Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19358 del 21/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19358 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como
avverso l’ordinanza del 26/02/2015
del Tribunale di Como
nei confronti di :
Tagliabue Daniele, nato a Monza il 18/01/1966
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
udito il P.M., in persona del Sost.Proc.Gen. Marilia Di Nardo,
che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso.

1

Data Udienza: 21/04/2015

1.11 Tribunale di Como, con ordinanza in data 17/02/2015, annullava il decreto di sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Como in
data 19/01/2015 nei confronti di Daniele Tagliabue, indagato per il reato di cui all’art.2 D.L.vo
74/2000.
Assumeva il Tribunale che il reato ipotizzato, con riferimento al periodo di imposta 2007,
consumato in data 28/09/2008, dovesse ritenersi prescritto, non essendo intervenuto alcun
atto interruttivo nel termine di prescrizione di anni 6.
E’ vero che può considerarsi atto ìnterruttivo il processo verbale di constatazione, anche se
non notificato; deve però trattarsi di verbale di constatazione redatto nei confronti del
soggetto indagato e per lo stesso fatto reato.
Nel caso di specie, invece, il verbale era stato redatto nei confronti di Claudio Michele Salerno
ed ipotizzava il reato di cui all’art.8 D.L.vo 74/2000.
Secondo il Tribunale, poi, al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi
relativa ai periodi di imposta 2008 e 2009, il ricorrente aveva perduto la carica di Presidente
del Consiglio di amministrazione della Ecologia Ambiente s.r.l., per cui non poteva procedersi al
sequestro di beni a lui appartenenti, ma eventualmente di quelli del rappresentante legale a lui
subentrato.
2.Ricorre per cassazione il P.M. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como,
denunciando l’erronea applicazione dell’art.17 D.L.vo 74/2000.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato la natura oggettiva,
impersonale e non rìcettizia delle cause interruttive della prescrizione.
E’ sufficiente quindi che, prima della scadenza del termine ordinario di prescrizione, il fatto
addebitato ad un determinato soggetto venga accertato.
Nel caso di specie il verbale di accertamento, a carico della Sirio Promotion s.r.I., di
emissione di fatture per operazioni inesistenti, per consentire a terzi l’evasione di imposte,
conteneva il contemporaneo accertamento anche del reato commesso da ciascuno degli
utilizzatori delle fatture ex art.2 D.L.vo 74/2000.
Il reato in questione nei confronti di Tagliabue Daniele non era pertanto prescritto.
Il Tribunale ha proceduto, poi, ad una lettura formalistica della norma, avendo ritenuto
l’estraneità dell’indagato ai reati relativi ai periodi imposta 2008 e 2009 per il solo fatto che t
alla data delle presentazione delle dichiarazioni til predetto non era più il rappresentante legale.
Non tiene conto, invero, che della dichiarazione infedele o fraudolenta possa rispondere
anche l’amministratore di fatto.
E, nel caso di specie, l’utilizzo delle fatture della Sirio Promotion srl da parte della Ecologia
Ambiente srl. era iniziata quando il vecchio ed il nuovo amministratore ( i fratelli Tagliabue)
erano presidente e vicepresidente del Consiglio di Amministrazione e proseguita quando essi si
erano scambiati la carica; inoltre bisognava tener conto dell’ingente importo delle fatture
utilizzate specie se rapportato al volume dì affari della società.
La responsabilità per l’utilizzo delle fatture doveva, quantomeno, ravvisarsi ex art.40 comma
2 cod.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2. A norma dell’art.17 D.L.vo 74/2000, il corso della prescrizione è interrotto, oltre che dagli
atti indicati nell’art.160 del codice penale, dal verbale di constatazione o dall’atto di
accertamento delle relative violazioni.
Sono quindi validi atti interruttivi della prescrizione tanto il verbale di costatazione della
violazione redatto dalla Guardia di Finanza, quanto il processo verbale di accertamento.
E, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’efficacia interruttiva della
prescrizione dipende dalla mera emanazione dell’atto non già dalla sua comunicazione

RITENUTO IN FATTO

all’interessato e ciò anche se l’atto abbia natura ricettizia per altri fini (Cass.sez.3 n.9116 di
27/05/1999; Cass. sez. 3 n.1945 del 19/12/1996;Cass. sez. 3 n.11977 del 9/1/2014).
Non è necessario neppure che l’atto di accertamento sia portato a conoscenza dell’Autorità
giudiziaria, dispiegando esso l’effetto interruttivo di per sé (Cass. sez. 3, n.7106 del 5/5/1994).
Come ha rilevato correttamente il ricorrente la causa interruttiva ha, quindi, carattere
oggettivo, impersonale e non ricettizio.
Deve, cioè, trattarsi di un’attività nel corso della quale gli Uffici finanziari o la Guardia di
finanza prendano cognizione dell’esistenza del reato, con ciò manifestando la persistenza della
volontà punitiva dello Stato.
L’interpretazione data dal Tribunale si pone in contrasto con tali principi, in quanto si
richiede che il processo verbale di constatazione venga “redatto nei confronti del medesimo
soggetto accusato e concernente lo stesso fatto reato”.
Il carattere pacificamente non ricettizio dell’atto di accertamento risulta, però, in questo
modo, “ridimensionato”.
Viene, infatti, arbitrariamente, a negarsi validità interruttiva all’accertamento di una
determinata ipotesi di reato, per il solo fatto che essa riguardava un soggetto diverso da quello
nei cui confronti era stato compilato il processo verbale.
E’ del tutto evidente, invece, che proprio il carattere non ricettizio dell’accertamento
consenta di ritenere verificato l’effetto interruttivo in relazione a qualsiasi reato accertato in
quella sede.
La pronuncia richiamata in tema di interrogatorio di uno soltanto dei concorrenti non appare
pertinente, trattandosi di atto tipico ex art.160 cod.pen., che richiede la “partecipazione”
dell’interessato.
Il Tribunale ha, quindi, omesso di verificare se dal verbale di constatazione risultasse
accertata anche la sussistenza del reato di cui all’art.2 D.L.vo 74/2000 nei confronti degli
utilizzatori delle fatture (relative ad operazioni fittizie), emesse da Sino Promotion srl.
3. Quanto al secondo motivo, il Tribunale si è limitato a prendere atto che al momento della
presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta 2008 e 2009 il
ricorrente non rivestisse più la carica di presidente del Consiglio di Amministrazione, senza
porsi il problema di accertare se egli svolgesse il ruolo di amministratore di fatto ed i rapporti
esistenti con il nuovo amministratore (fratello).
3.1. E’ pacifico, invero, che anche sull’amministratore di fatto, reale detentore dei poteri
all’interno dell’impresa, gravino i doveri inerenti tale carica e quindi anche gli obblighi fiscali;
della loro violazione, pertanto deve rispondere, eventualmente in concorso con
l’amministratore di diritto.
L’equiparazione degli amministratori di fatto a quelli di diritto è stata affermata da questa
Corte sia in materia civile, che penale e tributaria (cfr.Cass.civ. 5.12.2008 n.28819;
Cass.civ.12.3.2008 n.6719; Cass.sez.un.civ. 18.10.2005 n.2013; Cass.civ. Sez.5 n.21757 del
2005; Cass.pen.n.7203 del 2008; Cass.pen.n.9097 del 1993; Cass.pen. n.2485 del 1995). Tale
equiparazione trova del resto precisi riferimenti normativi.
L’art.11 D.L.vo 18 dicembre 1997 n.472 parifica il legale rappresentante all’amministratore
di fatto, prevedendo formalmente la diretta responsabilità anche degli amministratori di fatto.
E, in base al novellato art.2639 cod.civ., “L’amministratore di fatto è da ritenere gravato
dall’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto, per cui, ove concorrano
le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per
tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole e
consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata
dall’art.40 comma secondo cod.pen.” (Cass.pen.sez.5 n.7203 dell’11.11.2008). La norma di cui
all’art.2639 c.p., anche se relativa ai reati societari, contiene la codificazione di un principio
generale applicabile ad altri settori penali dell’ordinamento e per la sua natura interpretativa è
applicabile anche ai fatti pregressi (cfr.Cass.n.7203/2008). Tale principio rende configurabile il
concorso dell’amministratore di fatto sia nei reati commissivi che in quelli omissivi propri.
4. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di Como per nuovo
esame alla luce dei rilievi e dei principi in precedenza enunciati.
t

3

P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Como.
Così deciso in Roma il 21/04/2015

Il Consigliere est.

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