Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19374 del 12/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19374 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AMIRANTE LUIGI nato il 10/12/1974 a NAPOLI

avverso la sentenza del 18/02/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPE
CORASANITI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 12/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di
condanna emessa nei confronti del predetto imputato dal Tribunale di Roma per il reato di cui
all’art. 474 cod. pen..
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a cinque ragioni di doglianza.
1.1Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, l’inutilizzabilità della prova documentale

argomentativo sul medesimo punto.
Si evidenzia che il giudizio di penale responsabilità dell’imputato era stato formulato
esaminando mere fotocopie dei biglietti di un evento sportivo asseritamente contraffatti e che
ciò era in aperto contrasto con il disposto normativo di cui al secondo comma dell’art. 234 cod.
proc. pen..
Si osserva, ancora, che tale processo probatorio di acquisizione della predetta prova
documentale era illegittimo giacché non erano stati acquisiti neanche gli originali dei predetti
tagliandi, acquisizione che avrebbe consentito, in realtà, l’esperimento di idonea prova tecnica
diretta ad accertare la contestata contraffazione.
Si evidenzia che, secondo il disposto normativo da ultimo ricordato, l’acquisizione della
fotocopia di un documento è possibile processualmente solo se l’originale del documento non
sia più recuperabile e che, comunque, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche al di là
della possibilità di recupero dell’originale, occorre, invero, accertare l’idoneità dalla copia del
documento ad accertare i fatti. Si osserva, inoltre, che la motivazione impugnata sarebbe
carente anche sotto questo ulteriore e peculiare profilo, perché carente del dovuto
accertamento in ordine all’idoneità delle fotocopie acquisite all’accertamento dei fatti di causa.
1.2 Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione
al contestato reato di cui all’art. 474 cod. pen. ed in ordine al vizio argomentativo legato
all’accertamento dell’elemento psicologico del reato.
Si evidenzia, in primo luogo, che le prove acquisite non consentivano una valutazione affidabile
in ordine al profilo di idoneità dell’affermata contraffazione ad indurre in errore i potenziali
acquirenti dei biglietti, configurandosi, invece, nel caso di specie, una tipica ipotesi di reato
impossibile ex art. 49 cod. pen., come tale scriminante la dedotta responsabilità penale.
Sul punto si evidenzia la genericità della motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine al
giudizio di idoneità della contraffazione ad ingannare la pubblica fede.
1.3 Con un terzo motivo si denunzia vizio argomentativo e violazione di legge in ordine alla
valutazione della prova della penale responsabilità dell’imputato. Si osserva che il giudizio
espresso dalla Corte di merito, nel senso qui contestato, riposava sulla valutazione della sola
prova testimoniale degli agenti di P.g. operanti, senza che fosse stata acquisita una perizia per
l’accertamento della contraffazione ( perizia che era stata considerata dalla Corte distrettuale

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rappresentata dalla fotocopia dei biglietti asseritamente contraffatti e, comunque, vizio

non necessaria ) e senza che fossero stati assunti testimoni esperti nel predetto settore della
contraffazione.
1.4 Con un quarto motivo si contesta violazione di legge e vizio argomentativo in ordine alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
1.5 Con un quinto motivo si censura la sentenza impugnata in riferimento al vizio di violazione
di legge e argomentativo per la dosimetria della pena.

2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 Già il primo motivo di doglianza si presenta come manifestamente infondato.
2.1.1 Sul punto, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte, con voce unanime, ha
affermato che la copia di un documento, quando sia idonea ad assicurare l’accertamento dei
fatti, ha valore probatorio anche al di fuori del caso di impossibilità di recupero dell’originale
(Sez. 2, Sentenza n. 36721 del 21/02/2008 Ud. (dep. 25/09/2008 ) Rv. 242083).
Detto altrimenti, in tema di prova documentale, la copia fotostatica di un documento, per il
principio di libertà della prova, quando sia idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti, ha
valore probatorio completo, e ciò, come detto già sopra, anche al di fuori del caso di
impossibilità di recupero dell’originale, pur se essa sia priva di certificazione ufficiale di
conformità

e

sia

disconosciuta

stata

dall’imputato

(

cfr.

anche

Sez. 2, Sentenza n. 52017 del 21/11/2014 Ud. (dep. 15/12/2014 ) Rv. 261627 ).
Ed invero, la disposizione di cui all’art. 2719 cod. civ., a norma della quale le copie fotografiche
di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche se la loro conformità con l’originale non è
espressamente disconosciuta, è relativa alla disciplina della prova civile e non è applicabile al
processo

penale,

ove vige

il

principio del

libero convincimento del giudice.

In proposito, va ricordato che – secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa anche da
questo Collegio – nessuna norma processuale richiede la certificazione ufficiale di conformità
per l’efficacia probatoria delle copie fotostatiche.
Al contrario, vige nel nostro sistema processuale il principio di libertà della prova sia per i fattireato sia per gli atti del processo, come può evincersi dall’art. 234 cod. proc. pen. e dalla
stessa direttiva n. 1 della legge delega per il
nuovo codice di rito, che stabilisce la massima semplificazione processuale, con eliminazione di
ogni atto non essenziale (Sez. 4, n. 18454 del 26/02/2008 Rv. 240159; Sez. 3, n. 1324 del
27/04/1994 Rv. 200375). Di talché, la copia di un documento, quando sia idonea ad assicurare
l’accertamento dei fatti, ha valore probatorio anche al di fuori del caso di impossibilità di
recupero dell’originale (cfr. Sez. 2, n. 36721 del 21/02/2008 Rv. 242083).
Ciò posto, va anche aggiunto come la censura formulata dalla parte ricorrente presenti
caratteri di genericità tali da non superare il vaglio di ammissibilità imposto in questo giudizio
di legittimità, atteso che, a fronte di una motivazione che compiutamente dà conto delle
ragioni per cui si devono ritenere i documenti sequestrati oggetto di materiale contraffazione,
3
..’ ,

CONSIDERATO IN DIRITTO

la detta censura non spiega in alcun modo le ragioni per cui le fotocopie dei predetti documenti
dovrebbero ritenersi inattendibili.
2.2 La seconda doglianza è anch’essa manifestamente infondata e comunque, essendo
articolata in fatto, irricevibile in questo giudizio di legittimità.
Si assiste ad una corretta motivazione anche in ordine all’esplicazione del ragionamento
probatorio posto a sostegno della prova della intervenuta contraffazione dei tagliandi di
accesso allo stadio, essendo stato, peraltro, escusso in dibattimento un teste esperto in questa

nei confronti del ricorrente.
2.2 II terzo motivo, per come formulato, è addirittura inammissibile.
2.2.1 Sul punto, giova ricordare che, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla
motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall’art. 606,
comma 1, lettera e), cod. proc. pen., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L.
n. 46 del 2006, che questo non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del
giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due
requisiti che lo rendono insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative
che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Ed invero, il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione si limita al riscontro dell’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali. Deve inoltre aggiungersi che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione
deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento
va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè
rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal
giudice di merito, che si presta a censura soltanto se manifestamente contrastante e
incompatibile con i principi della logica.
Sintetizzando sul punto, si è detto che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso
giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della
pronuncia: a) sia “effettiva” e non meramente apparente, cioè realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia
“manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non
sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti
logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed
esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per cassazione) in termini tali da risultarne
vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Corte di Cassazione non è quindi
consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella
prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti
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tipologia di contraffazioni, teste che ha pianamente confermato l’ipotesi accusatoria avanzata

propri dal giudice del merito (Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 6,
n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099) e non possono dar luogo all’annullamento
della sentenza le minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di
valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non
siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività), posto che non costituisce
vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal
contesto. Al contrario, è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia

medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988; Sez.
2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789).
Ciò posto, va osservato come, nel caso di specie, la parte ricorrente voglia sollecitare questa
Corte ad una rivalutazione diretta del compendio probatorio – già, peraltro, correttamente
scrutinato dai giudici di merito – senza neanche allegare un vizio argomentativo che infici la
complessiva tenuta logica della motivazione, proponendo, all’evidenza, censure che si pongono
ben al di là del perimetro di cognizione del giudizio di legittimità.
2.4 Anche il quarto motivo è inammissibile.
2.4.1 Orbene, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da
motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass.,
Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da
questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della
concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del
16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Sul punto si riscontra una adeguata motivazione posta a sostegno del diniego delle reclamate
circostanze atipiche ( fondata, peraltro, sulla esistenza di precedenti anche specifici a carico
dell’odierno ricorrente ), sicchè seguire oltre quest’ultimo nell’esame delle doglianze sollevate
sul punto significherebbe penetrare nella valutazione del merito delle scelte discrezionalmente
rimesse al giudice di merito e come tale inibita invece al giudice di legittimità.
2.5 Il quinto motivo è manifestamente infondato.
2.5.1 La contestazione sollevata sulla recidiva è manifestamente infondata in quanto la
motivazione si fonda sullo scrutinio diretto del casellario giudiziario e dei precedenti penali
ascrivibili al ricorrente e sulle conseguenti necessarie valutazioni che, come tali, sono sottratte
alla valutazione del giudice di legittimità.
2.5.2 In ordine alla dosimetria della pena, non può essere dimenticato che la graduazione della
pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti
ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per
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contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi

fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142),
ciò che — nel caso di specie — non ricorre (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv.
245596).
Ne discende la inammissibilità della doglianza così sollevata.

versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12.2.2019

3. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al

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