Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19359 del 05/10/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19359 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SPINA NUNZIO nato il 22/05/1965 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 13/04/2016 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;
lette/sentite le conclusioni del PG MARILIA DI NARDO

J.L€14-Lelltensp.F-Au-;

Data Udienza: 05/10/2016

Il Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa Manila Di Nardo,
Sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 13 aprile 2016, il Tribunale di Napoli, in

quale era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari dello
stesso Tribunale, in considerazione della ritenuta sussistenza di esigenze
cautelari e di gravi indizi di colpevolezza desunti da osservazioni della
polizia giudiziaria, la misura della custodia in carcere nei confronti di
Spina Nunzio, in ordine ai reati, accertati il 22 marzo 2016, di detenzione
e porto in luogo pubblico di un fucile mitragliatore. Dalle indagini era
emerso che personale di polizia, mentre era su autovettura priva di segni
distintivi, aveva visto una persona che, trovandosi a bordo di uno
scooter, si era accorto della presenza della c.d. palina su detta auto e
aveva fatto cenno di scappare al conducente, con lui dialogante, di un
altro scooter affiancato, a bordo del quale era anche un passeggero;
quest’ultimo, armato di un grosso fucile mitragliatore, aveva esploso dei
colpi nella direzione dei poliziotti che, rispondendo al fuoco, avevano
messo in fuga i predetti motociclisti. Diramate le opportune ricerche dalla
polizia, poco dopo un altro equipaggio di poliziotti aveva notato due
scooter i cui conducenti avevano cercato di dileguarsi, ma uno di essi, poi
identificato nello Spina, era rovinato al suolo e così era stato arrestato.
Secondo l’impostazione accusatoria, lo Spina era, in considerazione
dell’abbigliamento e delle caratteristiche del suo mezzo, lo stesso
soggetto che precedentemente aveva fatto cenno ai detentori dell’arma di
allontanarsi.

2. L’avv. Leopoldo Perone, difensore di Spina Nunzio, ha proposto
ricorso per cassazione datato 20 maggio 2016. Richiama l’art. 606,
comma 1 lettere b), c), e), cod. proc. pen., deducendo violazione ed
erronea interpretazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in ordine alla
individuazione dei gravi indizi di colpevolezza; mancanza, apparenza,
illogicità manifesta della motivazione. L’ordinanza impugnata merita
censura, perché enuclea la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza
attraverso una fuorviata ed erronea interpretazione dell’articolo 273 cod.

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sede di riesame, confermava l’ordinanza in data 25 marzo 2016, con la

proc. pen. La norma perimetra in maniera netta la latitudine concettuale
che soggiace alla perifrasi

«gravi indizi di colpevolezza».

Devono

considerarsi tali l’insieme degli elementi a carico, di natura logica o
rappresentativa, che non valgano di per sé a provare oltre ogni dubbio la
responsabilità dell’indagato e, tuttavia, consentano, per la loro
consistenza, di prevedere che attraverso la futura acquisizione di ulteriori
elementi saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel

indiziario intrinsecamente dotato di un quid pluris dimostrativo, idoneo
all’imposizione di una misura cautelare, deve consistere in elementi che
concretamente, alla stregua dei più consolidati canoni valutativi,
consentano di formulare una prognosi di colpevolezza dell’indagato
altamente qualificata. Nel caso in esame, gli indizi sono costituiti
principalmente da due interventi compiuti da due diversi equipaggi di
personale investigativo della polizia in data 22 marzo 2016. Secondo il
Tribunale, non vi sono dubbi con riferimento alla identificazione
dell’indagato quale soggetto avvistato nel corso della prima azione, né
sulla circostanza che gli scooter intercettati la prima volta fossero gli
stessi incrociati da un secondo equipaggio circa quindici-venti minuti
dopo. Il Tribunale ritiene integrato il concorso nel porto dell’arma da
fuoco attraverso il riferimento a giurisprudenza sul punto, ma senza
specifiche argomentazioni che attengano alla vicenda in esame. Il
percorso logico è inficiato da irreparabile

vulnus motivazionale con

riferimento alla identificazione dello Spina come colui che durante la
prima fase dell’azione di polizia aveva fatto cenno di allontanarsi ai
complici. Il riferimento alla similitudine delle caratteristiche
dell’abbigliamento – scaldacollo scuro e casco integrale – è inidoneo per
l’identificazione dell’indagato con colui che era stato già notato dalla
prima pattuglia, peraltro composta da agenti diversi. È apodittica
l’affermazione secondo cui la singolarità del comportamento osservato
per due volte possa far ritenere che i soggetti attenzionati la seconda
volta fossero gli stessi notati nella prima occasione. Ciò prova che il
Tribunale non ha fatto buon governo della norma, anche perché ha
ritenuto superato in maniera agevole il salto logico, evidenziato dalla
difesa in udienza camerale. Insoddisfacente è anche la risposta sulla
illogicità del fatto che i tre uomini sarebbero rimasti nella zona dopo
essere stati visti la prima volta dai poliziotti. Se la prima azione non
venne compiuta da gruppi criminali della zona, ma da soggetti che

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frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza. Il substrato

attraverso tale scorribanda volevano imporsi, allora le risposte fornite dal
Tribunale non sono logiche. È evidente che gli stessi si sarebbero
allontanati repentinamente, per non essere nuovamente scoperti. La
conclusione del Tribunale è dimostrazione della mancata risposta a tutte
le censure formulate dal difensore nel corso dell’udienza camerale. È
rilevabile la mancanza di motivazione anche con riferimento alla piena
consapevolezza circa la disponibilità e la presenza di un grosso fucile

l’arma allo Spina. Il provvedimento è censurabile anche perché non
rispetta i canoni della coordinazione logica dei presupposti normativi. È
una motivazione che non va esente da censure, perché vi è aperta
contraddizione rispetto al materiale indiziario e mancanza grafica in
ordine alle censure difensive. Il risultato è una motivazione che non fa
corretta applicazione delle norme, ma vi sono anche errori
nell’applicazione delle regole della logica e mancanze valutative di
elementi determinanti, e ciò compromette passaggi essenziali del giudizio
formulato.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato. Il Tribunale ha attentamente analizzato le
risultanze disponibili ed è pervenuto senza incorrere in alcun errore di
diritto ad affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine
ai reati ipotizzati. Lo sviluppo argomentativo della motivazione posta a
sostegno dell’ordinanza impugnata, esauriente ed immune da vizi logici, è
basato su una coerente analisi critica degli elementi disponibili e sulla loro
coordinazione in un organico quadro interpretativo, nel quale è
evidenziato che l’identificazione dello Spina – bloccato dalla seconda
pattuglia della polizia – con il soggetto che era stato notato in precedenza
dalla prima pattuglia, emerge da specifiche modalità della condotta,
chiaramente rassegnate. Detta motivazione, quindi, supera il vaglio di
legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla
verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni
legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
Di contro, il ricorso non centra specificamente, in chiave critica, la
ratio

dell’ordinanza, perché si limita a proporre, con le doglianze

sinteticamente elencate

supra,

valutazioni di elementi di fatto che

risultano espressamente già considerati dal Tribunale o, comunque,
pienamente superati dalle assorbenti osservazioni del provvedimento.
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mitragliatore, perché non vi è nessun elemento che possa ricondurre

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
Roma, li—.:22Lila-2C4Z–/
In definitiva, le censure formulate nell’interesse del ricorrente,
riguardanti la valutazione del compendio indiziario posto a fondamento
del provvedimento impugnato, non possono trovare accoglimento, perché
si risolvono in richieste di analisi critiche esulanti dai poteri di sindacato
del giudice di legittimità, non palesandosi il relativo apprezzamento
motivazionale, nella sua completezza, né manifestamente illogico, né
viziato da non corretta applicazione della normativa. In proposito, va

cautelari, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito
riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può
essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre non sono
ammesse le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
già esaminate da detto giudice. In concreto, il ricorrente contesta «nel
merito» il quadro probatorio a carico, fondato sul risultato delle indagini
svolte, illustrato nel provvedimento impugnato.

2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese
processuali. Il presente provvedimento deve essere trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. c.p.p.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94,
co. 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, 5 ottobre 2016.

ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di misure

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