Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19373 del 14/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19373 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FEOLA ANTONIO N. IL 31/07/1974
FEOLA FRANCESCO N. IL 09/10/1943
KANANAJ IFRAIM N. IL 27/06/1979
avverso la sentenza n. 4161/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
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Data Udienza: 14/03/2013

Rtanuto In fatto
Ricorrono per cassazione con distinti atti, personalmente, Feola Antonio e Kananaj Ifraim
nonchè il difensore di fiducia di Feola Francesco avverso la sentenza emessa in data
27.9.2011 dalla Corte di Appello di Napoli che, in riforma di quella parzialmente
assolutoria del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 21.7.2010, riconosceva i
predetti colpevoli dei delitti loro rispettivamente ascritti (di cui all’art. 74 -nell’ipotesi del
comma 6°- dPR 309/1990, sub capo A; di cessione di sostanza stupefacente, sub capo B;
solo Feola Francesco, condannato in primo grado per entrambe tali imputazioni),
condannando, ritenuta la continuazione, alla pena di anni 7 di reclusione ed C 30.000,00 di
multa Feola Francesco, e a quella di anni 6 e mesi 4 di reclusione ed C 27.000,00 di multa,
Feola Antonio e Kananaj Ifraim.
Feola Antonio deduce, con due distinti atti di contenuto sostanzialmente identico, la
violazione di legge ed il vizio motivazionale, in relazione alla ritenuta sussistenza degli
elementi costitutivi dell’associazione per delinquere finalizzata alla cessione di sostanza
stupefacente (da cui i tre imputati erano stati assolti in primo grado) ed in ordine alla
partecipazione del medesimo Feola all’associazione in questione. Si duole, altresì, del vizio
motivazionale in ordine alla quantificazione della pena, al diniego delle attenuanti
generiche e al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al 5° comma dell’art. 73 dPR
309/1990 in conseguenza della ritenuta ipotesi del 6° comma dell’art. 74 dPR 309/1990.
Kananaj Ifraim rappresenta il vizio motivazionale in ordine alla mancata o contraddittoria
Indicazione degli elementi da cui ~ma la Corte aveva tratto il proprio convincimento circa
la responsabilità degli imputati ed in particolare di esso Kananaj. La sentenza impugnata si
poneva, altresì, in contrasto con l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli del
23.2.2009 che aveva ritenuto nulla l’imputazione sub B) per assoluta genericità.
Nel ricorso presentato nell’interesse di Feola Francesco si deduce:
1. la violazione di legge in relazione all’omessa notifica di tutti gli atti relativi al
procedimento al codifensore avv. Pietro Sorbo regolarmente nominato e mai avvisato del
procedimento de quo, osservando che nemmeno la Corte di Appello (che assieme al
Tribunale aveva rigettato la medesima eccezione), pur prendendo atto della nomina del
difensore, aveva ritenuto di notificare al detto avvocato il decreto di fissazione dell’udienza
del 28.6.2011 ed il successivo rinvio a quella del 27.9;
2. il vizio motivazionale in relazione alla sentenza assolutoria di primo grado, con
particolare riferimento al reato sub A) e all’integrazione di tutti i suoi elementi costitutivi
(vincolo associativo, indeterminatezza del programma associativo, struttura organizzativa,
consapevolezza dei partecipanti di farvi parte);
3. il vizio motivazionale e la violazione dell’art. 192 c.p.p., quanto ai capi b) e c) in
relazione all’assenza di riscontri nell’uso del linguaggio criptico a fronte del mancato
rinvenimento di sostanza stupefacente da parte degli intercettati.

2

e di detenzione e trasporto di 21 dosi di cocaina sub capo C, quest’ultimo contestato al

4. il vizio motivazionale in ordine al reato di cui al capo C), avendo il Feola dichiarato
durante l’esame dibattimentale di essere tossicodipendente e di aver acquistato lo
stupefacente, nel quantitativo poi ritrovato, assieme alla Erica Rizzuti per

USO

di gruppo e

la Corte di appello aveva omesso di valutare la veridicità di tali dichiarazioni;
5. Il vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento della continuazione con i reati
di cui ad altra sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli.
Considerato in diritto
quello di Feola Francesco.
Quanto all’eccezione procedurale reiterata anche in questa sede (sub 1) da Feola
Francesco se ne deve rilevare l’aspecificità, attesa la sua sostanziale riproposizione dopo
che il giudice dl Appello l’ha rigettata con congrua motivazione, immune da vizi ed
assolutamente plausibile.
Del resto, detta censura è anche manifestamente infondata (specie quanto al riferimento
al mancato avviso di fissazione delle udienze in grado di appello), poiché “La nullità a
regime intermedio, derivante dall’omesso avviso dell’udienza a uno dei due difensori
dell’imputato, è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione a opera
dell’altro difensore comparso, pur quando l’imputato non sia presente (In motivazione la
Corte ha precisato che è onere del difensore presente, anche se nominato d’ufficio in
sostituzione di quello di fiducia regolarmente avvisato e non comparso, verificare se sia
stato avvisato anche l’altro difensore di fiducia ed il motivo della sua mancata
comparizione, eventualmente interpellando il giudice)” (Cass. pen. Sez. Un., n. 39060 del
16.7.2009, Rv. 244187).
Né risulta che sia mai stata eccepita in sede di appello l’omessa notifica degli altri atti del
procedimento al codifensore, onde la relativa doglianza è improponibile in questa sede ai
sensi dell’art. 606, 3 0 comma c.p.p..
Congrua è poi la motivazione in ordine all’insussistenza per mancanza di prova del dedotto
(in termini meramente assertivi) uso di gruppo circa lo stupefacente di cui al capo C) e
quella svolta a sostegno del diniego del vincolo della continuazione dei reati ascritti a Feola
Francesco con quelli di cui ad altra sentenza, avendo la Corte con apprezzamento di
merito ed insindacabile in questa sede, escluso la riconducibilità dei reati ad un medesimo
disegno criminoso per diversità dei contesti temporali (Cass. pen. Sez. VI, n. 11753 del
21.10.1982, Rv. 156563).
Ed è appena il caso di rilevare, in ordine alla censura sub 3 del ricorso di Feola Francesco,
che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del
linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è
questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di
legittimità se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate
(Cass. pen. Sez. VI, n. 17619 del 8.1.2008, Rv. 239724): e a ciò deve ritenersi abbia
3

I ricorsi di Feola Antonio e Kananaj Ifraim sono fondati mentre lo è solo parzialmente

adempiuto a sufficienza la sentenza di primo grado, la cui motivazione si fonde in un
unicum inscindibile con quella di appello (tra le più recenti: Cass. pen. Sez. III n. 13926
del 1.12.2011, Rv. 252615) (v. pag. 13-16 sent. di primo grado). Peraltro, gli indizi, gravi,
precisi e concordanti raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire
fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato e non devono necessariamente
trovare riscontro in altri elementi esterni (Cass. pen. Sez. IV, n. 22391 del 2.4.2003, Rv.
224962; Sez. VI, n. 3882 del 4.11.2011, Rv. 251527),
motivazionale in ordine alla integrazione degli estremi del reato associativo.
E ciò specie in rapporto alla sentenza assolutoria di primo grado (che ha compiutamente
dato conto dell’insufficienza probatoria della sussistenza del reato di cui all’art. 74 dPR
309/1990: pagg. 19-23 sent. di primo grado). Infatti, sulla sentenza di appello di riforma
totale del giudizio assolutorio di primo grado grava un onere motivatorio rafforzato,
dovendo confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste
dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente
l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di
primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel
giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi
pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della
maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati
(cfr. Cass. pen. Sez. V, 17.10.2008 n. 42033, Rv. 242330 e numerosi precedenti, tra cui
Sez. VI, n. 6221 del 2006, Rv 233083 e Sez. Un. n. 33748 del 12.7.2005, Rv. 231769).
Del resto non può sottacersi, benché assorbita dal superiore rilievo, l’intrinseca
contraddittorietà della motivazione, laddove, dopo aver riconosciuto l’ipotesi di cui al 6°
comma dell’art. 74 dPR 309/1990 (associazione diretta a commettere reati descritti dal
comma 5° dell’art. 73), non ha contestualmente riconosciuto, senza alcuna motivazione,
l’attenuante della lieve entità, benchè espressamente invocata da Feola Antonio.
Del pari totalmente omessa, ed in violazione del principio di diritto enunciato da questa
Corte con le massime sopra richiamate relative all’onere motivatorio gravante sulla
sentenza di riforma in appello, deve ritenersi la motivazione in ordine alla censura di
indeterminatezza dell’imputazione sub B) che la Corte non cerca di concretizzare in alcun
modo, richiamando solo genericamente “le fonti di prova da cui è scaturita”, le indefinite
“risultanze chiare, non smentite” confortate oggettivamente dal persistere di “rapporti tra
le persone coinvolte non giustificabile diversamente”.
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di tutti gl’imputati con
rinvio alla Corte di Appello di Napoli relativamente al reato di cui al capo A) nonché, nei
confronti di Feola Antonio e Kananaj Ifraim, anche relativamente al reato di cui al capo B).
Il ricorso di Feola Francesco dev’essere, nel resto, rigettato.
P.Q.M.

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Viceversa, quanto alla imputazione di cui al capo A), si deve riconoscere il totale difetto

Annulla con rinvio alla Corte di appello di Napoli la sentenza impugnata nei confronti di
tutti gl’imputati relativamente al reato di cui al capo A; annulla la medesima sentenza nei
confronti di Feola Antonio e Kananaj Ifraim anche relativamente al reato di cui al capo B;
rigetta nel resto il ricorso di Feola Francesco.

Così deciso in Roma, li 14.3.2013

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