infortunato, tenuto altresì conto della dimostrata
presenza assidua e costante del Politi sul cantiere, come attestato dalle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato in sede d’indagini preliminari.
2.3. — Con il terzo motivo, in relazione alla posizione di Giovanni Taus, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione all’articolo 6, comma 2, e all’art. 5, comma 1,
lett. a), digs. n. 494/96.
In particolare, il ricorrente si duole che la corte d’appello abbia
solo genericamente individuato gli obblighi pretesamente violati dal
committente nelle lavorazioni eseguite nel cantiere de quo, senza tener conto dell’ambito entro il quale le responsabilità di controllo del
committente possono ritenersi legislativamente rilevanti, nella specie
coincidenti con la generale configurazione delle prescrizioni di sicurezza, e non già con la singola contingente situazione di rischio,
nell’occasione immediatamente inerenti i rischi specifici delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in conformità
all’insegnamento sul punto dettato dalla giurisprudenza di legittimità.
Considerato in diritto
3.1. — I primi due motivi di ricorso (congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte) sono
infondati.

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Dev’essere preliminarmente disattesa la censura di contraddittorietà sollevata dal ricorrente nelle premesse del primo motivo di
ricorso, avendo la corte territoriale espressamente sottolineato, senza
alcuna incertezza, il carattere incontestabile della violazione, da parte
del Politi, delle prescrizioni sullo stesso incombenti a tutela del lavoratore nella specie infortunato, nessuna incidenza potendo riconoscersi, rispetto a tale rilievo, al passaggio contenuto nella motivazione
della sentenza impugnata laddove, pur non condividendo (“almeno
nella sua assolutezza) l’accusa di `vaghezza’ delle disposizioni contenute nel piano operativo per la sicurezza, ribadisce come la circostanza che l’imputato fosse a conoscenza della realizzazione degli impalcati nel vano ascensore avrebbe dovuto in ogni caso indurlo a verificare la corretta esecuzione dei piani di lavoro, da parte del lavoratore infortunato, senza delegare a quest’ultimo ogni incombente riferibile al controllo della verifica della loro realizzazione in conformità
alle norme antinfortunistiche.
Sul punto, la corte territoriale, con motivazione dotata di adeguata linearità sul piano logico e del tutto conseguente in termini argomentativi, ha ragionevolmente ascritto alla posizione funzionale
assunta dal Politi (coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione)
la concreta sussistenza di precisi doveri d’iniziativa e di responsabilità, sul piano della conoscenza effettiva dei processi lavorativi in corso
e dei necessari accorgimenti funzionali alla preservazione della tutela
delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori impegnati nelle
lavorazioni riguardanti l’appalto oggetto dell’odierno giudizio.
Giova, sul punto, osservare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, in tema di prevenzione antinfortunistica,
al coordinatore per l’esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta
osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 27442/2008,
Rv. 240961; Cass., Sez. 4, Il. 32142 /2011, Rv. 251177), spettando al
coordinatore per l’esecuzione dei lavori la titolarità di un’autonoma
posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari
delle norme antinfortunistiche (Cass., Sez. 4, n. 38002/2008, Rv.
241217; CaSS., Sez. 4, n. 18472/2008, Rv. 240393), e comprende, non
solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la loro effettiva predisposizione, nonché il controllo
continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, non-

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ché, infine, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza,
degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione (Cass.,
Sez. 4, n. 46820/2011, Rv. 252139).
Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è dunque tenuto a
verificare, attraverso un’attenta e costante opera di vigilanza, l’eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere (Cass.,
Sez. 4, n. 46820/2011, ult. cit.), e tanto, in relazione a ciascuna fase
dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione (Cass., Sez. 4, n.
32142/2011, cit.).
Nel caso di specie, la corte ha logicamente tratto, dall’accertata
avvenuta acquisizione della conoscenza, da parte dell’imputato, della
necessità di procedere all’esecuzione di lavorazioni all’interno del vano ascensore aperto all’interno del fabbricato in corso di costruzione,
l’insorgenza dello specifico dovere, riferibile alla sua posizione funzionale, di provvedere all’immediata adozione di tutte le cautele concretamente necessarie a impedire che l’esecuzione di attività lavorative all’interno di tale vano potesse costituire un potenziale pericolo
per l’incolumità dei lavoratori ivi coinvolti.
In modo del tutto conseguente e congruo sul piano logico, la
corte territoriale ha quindi escluso che l’avvenuta realizzazione, da
parte dello stesso lavoratore infortunato, delle impalcature precariamente e inappropriatamente realizzate in corrispondenza dei piani
interni al vano ascensore, valesse ad assolverlo dal dovere di rispondere, in termini reattivi, dei doveri immediatamente riferiti ai propri
compiti funzionali.
Devono, quindi, ritenersi del tutto privi di fondamento i motivi
di censura su tali punti illustrati dal ricorrente, dovendo ritenersi
pienamente corretta, tanto sul piano dell’interpretazione delle norme
applicate (e segnatamente dell’art. 5, comma i, lett. a) digs. n.
494/96, anche sotto il profilo della correlazione tra l’accusa prospettata e la decisione assunta dal giudice del merito), quanto su quello
della correttezza logica del ragionamento, l’affermazione della corte
territoriale che, una volta accertata la conoscenza, da parte dell’imputato, della necessità di esecuzione di lavorazioni all’interno del vano
ascensore de quo, ha riconosciuto la responsabilità di quest’ultimo
nel non aver immediatamente provveduto al preventivo controllo
dell’awenuto adempimento di tutte le prescrizioni cautelari imposte
ai fini della garanzia delle sicurezza per la salute e l’integrità dei lavoratori.
3.2. — Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Con riguardo alla posizione del Taus, la corte territoriale ha
correttamente fatto applicatone dei principi dettati da questa corte
di legittimità, ai sensi dei quali, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, mentre in capo al datore di lavoro incombe

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l’obbligo di predisporre le idonee misure di sicurezza, nonché quelli
di impartire le direttive da seguire a tale scopo e di controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n.
34747/2012, Rv. 253513), nel caso di prestazioni lavorative eseguite
in attuazione di un contratto d’appalto, al committente è ascritta la
piena corresponsabilità con l’appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive sulla base degli obblighi sullo stesso incombenti ai sensi di legge (Cass., Sez. 3, n. 1825/2008, Rv. 242345),
con la conseguenza che la responsabilità dell’appaltatore non esclude
quella del committente, da ritenersi corresponsabile unitamente al
primo, qualora l’evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa (Cass., Sez. 4, n. 37840/2009, Rv. 245275).
Con particolare riguardo alle previsioni di cui all’art. 6, comma
2, d.lgs. n. 494/1996, il committente (unitamente al responsabile dei
lavori) è chiamato a verificare l’adempimento da parte dei coordinatori degli obblighi di assicurare e di verificare il rispetto, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni
contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro. Da ciò conseguendo che
al committente (così come al responsabile dei lavori) è attribuito dalla legge un compito di verifica non meramente formale, bensì una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l’esecuzione di controlli sostanziali e incisivi su tutto quel che concerne i temi
della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela
della salute del lavoratore, accertando, inoltre, che i coordinatori
adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia
(Cass., Sez. 4, n. 14407/2011, Rv. 253294).
Tali premesse inducono a escludere che la corte territoriale sia
incorsa nella violazione di legge censurata dal ricorrente, avendo la
stessa correttamente ascritto alla posizione del Taus l’inosservanza
dell’obbligo di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi cautelari da parte dell’impresa esecutrice, il cui rispetto avrebbe consentito
di rilevare la situazione di pericolo creata attraverso la realizzazione,
da parte del lavoratore infortunato, dei piani di lavoro all’interno del
vano ascensore, eventualmente scongiurandola, in tal senso indiscutibilmente ponendosi in termini di immediata e diretta relazione causale con l’infortunio verificatosi.
4. — Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza
avanzati dai ricorrenti segue il rigetto del ricorso e la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.3.2013.

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