Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19345 del 21/07/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19345 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAURENT! AUGUSTO N. IL 03/03/1971
avverso l’ordinanta n. 3652/2015 TRIB. IABLRIA’ di ROMA, del
30/03/2016
sentita la relazione fiuta dal Consigliere Dott. ADET IONI NOVIK;
1044.e/sentite le conclusioni del PG Dott. -! _
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Data Udienza: 21/07/2016

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 marzo 2016, il Tribunale di Roma, investito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., rigettava l’appello presentato da Augusto Laurenti
avverso l’ordinanza emessa dal G.I.P. dello stesso tribunale l’11 dicembre 2015
che aveva respinto l’istanza di revoca o sostituzione degli arresti domiciliari per
mancanza di gravità indiziaria relativamente all’aggressione di Claudia Ursini

2. Il tribunale ricostruisce preliminarmente la vicenda riportando un estratto
dell’ordinanza emessa a seguito di riesame. L’11 ottobre 2015, a seguito di una
interruzione di corrente, Ursini era uscita dalla propria abitazione per
raggiungere i contatori ed era stata aggredita da Laurenti che l’aveva colpita ai
volto violentemente con uno schiaffo e poi al volto ed alla testa con una mazza
da baseball. Laurenti si trovava insieme alla moglie. La polizia giudiziaria aveva
rinvenuto tracce ematiche e, nel porta ombrelli del Laurenti, un bastone che si
riteneva potesse essere stato utilizzato per l’aggressione, su cui erano in corso
accertamenti. Il tribunale riteneva credibile la parte offesa, nonostante le
contrarie indicazioni fornite dall’imputato che, nell’interrogatorio di garanzia,
aveva reso solo spontanee dichiarazioni.
Nel rigettare l’appello, ritenendo persistenti le esigenze cautelari prospettate
nel provvedimento genetico, il tribunale del riesame affermava:
– a carico dell’indagato erano emersi due ulteriori elementi, relativi alla
presenza sulla tomaia della scarpa destra di Ursini tracce miste riconducibili alla
donna ed al Laurenti e, sullo sportellino del vano porto oggetti dell’auto di questi,
una traccia ematica con il profilo genetico della Ursini, circostanze sulle quali
l’indagato non aveva fornito alternative spiegazioni;
– era ininfluente l’accertamento svolto dai tecnici ACEA, che non avevano
potuto precisare se nella data dell’aggressione tra le ore 1 e le 12 vi fossero
state interruzioni di corrente;
– la circostanza che Ursini in altro procedimento fosse indagata per il reato
di cui all’art. 612 bis, codice penale non ne inficiava la attendibilità.

3. Avverso quest’ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha
proposto ricorso per cassazione, corredato da una corposa documentazione e ne
chiede l’annullamento.
3.1. Con il primo motivo si denuncia travisamento della prova in ordine alla
errata valutazione delle risultanze dell’incidente probatorio. Ritiene la difesa che
la raccolta ed il campionamento delle tracce ematiche non avevano rispettato le
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avvenuta l’11 ottobre 2015.

linee guida dettate dai protocolli operativi in vigore. Richiama sul punto la
deposizione del maresciallo Benvisto che nel corso dell’incidente aveva
riconosciuto la possibilità di contaminazione. Evidenzia a riprova che nel
campione erano state estratto il profilo genetico di un soggetto detenuto, privo di
collegamenti con il caso specifico.
3.2. Il secondo motivo denuncia travisamento della prova in ordine alla
errata valutazione delle risultanze relative al distacco della corrente elettrica.
Riporta il contenuto della nota del 27 novembre 2015 della squadra mobile di

scartato tale possibilità ed escluso la presenza di un alimentatore ausiliario.
3.3. Il terzo motivo il ricorrente censura l’omessa motivazione sulla
valutazione compiuta da altre autorità giudiziarie sulla inattendibilità della Ursini.
Richiama provvedimenti giudiziari ed una memoria depositata dalla parte offesa,
allusiva di un complotto ai suoi danni da parte dei condomini.
3.4. Con il quarto motivo denuncia omessa motivazione e travisamento della
prova sulle risultanze relative alla personalità della Ursini quale si desumeva da
altri procedimenti. Evidenzia che il richiamo a una vicenda in cui la stessa era
indagata aveva solo fine di evidenziare la condotta delirante e i comportamenti
delittuosi da costei posti in essere.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è inammissibile, sia perché non possono essere sollevate in
sede di legittimità questioni che richiedano accertamenti in fatto (esame dei
verbali di sequestro e di campionamento dei reperti, al fine di accertare la
sussistenza di ipotetiche contaminazioni e l’incidenza sul complesso delle
operazioni), sia perché il ricorrente riporta singole frasi delle dichiarazioni rese
dal perito Benvisto nel corso dell’incidente probatorio, laddove, ai fini della
specificità, avrebbe dovuto consentire alla Corte di valutare l’intera deposizione.
Sono, infatti, privi di autosufficienza i motivi che estrapolano frasi e singoli
passaggi di dichiarazioni, pretendendo che la Corte di legittimità attribuisca a tali
frammenti un significato conforme a quello propugnato. Così facendo però
inammissibilmente si richiede alla Cassazione una rilettura degli atti, notamente
preclusa in sede di legittimità, e sostanzialmente si evoca un non consentito
ulteriore giudizio di merito.

2. Gli ulteriori motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché
attengono al giudizio di attendibilità della parte offesa, sono infondati. Il

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Roma che, dopo la visione di filmati delle telecamere di sorveglianza, aveva

ricorrente censura l’ordinanza impugnata per non essersi confrontata con il
contenuto degli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria che avevano
smentito l’affermazione della Ursiní di essere stata costretta ad uscire
dall’abitazione per riattivare la energia elettrica e per aver sottovalutato tratti
caratteristici della sua personalità, rivelatrice di una spinta alla denuncia di tutti
coloro con i quali, per le più diverse ragioni, la donna entra in contrasto.
Tuttavia, come correttamente rilevato dal tribunale, questi aspetti,
sicuramente suscettibili di approfondimento, non sono in grado di spiegare le

individuare falsamente nell’indagato il suo aggressore, e, soprattutto, in che
modo ben due tracce ematiche della vittima siano state trovate sulle scarpe e
sull’auto del ricorrente. Su questo ultimo aspetto di indubbia significatività
indiziaria, provando il contatto nell’immediatezza dell’aggressione tra il Laurenti
e Ursini, il ricorso si sottrae al confronto, limitandosi a ventilare la possibilità di
una contaminazione. Se però è vero che la scientificità di un enunciato si basa
non soltanto sulla correttezza e sull’affidabilità delle basi scientifiche del giudizio,
ma anche su una corretta modalità di acquisizione ed elaborazione dei dati
esaminati, dovrà formare oggetto di verifica fino a che punto il venir meno “della
necessaria correttezza metodologica nelle fasi di raccolta, conservazione ed
analisi dei dati esaminati, tale da preservarne integrità e genuinità” possa rifluire
sull’esito della prova e comprometterla. Trattasi evidentemente di un profilo che
non è stato esaminato dal tribunale del riesame (il ricorrente non ha dimostrato
– e neppure dedotto – di aver prospettato la relativa questione al giudice a quo)
e che oltrettuto, richiedendo una valutazione di merito, esula dal giudizio di
legittimità.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

ragioni per cui Ursini, vittima di una selvaggia aggressione, avrebbe dovuto

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