Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19379 del 25/11/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19379 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI MAIO SALVATORE nato il 08/10/1972 a PALERMO

avverso l’ordinanza del 02/10/2015 della CORTE APPELLO di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;
e e

I- •

Data Udienza: 25/11/2016

Letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del dott. Ciro
Angelillis, Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, il quale ha
concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con istanza alla Corte di appello di Palermo, in funzione di

l’applicazione, in fase esecutiva, della disciplina del reato continuato, ai
sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai seguenti reati:
a) delitto di associazione di tipo mafioso e plurime estorsioni, reati
commessi fino al gennaio 2008, per i quali il Di Maio era stato condannato
alla pena complessiva di anni quattordici di reclusione ed euro 6.000,00 di
multa con sentenza in data 8 aprile 2011, divenuta irrevocabile il 27
settembre 2012;
b) delitto commesso fino al novembre 2007, di estorsione aggravata
ai sensi dell’art. 7 d.l. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla I.
203 del 1991, reato per il quale il Di Maio era stato condannato alla pena
di anni nove di reclusione ed euro 2.000,00 di multa con sentenza del 9
maggio 2014, divenuta irrevocabile il 21 aprile 2015.

2. Con ordinanza del 2 ottobre 2015, il giudice dell’esecuzione
riconosceva la continuazione fra i reati predetti, ritenendo più grave il reato
base di cui alla prima sentenza, e determinava la pena in aumento, per
l’estorsione aggravata di cui alla seconda sentenza, in anni due di
reclusione ed euro 1.000,00 di multa (già computata la diminuente per la
scelta del rito abbreviato), pervenendo quindi alla pena di complessiva di
anni sedici di reclusione ed euro 7.000,00 di multa.

3.

L’avv. Giovanni Castronovo e l’avv. Raffaele Bonsignore

hanno proposto ricorso per cassazione depositato il 21 ottobre 2015,
richiamando l’art. 606, comma 1 lettere b), c), e), cod. proc. pen. e
deducendo violazione degli artt. 132 cod. pen., 125, 671 cod. proc. pen.,
nonché manifesta illogicità della motivazione. Richiamata la giurisprudenza
di legittimità, nel ricorso si sostiene che il giudice dell’esecuzione non ha
considerato la pari gravità di tutti gli episodi di estorsione contestati, né ha
spiegato le ragioni che dovrebbero giustificare, a fronte di un aumento per
la continuazione in un anno di reclusione ed euro 444,44 di multa (ridotti

2

Giudice dell’esecuzione, veniva richiesta nell’interesse di Salvatore Di Maio

a

per la scelta del rito abbreviato a mesi otto ed euro 296,29) per ciascuna
delle otto estorsioni oggetto della prima sentenza, un ulteriore aumento
per una sola estorsione in anni tre di reclusione ed euro 1.500,00 di multa
(ridotti per la scelta del rito abbreviato ad un anno ed euro 1.000,00). Il
giudice dell’esecuzione, invece, avrebbe dovuto aumentare la pena per
l’ultima estorsione di ulteriori mesi otto di reclusione ed euro 269,29 di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Questo Collegio, consapevole dell’orientamento contrario

espresso da alcune sentenze di legittimità (tra le quali: Sez. 2, n. 43605
del 14/09/2016 – dep. 14/10/2016, Ferracane, Rv. 26845101; Sez. 2, n.
34662 del 07/07/2016 – dep. 05/08/2016, Felughi e altri, Rv. 26772101)
ritiene preferibile l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo
il quale, in tema di quantificazione della pena, a seguito di riconoscimento
della continuazione tra diversi reati, il giudice è tenuto a fornire una
congrua motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base,
ma anche in relazione all’entità dell’aumento ex art. 81 cod. pen. (Sez. 6,
n. 48009 del 28/09/2016 – dep. 14/11/2016, Cocomazzi e altri, Rv.
26813101; Sez. 1, n. 21641 del 08/01/2016 – dep. 24/05/2016, Lendano
e altro, Rv. 26688501).

2. Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione non ha rispettato il
principio ora richiamato, perché non ha reso alcuna motivazione sulla
quantificazione dell’aumento di pena per il reato satellite di estorsione
aggravata, giudicato con la sentenza del 9 maggio 2014. Nell’ordinanza
impugnata, infatti, non sono stati indicati i parametri di riferimento per la
determinazione della pena fissata in aumento rispetto a quella per il reato
base giudicato con l’altra sentenza sopra menzionata.

3. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata
limitatamente alla entità dell’aumento ex cpv. art. 81 cod. pen. applicato
per il reato il reato di estorsione aggravata giudicato con la sentenza del 9
maggio 2014. Gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Palermo, che
provvederà a nuovo esame senza incorrere nei vizi riscontrati. In sede di
rinvio, dovrà applicarsi l’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., quale risulta a
seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha

3

multa.

dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623,
comma 1 lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non
possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha
pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto
della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato

P. Q. M.

A scioglimento della riserva, assunta il 24 novembre 2016, annulla
l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di
Palermo.
Così deciso in Roma, 25 novembre 2016.

continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.

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