Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19352 del 11/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19352 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEL MESE MARIO N. IL 26/05/1978
avverso l’ordinanza n. 544/2012 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
17/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAXNI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 11/02/2013

IN FATTO E DIRITTO
DEL MESE Mario è stato raggiunto da ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti
domiciliari emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Salerno in quanto
considerato gravemente indiziato, unitamente ad AMATO Giuseppe (cl 1974), DEL MESE Paolo,
LABONIA Simone ed altri, di concorso in più fatti di bancarotta fraudolenta per distrazione e
dissipazione in relazione al dissesto, loro ascritto, e del fallimento della società “Antonio Amato &
C. Molini e Pastifici in Salerno S.p.a.”, dichiarato in data 20 luglio 2011.
Il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato la richiesta di riesame del prevenuto con ordinanza
in data 17 luglio 2012, con la quale il giudice ha evidenziato, le modalità con le quali avrebbero
partecipato, nelle diverse reciproche posizioni, alle attività di progressiva spoliazione del
patrimonio dell’azienda, già da tempo in difficoltà, ma portata, anche per l’intervento di soggetti
esterni alla compagine sociale al definitivo dissesto, con vere e proprie distrazioni di fondi ed anche
con rovinose operazioni di finanziamento.
Propone ricorso per cassazione il DEL MESE, deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione; in particolare, lamenta che il Tribunale avrebbe confermato l’ordinanza genetica senza
considerare le argomentazioni da lui addotte, in primo luogo, sulla propria consapevolezza di
partecipare assieme all’imprenditore alla spoliazione del patrimonio dell’azienda, data la propria
posizione marginale di extraneus, nonché sul fatto che avrebbe rescisso ogni collegamento con le
società indicate dal Giudice per le Indagini preliminari, collegamenti che sarebbero potuto risultare
significativi di una possibilità di reiterazione di attività analoga.
A fronte delle specifiche indicazioni del ricorso per riesame, il Tribunale avrebbe ripercorso
semplicemente le stesse argomentazioni del G.I.P., omettendo di confrontarsi con le prospettazioni
del ricorrente.
Soprattutto, quanto al pericolo di reiterazione, il Tribunale non avrebbe considerato che il ricorso
contro l’ordinanza genetica aveva proposto argomenti ed elementi di prova, non valutati dal
Tribunale del riesame, che ritiene fossero idonei a superare le argomentazioni del giudice.
Contesta poi la correttezza e logicità di alcune prospettazioni dell’ordinanza impugnata sugli
elementi che proverebbero il pericolo di reiterazione di reati analoghi, ribadendo che il Tribunale
non avrebbe considerato l’inattualità di suoi rapporti con le società indicate come strumenti per la
protrazione di illecite attività, censurando anche la genericità di un riferimento a soggetti economici
terzi, diversi, con cui portare a termine ulteriori attività criminose.
Il DEL MESE ha poi depositato memoria con cui evidenzia l’avvenuta applicazione della pena
sull’accordo delle parti, ex art. 444 c.p.p., in misura inferiore a tre anni e la sostituzione della
misura degli arresti al domicilio applicata dal G.I.P. con quella dell’obbligo di presentazione alla
polizia giudiziaria.
Ha successivamente depositato atto di rinuncia al ricorso.
Attesa la rinuncia al ricorso da parte di DEL MESE il medesimo non può che essere dichiarato
inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 500,00#.
P.Q.M.
,
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del
procedimento ed a versare la somma di €. 500,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11 febbraio 2013.

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