Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19360 del 17/01/2018

Penale Sent. Sez. 5 Num. 19360 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 04/10/2016 del TRIBUNALE di PISA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FERDINANDO
LIGNOLA
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 17/01/2018

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Pisa confermava la
sentenza con cui il giudice di pace di Pisa, in data 7.10.2015, aveva
condannato A.A. alla pena ritenuta di giustizia ed al

costituita, in relazione al reato di cui all’art. 595, c.p., perché, “quale
candidato valutato idoneo a ricoprire l’incarico co.co.co . nel concorso
indetto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, mediante l’invio di una
serie di e-mail a più persone, offendeva la reputazione di Pizzini
Stefania, tecnico universitario psicologo del lavoro incaricata alla
selezione”.
2.

Avverso la sentenza del giudice di appello, di cui chiede

l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione
della sentenza impugnata, nella parte in cui il giudice di appello, in
totale adesione a quanto già in precedenza statuito dal giudice di primo
grado, ha respinto la richiesta di accertare l’effettiva riconducibilità al
A.A. dell’indirizzo “IP”, che, alla stregua della tesi accusatoria,
costituisce la piattaforma di veicolazione verso i terzi delle espressioni
offensive lesive dell’altrui reputazione, fondandosi il giudizio di
colpevolezza

oltre ogni

ragionevole dubbio,

unicamente sulla

valorizzazione del movente, qualificato congruo rispetto al reato, con
conseguente erronea applicazione degli artt. 192, 530 e 533 c.p.p.; 2)
mancata assunzione di una prova decisiva e difetto di motivazione, in
ordine al mancato esercizio del potere di disporre d’ufficio perizia
tecnica, ai sensi dell’art. 507, c.p.p.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4. Ed invero con esso il ricorrente propone, peraltro in maniera generica,
una mera rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in
questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si

risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della parte civile

demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione
estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione
degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della
decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).

illogica, carente o contraddittoria, ha operato una puntuale disamina
delle risultanze processuali, evidenziando la superfluità di ogni ulteriore
accertamento in ordine all'”header” delle e-mail dal contenuto
diffamatorio inoltrate dall’indirizzo mail del A.A. , non essendovi
incertezza in ordine all’identificazione dell’autore, posto che, da un lato,
il A.A., essendo stato escluso dal concorso per un incarico di
tutoraggio bandito dalla Scuola Sant’Anna, aveva un interesse specifico
a diffondere i messaggi lesivi dell’onorabilità della P.P, rivolti alle
professoresse componenti della commissione esaminatrice; dall’altro ad
una delle mail in questione era allegata copia di una denuncia
presentata proprio dal A.A., di cui solo il denunciante poteva
essere in possesso.
Dalla esaustività del percorso motivazionale in ordine all’identificazione
nell’imputato dell’autore del reato in contestazione, deriva l’evidente
mancanza di decisività della prova di cui il ricorrente lamenta la mancata
assunzione, per cui correttamente la corte territoriale ha ritenuto
giustificato il mancato esercizio del potere di integrazione istruttoria ex
art. 507, c.p.p., trattandosi, per l’appunto, di prova non decisiva (cfr.
Cass., sez. un., 17/10/2006, n. 41281).
5. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle ammende,
tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune
da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità
(cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.

2

Del resto il giudice di appello, con motivazione affatto manifestamente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 17.1.2018.

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