Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19354 del 17/01/2018
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19354 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
SPINNATO NICOLA nato il 28/11/1972 a CANTU’
NUCCIO MARIA nato il 03/05/1974 a PALERMO
avverso la sentenza del 24/03/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FERDINANDO
LIGNOLA
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita del ricorso presentato dal ricorrente
Spinnato; annullamento senza rinvio sulla revoca della sospensione condizionale
per la posizione del Nuccio.
Udito il difensore
Data Udienza: 17/01/2018
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Palermo, su
impugnazione dei soli imputati, in parziale riforma della sentenza con cui
18.6.2015, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato
Spinnato Nicola e Nuccia Maria, ciascuno alla pena ritenuta di giustizia,
in relazione ai reati loro in rubrica rispettivamente ascritti, rideterminava
l’entità del trattamento sanzionatorio, nei confronti del solo Spinnato,
previa assoluzione dello stesso dal reato di cui al capo b)
dell’imputazione, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
revocava, inoltre, il beneficio della sospensione condizionale della pena,
subordinata alla prestazione per un periodo di sette mesi di attività
lavorativa non retribuita, concesso alla Nuccia in primo grado,
confermando, nel resto, la sentenza impugnata.
2.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono
l’annullamento hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli
imputati, con distinti atti di impugnazione.
2.1 Lo Spinnato, in particolare, nel ricorso a firma del suo difensore di
fiducia, lamenta vizio di motivazione della sentenza impugnata, in
quanto la corte territoriale ha messo di fornire un’adeguata spiegazione
in ordine alle ragioni per cui ha ritenuto di non dover condividere le
doglianze prospettate dalla difesa, in relazione alla richiesta di
riconoscimento di un più mite trattamento sanzionatorio, limitandosi a
ribadire in modo pedissequo le affermazioni della sentenza di primo
grado, senza aver considerato i motivi addotti dalla difesa, volti a
sostenere che nel giudizio di primo grado il giudice non aveva tenuto
conto del comportamento processuale dell’imputato che aveva ammesso
la propria responsabilità per i reati contestategli tramite dichiarazioni
spontanee.
Il ricorrente deduce, altresì, la non adeguatezza della pena irrogata in
concreto rispetto alla gravità della fattispecie accertata, che risulta
eccessiva, anche con riferimento alla scelta dell’imputato di definire il
il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Trapani del
procedimento nelle forme del rito abbreviato, sicché il giudice di secondo
grado avrebbe dovuto riconoscergli un più mite trattamento
sanzionatorio.
2.2. La Nuccio, nel ricorso a firma del suo difensore di fiducia, lamenta
medesime doglianze dello Spinnato in ordine alla eccessiva misura
dell’entità del trattamento sanzionatorio, rispetto alla gravità della
fattispecie accertata, apprezzandosi il vizio di motivazione anche con
riferimento al mancato accoglimento, da parte della corte territoriale del
motivo di gravame consistente nella richiesta di concessione del minimo
della pena.
Dall’altro lato, denunciando l’errore commesso dalla corte di appello, per
violazione del divieto della “reformatio in peius”, nel revocare il beneficio
della sospensione condizionale della pena, concesso in primo grado
risultando, inoltre, non espresso il percorso logico-giuridico che ha
condotto l’organo giudicante alla suddetta revoca.
3. I ricorsi degli imputati si prestano ad una diversa valutazione.
4. Ed invero, inammissibile appare il ricorso dello Spinnato, essendo
fondato su motivi attinenti al merito del trattamento sanzionatorio,
peraltro genericamente rappresentati, non scrutinabili in questa sede di
legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità, segue, dunque, la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle
ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità
dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente
medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate
ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del
13.6.2000).
5. Parzialmente fondato è, invece, il ricorso della Nuccio, in quanto la
corte territoriale non ha fornito motivazione alcuna in ordine alla revoca
del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso, come
si è detto in premessa, dal giudice di primo grado, sia pure condizionata
violazione di legge e vizio di motivazione, reiterando, da un lato, le
alla prestazione per un periodo di sette mesi di attività lavorativa non
retribuita.
Si tratta di un’omissione, che integra un evidente vizio di motivazione, in
quanto, come affermato dall’orientamento dominante nella
condizionale della pena disposta dal giudice di appello quando
appellante è il solo imputato, salvo che nell’ipotesi di cui all’art. 168,
comma primo, c.p., che prevede un’attività meramente dichiarativa e
non discrezionale del giudice, sicché non sussiste in tal caso violazione
del divieto di “reformatio in peius” (cfr.,
ex plurimis, Cass., sez. II,
13.1.2015, n. 4381, rv. 262375).
Si è ulteriormente chiarito al riguardo, con condivisibile arresto, che non
contravviene al divieto della “reformatio in peius” il giudice di appello
che, pur in presenza di impugnazione proposto dal solo imputato,
revochi il beneficio della sospensione condizionale, nelle ipotesi previste
dai commi primo e terzo dell’art. 168, c.p., in quanto, in entrambi i casi,
si tratta di provvedimenti dichiarativi, riguardanti effetti che si
producono “ope legis” e presuppongono un’attività puramente ricognitiva
e non discrezionale o valutativa, a differenza dell’ipotesi di cui al comma
secondo del medesimo articolo che, invece, ha natura costitutiva e
implica un giudizio sull’indole e sulla gravità del reato, rispetto al quale
l’imputato deve essere posto nella condizione di potersi difendere (cfr.
Cass., sez. II, 30.6.2016, n. 37009, rv. 267913).
Non avendo, dunque, la corte territoriale indicato le ragioni per cui ha
proceduto alla revoca della sospensione condizionale della pena già
concessa in primo grado, la sentenza impugnata va annullata,
limitatamente a tale profilo, con rinvio ad altra sezione della corte di
appello di Palermo, per nuovo esame sul punto, da condurre sulla base
dei principi di diritto in precedenza indicati.
Nel resto il ricorso della Nuccia, va rigettato, in quanto fondato su motivi
che si pongono ai confini della inammissibilità, formulando, la ricorrente,
doglianze sull’entità del trattamento sanzionatorio, laddove il giudice di
secondo grado ha correttamente valorizzato, facendo buon governo dei
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giurisprudenza di legittimità, è illegittima la revoca della sospensione
parametri fissati dall’art. 133, c.p., “l’accentuata colpevolezza” e la
“maggiore pericolosità” dell’imputata, sia ai fini della determinazione
complessiva dell’entità del trattamento sanzionatoria, sia ala fine di
rigettare la richiesta di esclusione della recidiva, di cui è stata affermata
Ai fini della determinazione della pena, infatti, il giudice può tenere
conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi
aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere
utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini (cfr.,
ex
plurimis, ass,.,Cass., sez. VI, 23.10.2013, n. 45623, rv. 257425).
Non essendo la Nuccia del tutto soccombente, la stessa non va
condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annullata la sentenza impugnata nei confronti di Nuccia Maria,
limitatamente alla disposta revoca della sospensione condizionale, con
rinvio ad altra sezione della corte di appello di Palermo, per nuovo
esame sul punto.
Dichiara inammissibile il ricorso di Spinnato Nicola e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
2000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17.1.2018.
Il Consigliere Estensore
Il Presidente
itpositato in Canceibia
Roma, lì /4
l’esistenza.