Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19374 del 24/11/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19374 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ferrante Mario, nato a Bari il 03/06/1967

avverso la ordinanza del 03/02/2015 del Tribunale di sorveglianza di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Enrico Delehaye, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
alla cassa delle ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 3 febbraio 2015, resa nel procedimento relativo alla
proposta di revoca della semilibertà nei confronti di Ferrante Mario, in atto
detenuto presso la Casa circondariale di Bari, il Tribunale di sorveglianza di Bari
ha accolto la indicata proposta e, per l’effetto, ha revocato il beneficio della
semilibertà concesso al medesimo, con ordinanza del 3 ottobre 2014 del

Data Udienza: 24/11/2016

Tribunale di sorveglianza di Firenze, in relazione alla pena di anni ventidue, mesi
cinque e giorni dieci di reclusione per i reati di omicidio in concorso, ricettazione
e violazione della legge sulle armi del 1991 e ulteriore violazione in materia di
armi del 2005, di cui al provvedimento di cumulo in data 11 febbraio 2014 della
Procura generale presso la Corte di appello di Bari.
Il Tribunale, che premetteva il richiamo alla ordinanza ammissiva del
beneficio e rimarcava che gli elementi in essa indicati inducevano a ritenere
ravvisabili già al momento dell’ammissione del condannato alla misura

sua esecuzione, rilevava, a ragione della decisione, che:
– l’esecuzione della misura, atteso il quadro descritto, avrebbe dovuto
svolgersi in stretta e puntuale osservanza delle prescrizioni imposte;
– il Magistrato di sorveglianza di Bari, con ordinanza del 9 gennaio 2015,
aveva sospeso l’esecuzione della misura, proponendo la relativa revoca, dopo
che i Carabinieri di Bari avevano riferito che il semilibero alle ore 9,30 del 3
gennaio 2015 (sabato, non lavorativo), violando la prescrizione di permanere
presso il suo domicilio e quella di non accompagnarsi a pregiudicati, di cui ai
punti 3) e 8) del programma di trattamento, era stato notato dirigersi verso il
lungomare Araldo di Crollalanza e poi fermarsi e parlare con un pescatore, tale
Strippoli Antonio, che aveva precedenti penali e di polizia;
– non rilevavano le giustificazioni addotte in udienza dall’interessato, poiché
egli, se proveniva dalla stazione, rientrando da Altamura, come riferito, doveva
raggiungere il domicilio percorrendo la via più breve e diretta, senza fermarsi in
alcun luogo, e, atteso il suo rilevante spessore criminale, era verosimile che
conoscesse lo stato di censuratezza dello Strippoli;
– la violazione delle prescrizioni, che, evidenziata dalle indicate emergenze,
era in contrasto con il graduale reinserimento sociale del sennilibero entro schemi
di legalità, cui tendeva la misura concessa, era da ritenere grave a fronte degli
esposti elementi di criticità.

2. Avverso detta ordinanza Ferrante Mario ha proposto, con atto personale,
istanza volta alla sua riammissione alla semilibertà e all’annullamento della
revoca, rivolta al Tribunale di sorveglianza, che, qualificandola come ricorso per
cassazione, ne ha disposto la trasmissione a questa Corte.
Secondo il ricorrente, non è condivisibile la motivazione dell’ordinanza, che
non ha tenuto conto della verità delle sue dichiarazioni, non avendo egli
commesso alcuna violazione, poiché egli stava tornando presso la sua abitazione
e si è fermato solo per acquistare del pesce sul lungomare, aggiungendo, poi, di

J.1-■

alternativa vari elementi di criticità, che enunciava, da monitorare nel corso della

ricordare che, rispettando “il percorso del semilibero”, era andato a firmare
presso la P.S., e di non frequentare né conoscere gente pericolosa.

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, risolvendosi i
motivi a sostegno della impugnazione in censurare in punto di fatto del
provvedimento impugnato.

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Questa Corte ha più volte affermato che il provvedimento di revoca della
semilibertà deve essere sorretto da una motivazione che comprovi l’avvenuta
disamina di ogni elemento, sia di natura fattuale che psicologica, attinente alla
condotta ascritta al condannato e che ne stabilisca la concreta incidenza negativa
sulla prosecuzione della misura.
Una tale conclusione è imposta, oltre che dal fatto che è onere del giudice
dare conto del corretto esercizio del suo potere discrezionale, indicando le
ragioni che giustificano la revoca del provvedimento di semilibertà, ma anche
dalla considerazione che a tale statuizione può pervenirsi solo quando risulti che
la condotta del condannato, complessivamente considerata, sia tale da
dimostrare la sua inidoneità al trattamento di risocializzazione, al quale lo stesso
era stato ammesso, e si ponga altresì in netto contrasto con il rapporto di
fiducia, che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del
trattamento che gli è stato accordato (tra le altre, Sez. 1, n. 40731 del
17/10/2007, Romeo; Sez. 1, n. 5628 del 20/01/2009, Samperi; Sez. 1, n. 9427
del 07/01/2010, Messina).
2.1. Il Tribunale di sorveglianza di Bari, adeguandosi a tali condivisi, e qui
riaffermati, principi, ha sottolineato, con motivazione compiuta ed esente da vizi
logici e giuridici, la gravità della condotta tenuta dal semilibero in costanza del
beneficio, pur a fronte di plurimi ripercorsi elementi di criticità (traibili anche
dagli elementi evidenziati al momento della sua ammissione alla misura
alternativa) che gli avrebbero imposto un comportamento “scevro da qualsivoglia
coinvolgimento con soggetti orbitanti nell’ambito della criminalità locale”,
funzionale a un positivo apprezzamento di un suo sicuro ravvedimento rispetto ai
gravi reati commessi e di un suo certo e graduale reinserimento sociale.
L’ordinanza, ripercorrendo i dati fattuali tratti dalla nota informativa in data
8 gennaio 2015 dei Carabinieri di Bari e già recepiti nell’ordinanza di sospensione

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

dell’esecuzione della misura del 9 gennaio 2015 del Magistrato di sorveglianza di
Bari, ha in particolare valorizzato le incorse violazioni delle prescrizioni di cui ai
punti 3) e 8) del programma di trattamento, commesse dal semilibero,
controllato mentre, diretto verso il lungomare N. Sauro in Bari e fermatosi nel
lungomare Araldo di Crollalanza, era in compagnia di un pregiudicato; ha
rimarcato la non rilevanza delle giustificazioni addotte in udienza dall’interessato,
avuto riguardo all’obbligo impostogli di rientrare presso il suo domicilio, senza
fermarsi in alcun luogo, per la via più breve e diretta e alla inverosimiglianza

correlato al suo spessore criminale attestato dai suoi precedenti penali; ha
conclusivamente ritenuto che detta condotta, valutata anche alla luce delle
dettagliate evidenziate criticità e dimostrativa della incapacità del condannato di
fruire correttamente e a fini risocializzativi della misura alternativa concessagli,
era incompatibile con la prosecuzione della stessa, contrastandone presupposti e
finalità.
2.2. Le argomentazioni spese, sicuramente contenute entro i limiti della
plausibile opinabilità di apprezzamento, sono resistenti ai rilievi e alle deduzioni
del ricorrente, che, esprimendo -senza addurre specifici vizi motivazionali del
provvedimento gravato- un diffuso dissenso di merito rispetto all’analisi svolta,
affidato alla reiterazione delle giustificazioni rese e già ragionevolmente giudicate
prive di alcuna rilevanza ai fini della decisione, oppongono un diverso e generico
modello argomentativo invasivo di un ambito fattuale, estraneo al giudizio di
legittimità.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché -valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di millecinquecento euro in favore
della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di millecinquecento euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 24/11/2016

dell’affermata ignoranza della censuratezza del suo interlocutore, che ha

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