Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19345 del 11/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19345 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

Data Udienza: 11/02/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli
2. Guidetti Vincenzo – parte civile
nel procedimento nei confronti di
1. Scialle Vincenzo, nato a Casoria il 19/02/1955
2. Allocca Antonio, nato a Marigliano il 07/03/1957
3. Trascente Francesco, nato a Marigliano il 24/07/1953

avverso la sentenza del 13/02/2012 del Tribunale di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per l’imputato Antonio Allocca l’avv. Bruno Mannaro in sostituzione dell’avv.
Gianpaolo Buono, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del
ricorso del P.M., in quanto fuori termine, e il rigetto di quello proposto dalla parte
civile;

,r/

udito per l’imputato Francesco Trascente l’avv. Angelo Carbone, che ha concluso
chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 13 febbraio 2012 il giudice dell’udienza preliminare
presso il Tribunale di Napoli ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di
Vincenzo Scialla, Antonio Allocca e Francesco Trascente in ordine ai reati di
erano imputati in concorso fra loro.
1.1. Secondo l’ipotesi accusatoria lo Scialla, nella sua veste di ufficiale
giudiziario, unitamente all’esecutante Allocca e al di lui difensore Trascente,
abusando della sua qualità di pubblico ufficiale aveva eseguito un accesso
nell’abitazione di Vincenzo Guidetti per eseguire lo sfratto in mancanza di un
titolo idoneo, in quanto la sentenza di rilascio era priva della formula esecutiva;
così operando aveva consentito all’Allocca di trarre vantaggio, in danno del
Guidetti, dall’acquisizione di informazioni sulla consistenza dell’appartamento,
per la cui proprietà era in corso una controversia civile.
1.2. Ha ritenuto il g.u.p. che non fosse configurabile la violazione di
domicilio, in quanto l’accesso degli imputati era avvenuto col consenso
dell’avente diritto; che nessun ingiusto vantaggio fosse derivato all’Allocca, in
quanto l’esecuzione da lui promossa dipendeva da una sentenza legittimamente
emessa; che neppure vi fosse stata un’anticipazione dell’esecuzione rispetto al
tempo previsto, in quanto il precetto era prossimo a scadere; che l’acquisizione
di informazioni sull’appartamento non avesse alcun riflesso patrimoniale; che lo
Scialla, nella sua qualità di ufficiale giudiziario, fosse legittimato a svolgere il
proprio compito nell’intero mandamento dell’isola di Ischia.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Guidetti, nella sua qualità di parte
civile, deducendo censure riconducibili a un solo motivo. Con esso lamenta che il
g.u.p. si sia sostituito al giudice del dibattimento, emettendo una decisione sulla
fondatezza delle imputazioni, invece di limitarsi a formulare una valutazione circa
la sostenibilità dell’accusa in giudizio. Contrasta, altresì, le considerazioni svolte
nella sentenza impugnata in ordine alla legittimità dell’operato dell’ufficiale
giudiziario.
3. Si è gravato anche il pubblico ministero, denunciando carenza di
motivazione in ordine alla ritenuta esclusione dell’ingiustizia del danno alla
persona offesa e del vantaggio patrimoniale derivante agli interessati dalla

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A

abuso d’ufficio e violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale, dei quali

liberazione dell’immobile, nonché in ordine alla sussistenza di un titolo idoneo al
rilascio.
4. Vi è agli atti una memoria difensiva nell’interesse dell’imputato Scialla,
con la quale ci si oppone all’accoglimento dei ricorsi, formulando altresì
eccezione di inammissibilità di quello del pubblico ministero, in quanto proposto
fuori termine, e di quello della parte civile, stante la ritenuta appellabilità della
sentenza ex art. 428 cod. proc. pen..
illustrativa dei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso del pubblico ministero, per
tardività della presentazione, è fondata e merita accoglimento.
1.1. Secondo un principio ormai saldamente affermatosi nella giurisprudenza
di questa Corte Suprema (v. per tutte Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv.
249670), il termine di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere,
pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, è quello di quindici giorni previsto
dall’art. 585, comma primo, lett. a), cod. proc. pen. per i provvedimenti emessi
in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo stesso decorre, per le parti
presenti, dalla lettura in udienza della sentenza contestualmente motivata
ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta giorni, in caso di motivazione
differita e depositata entro tale termine. Resta fermo, altresì, l’ulteriore principio
in base al quale il deposito della sentenza effettuato dopo la data come sopra
stabilita non influisce sulla durata del termine per impugnare, ma soltanto sulla
sua decorrenza, che coincide con la notifica dell’avviso ex art. 548, comma 2,
cod. proc. pen. in base al disposto dell’art. 585, comma 2, lett. c) dello stesso
codice.
1.2. Nel caso di cui ci si occupa la sentenza di non luogo a procedere,
deliberata il 13 febbraio 2012, è stata depositata il successivo 20 marzo, perciò
fuori termine; l’avviso di cui all’art. 548, comma 2, cod. proc. pen. è stato
notificato al pubblico ministero il 23 marzo 2012, per cui il termine per
impugnare, di quindici giorni da quest’ultima data, è venuto a scadenza il 7
aprile 2012: ne deriva la tardività del ricorso, formato il 17 aprile 2012 e
successivamente depositato.
2. Non ha fondamento, di contro, l’eccezione di inammissibilità del ricorso
proposto dalla parte civile. Indiscussa la tempestività della sua proposizione,

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4.1. A sua volta la parte civile ha depositato memoria, ulteriormente

secondo la difesa dell’imputato Scialla il vizio consisterebbe nell’aver esperito il
ricorso per cassazione avverso una sentenza appellabile ai sensi dell’art. 428
cod. proc. pen.. Ma l’assunto – che fra l’altro trascura di prendere in
considerazione il disposto dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. – non tiene
conto della modifica all’assetto normativo introdotta dall’art. 4 della legge 20
febbraio 2006, n. 46, che ha soppresso la facoltà di appello avverso la sentenza
di non luogo a procedere, rendendo esperibile il solo ricorso per cassazione.

da rigettare in quanto infondato.
3.1. Giuridicamente corretto, e sorretto da logica motivazione, è il giudizio
formulato dal g.u.p. nell’escludere risvolti di illiceità penale nell’operato dell’ufficiale giudiziario Vincenzo Scialla: sia perché il provvedimento di rilascio ordinanza o sentenza che fosse – cui egli si apprestava a dare esecuzione era
effettivamente esecutivo, essendo soltanto viziata da irritualità formale la copia
in suo possesso (sicuramente esistente, perché visionata – e contestata – dai
presenti, come riferito nella querela); sia perché, dopo avere raccolto a verbale
le osservazioni inerenti alla eccepita irritualità per mancata apposizione della
formula esecutiva, lo Scialla ottemperò all’invito ad uscire dall’abitazione del
Guidetti, nella quale era entrato senza opposizione degli occupanti; sia, infine,
perché l’ipotesi di una sua incompetenza territoriale a dar corso agli atti esecutivi
è risultata insussistente alla stregua della nota di servizio datata 12 giugno 2009,
prodotta dalla difesa.
3.2. La sentenza qui impugnata si sofferma anche sulla posizione
processuale dell’esecutante Antonio Allocca e del suo difensore Vincenzo
Trascente, per rimarcare l’insussistenza di un vantaggio patrimoniale a loro
favore; ma sarebbe bastato osservare che le imputazioni a loro carico, basandosi
sul concorso nei reati propri ascritti allo Scialla, restavano travolte dalla ritenuta
liceità dell’operato di costui.
3.3. Priva di fondamento è, altresì, la censura con la quale il ricorrente
rimprovera al g.u.p. di essersi sostituito al giudice del dibattimento, anticipando
il giudizio di innocenza degli imputati anziché interrogarsi sulla sostenibilità
dell’accusa in giudizio. In realtà la sentenza dà atto di una valutazione di segno
negativo espressamente formulata in tale prospettiva, con l’osservare che, alla
stregua di quanto considerato nella motivazione (come sopra riepilogato), «in
ragione della deficienza degli elementi essenziali del delitto il richiesto
dibattimento non potrebbe essere suscettibile di sviluppi positivi per l’accusa». In
aggiunta a ciò va altresì ricordato che, per disposto dell’art. 425, comma 1, cod.
proc. pen., il giudice dell’udienza preliminare è incondizionatamente tenuto ad

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3. Ammissibile per quanto suesposto, il ricorso della parte civile è tuttavia

emettere sentenza di non luogo a procedere quando rilevi – in alternativa ad
altre ipotesi – l’insussistenza del fatto oggetto d’imputazione. Proprio a
quest’ultima conclusione è pervenuto nel caso di specie il g.u.p. di Napoli, in
esito a motivata valutazione del materiale probatorio.
4. Al rigetto del ricorso della parte civile consegue la sua condanna al
pagamento delle spese processuali.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero e rigetta quello della
parte civile, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/02/2013.

P.Q.M.

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