Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19345 del 16/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19345 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCAMPERTI GIULIO N. IL 09/02/1943
avverso l’ordinanza n. 620/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
11/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
le sentite le conclusioni del PG Dott.

25)2-5-(3

Uditi difensor Avv.;
rtà.-WC1—

L.3 q_ L)Q…r.(2— ■..2._

Data Udienza: 16/04/2015

48266/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’Il giugno 2014 il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibile per
difetto di procura speciale al difensore l’appello cautelare presentato da Scamperti Giulio
avverso ordinanza del 3 aprile 2014 con cui lo stesso Tribunale, sezione distaccata di Casoria,
aveva respinto l’istanza di revoca di sequestro preventivo disposto dal gip del Tribunale di

Maditex Srl, delle quali l’appellante è legale rappresentante, in relazione a indagini per i reati di
cui agli articoli 260 d.lgs. 152/2006 (capo A) e 256 d.lgs. 152/2006 e 6 I. 201/2008 (capo B)
nei confronti di due suoi figli, Scamperti Raffaele e Scampertì Vincenzo, quali cogestori di fatto
delle suddette società.
2. Ha presentato ricorso il difensore, il quale adduce che la procura speciale in realtà
sussisteva, e, comunque, qualora non vi fosse stata, il Tribunale avrebbe dovuto concedere, ai
sensi dell’articolo 182, secondo comma, c.p.c., un termine per sanare il difetto di
rappresentanza alla luce della “migliore giurisprudenza”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
3.1 Nelle more del processo – il ricorso è stato depositato il 28 ottobre 2014 – , è stata risolta
dalle Sezioni Unite una incertezza giurisprudenziale di questa Suprema Corte originatasi dalla
sostituzione dell’articolo 182, secondo comma, c.p.c. operata dalla I. 18 giugno 2009 n. 69.
Mentre, in precedenza, detto comma stabiliva che, in caso di rilievo di un difetto di
rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione il giudice poteva

“assegnare alle parti un

termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o
per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza”,

la

novella del 2009, alla luce di un intenso principio conservativo orientato a una vera e propria
defornnalizzazione, ha incluso in tale sanatoria anche la nullità e la carenza di procura,
riformandola come segue:

“Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di

autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice
assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la
rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il
rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i
vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della
prima notificazione”.

Napoli con decreto del 27 marzo 2014 avente per oggetto i complessi aziendali di Ravitex Sri e

Il notevole effetto deformalizzante della norma novellata ha dato luogo, appunto, a un
orientamento che – pur essendo rimasto minoritario rispetto a quello che gli si è contrapposto
ribadendo la non incidenza dell’articolo 182, secondo comma, c.p.c. nel processo penale (Cass.
sez.V, ord. 11 gennaio 2013 n. 10972; Cass. sez.III, ord. 21 marzo 2013 n. 39077; Cass.
sez.III, 23 aprile 2013 n. 23107; Cass. sez.V, 12 dicembre 2013-13 marzo 2014 n. 12220
Cass. sez.I, 10 gennaio 2014 n. 8362; Cass. sez.VI, 12 febbraio 2014 n. 17938; Cass. sez.II,
19 marzo 2014 n. 15097; Cass. sez.I, 2 aprile 2014 n. 18234) – ha ritenuto l’applicabilità della
norma stessa al processo penale in fattispecie come quella in esame (Cass. sez.III, 16

1289; Cass. sez.VI, ord. 5 febbraio 2014 n. 11933).
Sono quindi intervenute le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, che hanno confermato il
maggioritario, più rigoroso orientamento, non reputando principio generale estensibile al
processo penale quello evincibile dalla norma del codice di procedura civile (S.U. 30 ottobre
2014 n. 47239: “È inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il decreto che
dispone la misura di prevenzione della confisca, dal difensore del terzo interessato non munito
di procura speciale, ex art. 100, c.p.p..; né, in tal caso, può trovare applicazione la
disposizione di cui all’art. 182, comma secondo, c.p.c., per la regolarizzazione del difetto di
rappresentanza.”).
Viene dunque meno – non sussistendo alcuna valida argomentazione per distogliersi da tale
recentissimo intervento nomofilattico – la fondatezza del motivo laddove era invocata quella
giurisprudenza, appunto, che riteneva governata dall’articolo 182, secondo comma, c.p.c.
anche la fattispecie penale in esame.
3.2 Peraltro, oltre a ciò, e anzi in tesi nelle argomentazioni del ricorso, il ricorrente sostiene
che in effetti la procura speciale era stata rilasciata dallo Scampertì ai difensori, conferendo
loro tutti i poteri necessari per l’impugnazione dell’atto, “atteso che egli sottoscrive l’atto di
proprio pugno (evidentemente facendolo proprio) e i difensori sottoscrivono

“anche per

autentica” “.
Se è vero che il conferimento della procura ex articolo 100 c.p.p. – in conformità con il
generale principio per cui negli atti processuali la volontà di chi li pone in essere non occorre
rivesta formule sacramentali qualora sia comunque chiaramente manifestata – deve essere
vagliato verificando l’inequivoca sussistenza della volontà di chi la conferisce di attribuire a un
determinato professionista l’incarico di svolgere tutte le difese necessarie alla tutela delle
proprie ragioni in una specifica procedura (da ultimo Cass. sez.VI, 12 dicembre 2013-14
gennaio 2014 n. 1286 e Cass. sez.VI, 12 dicembre 2013 – 14 gennaio 2014 n. 1289; il primo
arresto è stato richiamato in modo espresso ed adesivo anche nella motivazione di S.U. 30
ottobre 2014 n. 47239, a pagina 13), è pure vero, tuttavia, che la non necessità di formule
sacramentali non equivale certo alla sufficienza di modalità di conferimento incomplete ed

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dicembre 2010-24 marzo 2011 n. 11966; Cass. sez.VI, 20 novembre 2012-10 gennaio 2013 n.

ambigue, dal momento che ciò che rileva è proprio l’assoluta certezza del conferimento
dell’incarico in modo completo e in relazione a un procedimento specificamente indicato. Nel
caso in esame, la procura in realtà neppure sussiste, poiché né in calce né in margine dell’atto
di appello figurano dichiarazioni che manifestino una volontà riconducibile all’articolo 100 c.p.p.
dello Scannperti. Soltanto nell’incipit dell’atto figura scritto che il suddetto lo sottoscrive “per
ratifica e conferimento nomina” (sic), e alla fine dell’atto vi è sottoscrizione dello Scamperti con
autentica di avvocato. Una simile condotta risulta, appunto, ambigua, ben potendosi sostenere

procura significa che egli abbia voluto renderlo attribuibile direttamente a sè stesso, anzichè
conferire al difensore l’incarico di presentare a suo favore l’appello cautelare e svolgere tutte le
tutele necessarie nel conseguente procedimento.
Anche sotto questo aspetto, dunque, il ricorso non può essere accolto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 16 aprile 2015

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

che il fatto che lo Scamperti abbia sottoscritto egli stesso l’atto anziché sottoscrivere una

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