Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19365 del 21/10/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19365 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
MESSINA
nei confronti di:
DI DIO LUIGI N. IL 18/12/1982
avverso l’ordinanza n. 208/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di
MESSINA, del 23/09/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO
MANCUSO;

Data Udienza: 21/10/2016

1

Letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del dott.
Roberto Aniello, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento, con rinvio,
dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

qualificato dal giudicante come di

«declaratoria di inefficacia»

dell’affidamento in prova al servizio sociale che era stato concesso con
provvedimento a Di Dio Luigi – il quale non si era presentato per la
sottoscrizione del verbale di sottoposizione alle prescrizioni poiché
sottoposto agli arresti domiciliari in relazione al reato di ricettazione di
una partita di rame risalente al giorno 8 ottobre 2014 – il Tribunale di
sorveglianza di Messina, con ordinanza del 23 settembre 2015, stabiliva
«non revocarsi il beneficio» e fissava nuovo termine per la sottoscrizione
del verbale, rilevando, fra l’altro, che: per detto reato non era stata
emessa sentenza definitiva; l’interessato aveva richiesto di essere
autorizzato a sottoscrivere il verbale di affidamento in prova; non
sussistevano i presupposti per la revoca del beneficio.

2. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
appello di Messina, con atto del 5 ottobre 2015, ha proposto ricorso per
cassazione affidato a due motivi, richiamando l’art. 606, comma 1 lettere
b), c), cod. proc. pen. e deducendo sia violazione dell’art. 47, comma 11,
legge 26 luglio 1975, n. 354, ord. pen., sia mancanza di motivazione. Di
Dio Luigi era stato ammesso alla misura alternativa alla detenzione
dell’affidamento in prova al servizio sociale ma non si era presentato
all’Ufficio esecuzione penale esterna per la sottoscrizione del verbale di
sottoposizione alle prescrizioni. Successivamente, si era scoperto che
l’omissione era stata determinata dal fatto che l’interessato, il 10 ottobre
2014, era stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari,
in relazione al reato di ricettazione di una partita di rame. L’ordinanza del
Tribunale di sorveglianza ora impugnata oscilla, senza esplicitare il
parametro valutativo utilizzato e così incorrendo anche in vizio
motivazionale, fra la qualificazione del caso come declaratoria di
inefficacia, esposta in apertura del provvedimento, e quella come revoca
del provvedimento originario di concessione, come indicato nella

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1. In esito a procedimento promosso dal Pubblico ministero e

motivazione che sembra propendere, seppure in modo ermetico, per
questa seconda opzione, nel fare riferimento al delitto per il quale è stata
adottata la misura cautelare degli arresti domiciliari. L’incertezza è
rilevante, perché secondo la prima impostazione dovrebbe applicarsi l’art.
47, comma 11, ord. pen. E, non essendo mai iniziato l’esperimento della
prova, si versa fuori dall’alveo della revoca che, invece, presuppone un
affidamento già iniziato nel cui corso si collochi il comportamento

Né può opporsi che la situazione concreta vada a creare una ipotesi non
contemplata dalla norma, con irricevibilità o inammissibilità della
richiesta, perché la presa d’atto dell’esistenza di una lacuna deve
portare l’interprete ad utilizzare l’analogia, valutando nel contraddittorio il
fatto nuovo non quale rilevante ex se, come se si vertesse in termini di
revoca, ma insieme a tutti gli altri elementi rilevanti in occasione
dell’iniziale vaglio che condusse alla concessione della misura alternativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’art. 97, comma 2, d.P.R. 30 giugno 2000, n.

230,

regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure
privative e limitative della libertà, nel prevedere le conseguenze
dell’inadempimento del soggetto ammesso all’affidamento in prova al
servizio sociale all’onere di sottoscrizione del verbale di sottoposizione
alle prescrizioni, stabilisce che «Il direttore del centro dà immediata
comunicazione al tribunale di sorveglianza della mancata presentazione
nel termine. Il tribunale di sorveglianza revoca la misura salvo che risulti
l’esistenza di fondate ragioni del ritardo». La disposizione, nell’indicare,
come conseguenza della mancata presentazione, la revoca della misura
alternativa, individua una sorta di declaratoria di sua inefficacia in
conseguenza di un comportamento meramente omissivo che rende
oggettivamente impossibile l’inizio dell’esecuzione.
Per altro verso, l’art. 47, comma 11, legge 26 luglio 1975, n.354,
stabilisce che «L’affidamento è revocato qualora il comportamento del
soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia
incompatibile con la prosecuzione della prova». Tale disposizione, pur
utilizzando il riferimento alla medesima categoria della revoca, la
costruisce in questa ipotesi come conseguenza sanzionatoria, incidente

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antidoveroso da esaminare ai fini della prognosi contemplata dalla legge.

o

i

sulla valutazione della compatibilità del comportamento dell’interessato
con la prosecuzione della misura. In proposito, la giurisprudenza di
legittimità ha chiarito che tale tipo di revoca dell’affidamento in prova ai
servizi sociali non consegue alla pura e semplice violazione di legge o di
prescrizioni inerenti la misura alternativa, ma è rimessa alla
discrezionalità del tribunale di sorveglianza, il quale è tenuto a spiegare le
ragioni per le quali le violazioni commesse possano considerarsi indici di

06/06/2013 – dep. 24/06/2013, Guerrieri, Rv. 25636701; in applicazione
del principio, la Corte ha annullato la revoca del beneficio motivata sulla
sola circostanza dell’emissione di misura cautelare per il delitto di cui
all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990, commesso anni prima ma
contestato con condotta perdurante, non avendo il tribunale di
sorveglianza operato alcuna valutazione dell’incidenza del reato
commesso sul periodo di esecuzione del beneficio, né accertato se la
condotta delittuosa si era protratta in costanza di misura alternativa)

2. Nel caso ora in esame, emerge dal provvedimento qui
impugnato che l’interessato non si presentò per la sottoscrizione del
verbale di sottoposizione alle prescrizioni, in quanto sottoposto alla
misura cautelare degli arresti domiciliari per un fatto che avrebbe
commesso il giorno 8 ottobre 2014.
A fronte di tale situazione, il Tribunale di sorveglianza di Messina,
non avendo pronunciato la revoca prevista dal citato art. 97, comma 2,
d.P.R. 30 giugno 2000, n.

230, come conseguenza della mancata

presentazione dell’interessato alla sottoscrizione del verbale di
sottoposizione alle prescrizioni, ha mostrato di aver riconosciuto fondate
ragioni dell’omissione, ricollegandole implicitamente all’evidente
situazione di sottoposizione dell’interessato agli arresti domiciliari.
Il Tribunale di sorveglianza, poi, si è limitato ad osservare che per
il fatto contestato – quello per cui era stata adottata la misura cautelare
degli arresti domiciliari – non risultava essere stata emessa una sentenza
definitiva.
Il Tribunale di sorveglianza, quindi, non ha compiuto una analisi
effettiva delle risultanze documentali circa tale fatto, omettendo la
motivazione circa la possibilità che esso, benché anteriore alla
concessione della misura alternativa alla detenzione e non ancora oggetto
di giudicato, potesse rivestire alcuna rilevanza quale causa di revoca della

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un allontanamento dalle finalità proprie dell’istituto (Sez. 1, n. 27713 del

misura medesima, per la incompatibilità con la prosecuzione di essa, ai
sensi dell’art. 47, comma 11, legge 26 luglio 1975, n. 354.

3. Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere
annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Messina che
provvederà a nuovo esame senza incorrere nei vizi riscontrati.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al
Tribunale di sorveglianza di Messina.
Così deciso in Roma, 21 ottobre 2016.

P. Q. M.

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