Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19381 del 25/11/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19381 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria

nei confronti di
Cali Massimo Filippo, nato a Catania il 10/10/1973

avverso la ordinanza del 01/10/2015 del Tribunale di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Ciro Angelillis, che ha chiesto annullarsi con rinvio l’ordinanza
impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 1 ottobre 2015 il Tribunale di Reggio Calabria,
decidendo, in funzione di giudice dell’esecuzione, sulla istanza avanzata
nell’interesse di Cali Massimo Filippo il 28 maggio 2015:

Data Udienza: 25/11/2016

- ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le
sentenze indicate nella premessa dell’ordinanza, emesse la prima (sub 1) il 10
ottobre 2011 dal Tribunale di Messina, irrevocabile il 24 ottobre 2012, per il
reato di cui all’art. 640 cod. pen., con condanna alla pena di anni uno e mesi sei
di reclusione; la seconda (sub 2) il 30 maggio 2012 dal Tribunale di Palermo,
confermata in appello e irrevocabile il 27 gennaio 2015, per il reato di cui all’art.
640 cod. pen., con condanna alla pena di mesi sei di reclusione; la terza (sub 3)
il 29 febbraio 2011 dal Tribunale di Reggio Calabria, confermata in appello e

condanna alla pena di mesi nove di reclusione e di euro 309 di multa;
– ha rideterminato la pena complessiva a carico dell’istante in anni due e
mesi uno di reclusione ed euro duecento di multa, individuando come violazione
più grave quella giudicata con la prima sentenza, per la quale era stata inflitta in
concreto la pena più grave, e fissando l’aumento per la continuazione nella
misura di mesi tre di reclusione per il reato giudicato con la seconda sentenza e
di mesi quattro di reclusione ed euro duecento di multa per i reati giudicati con
la terza sentenza.
2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, che ne chiede
l’annullamento dolendosi della erronea applicazione dei pertinenti principi
“aritmetici e giuridici”

per avere il Tribunale omesso di conteggiare, nella

individuazione della pena base del reato giudicato con la sentenza sub 1), la
pena pecuniaria di euro 1.000 di multa e, nell’operare l’aumento in continuazione
per il reato giudicato con la sentenza sub 2), la pena pecuniaria pure inflitta per
detto reato, e di indicare i criteri seguiti nell’operato conteggio, obliterando, in
deroga al principio della intangibilità del giudicato, una parte della pena inflitta
per il reato più grave e applicando una pena pecuniaria inferiore a quella inflitta
per la violazione più grave.
3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, stante la
fondatezza del ricorso.
4. All’udienza camerale del 24 novembre 2016 il Collegio ha formulato
riserva di decisione che ha sciolto in data odierna, provvedendo come da
dispositivo steso in calce alla presente sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

irrevocabile il 5 marzo 2015, per il reato di cui agli artt. 494 e 640 cod. pen., con

2. Il giudice dell’esecuzione -nella sequenza delle operazioni da svolgersi per
la determinazione, in sede esecutiva, della pena per la continuazione tra reati
separatamente giudicati- deve procedere dalla individuazione della violazione più
grave, tale considerando, secondo la regola posta per la fase dell’esecuzione
dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., “quella per la quale è stata inflitta la pena
più grave”, e prendere, pertanto, atto, della valutazione in concreto effettuata
irrevocabilmente dal giudice della cognizione.
3. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha richiamato tale principio

sentenza indicata sub 1), per la quale era stata applicata la pena più grave, ha
omesso di tenere conto (neppure enunciandola nella parte espositiva) della pena
pecuniaria di euro 1,000, congiuntamente inflitta, in sede di cognizione, con
quella detentiva, che ha solo apprezzato, in contrasto con il principio della
intangibilità del giudicato sotteso al predetto principio.
Né, quanto alla pena pecuniaria, è stato calcolato l’aumento in continuazione
per i reati giudicati con la sentenza sub 2), pure puniti in concreto con pena
congiunta (del pari trascurata nella esposizione in fatto), mentre la
determinazione della pena pecuniaria è stata effettuata, in aggiunta a quella
detentiva, nella misura di euro 200 in rapporto al solo reato-satellite, giudicato
con la sentenza sub 3), manifestamente incongrua per essere inferiore a quella,
intangibile, inflitta per la violazione più grave.
4. Alla stregua degli svolti rilievi in diritto e in fatto, l’ordinanza impugnata ferma restando la statuizione in punto di riconoscimento della continuazionedeve essere, pertanto, annullata per quanto attiene alla dosimetria della pena,
con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione,
che, in diversa composizione soggettiva (Corte cost., sent. n. 183 del 2013),
procederà -in piena libertà di giudizio e in coerenza con quanto rilevato- a nuovo
esame al riguardo.
P.Q.M.

A scioglimento della riserva assunta il 24 novembre 2016, annulla
l’ordinanza impugnata limitatamente alla pena e rinvia per nuovo esame al
Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso il 24/11/2016

coerentemente affermando che la violazione più grave era quella giudicata con la

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