Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19335 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19335 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARINO GIUSEPPE N. IL 21/03/1946
avverso la sentenza n. 57/2010 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 01/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di assise di appello di Napoli
confermava la decisione del Gup del Tribunale della sede con la quale, all’esito del giudizio
abbreviato, condannava Giuseppe Marino, ritenuta la circostanza attenuante di cui all’art.
8 I. n. 203 del 1991, alla pena di anni nove di reclusione per i reati di omicidio e per le
relative violazioni in materia di armi, aggravati anche ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152 del
1991, come specificamente indicati.

Propone ricorso per cassazione l’imputato, personalmente, denunciando la

violazione di legge ed il vizio di motivazione relativamente alla entità della pena
determinata in misura superiore al minimo edittale, nonché, al diniego delle invocate
circostanze attenuanti generiche in considerazione dell’apporto collaborativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il denunciato vizio della motivazione della sentenza impugnata avuto riguardo sia
alla determinazione della entità della pena che al diniego delle circostanze attenuanti
generiche deve ritenersi manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale indicato in
maniera logica ed esauriente le argomentazioni poste a fondamento della propria
decisione evidenziando la diversa

ratio della circostanza attenuante riconosciuta in

ragione dalla collaborazione e sottolineando i numerosi precedenti penali e la gravità dei
reati.
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art.

62-bis cod. pen. è

oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata
sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di
legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti
di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688, 24/09/2008, Caridi, rv. 242419).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa della
ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2013.

2.

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