Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19333 del 14/12/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19333 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BATTAGLIA VINCENZO N. IL 01/08/1967
avverso la sentenza n. 129/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 30/09/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/12/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO VANNUCCI
che ha concluso per

Data Udienza: 14/12/2016

f-))
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Luca Tampieri, che ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Udito per il ricorrente l’avvocato Antonio Di Micco che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso

OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. che il 17 ottobre 2013 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli
esercitò nei confronti di Bernardino Formicola, Pacifico Silenzio e Vincenzo Battaglia, azioni

in concorso fra loro: a) il delitto di omicidio di Antonio Erbetti, aggravato dalla premeditazione,
dall’abietto motivo di supremazia camorristica e dall’essersi avvalsi delle condizioni previste
dall’art. 416-bis cod.pen. per rafforzare l’associazione di camorra denominata «clan Formicola»
(artt. 110, 575, 577, nn. 3) e 4), cod.pen., 7 legge n. 203 del 2991); b) il delitto di detenzione
e porto in luogo pubblico, aggravati, della pistola utilizzata per uccidere tale persona (artt. 81
cpv., 110, 61, n. 2), cod.pen., 10, 12, 14 della legge n. 497 del 1974, 7 della legge n. 2013
del 1991);
che secondo il primo capo di imputazione, in particolare: il mandante dell’omicidio era
da identificare in Vincenzo Battaglia, dirigente il

«clan Formicola»;

l’omicidio, consistito

nell’esplodere verso Erbetti numerosi colpi di pistola era stato pianificato dai tre imputati ed
era stato materialmente consumato da Bernardino Formicola (che aveva sparato con un pistola
calibro 9 parabellum) e da Pacifico Silenzio (che aveva guidato il motociclo con il quale
Formicola era stato accompagnato sul luogo del delitto);
2. che, con sentenza emessa il 24 marzo 2014, definitiva di procedimento svoltosi nelle
forme del giudizio abbreviato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli:
a) assolse Silenzio e Formicola dalle accuse loro rispettivamente contestate per non
avere commesso il fatto;
b) dopo avere ritenuto compresa nell’aggravante speciale di cui all’art. 7 della legge n.
203 del 1991 l’aggravante comune del motivo abietto, avere riconosciuto sussistenti tanto
l’attenuante speciale prevista dall’art. 8 della legge n. 203 del 1991 che la continuazione fra i
due delitti contestati, condannò Battaglia alla pena di anni diciotto di reclusione ed alle sanzioni
criminali accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dell’interdizione e della
sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale, applicando la misura di scurezza della
libertà vigilata della durata di tre anni dopo l’esecuzione della pena detentiva;
3. che le statuizioni contenute in tale sentenza formarono oggetto di impugnazione in
grado di appello da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Direzione Distrettuale Antimafia, del Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli e
del difensore dell’imputato Battaglia;
che, in particolare, con ciascun atto di impulso al processo di appello la parte pubblica
concluse chiedendo, previa riforma delle decisioni di assoluzione di Silenzio e di Formicola per i

penali accusandoli, per quanto qui interessa, di avere commesso, il 31 agosto 2006 in Napoli,

motivi in ciascuno di tali atti evidenziati, la condanna di ciascuno di tali imputati alla pena nella
misura che sarebbe stata indicata dal pubblico ministero all’udienza di discussione del giudizio
di appello;
che, per quanto qui interessa, il difensore dell’imputato Battaglia dedusse quali motivi di
censura alla sentenza di primo grado: il mancato riconoscimento della speciale attenuante di
cui all’art. 8 della legge n. 203 del 1991 nella sua massima estensione; la mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche; la non determinazione di minimo aumento
della pena risultante dall’accertata sussistenza del vincolo della continuazione fra i delitti per i

4. che la Corte di assise di appello di Napoli, con sentenza emessa il 30 settembre
2015: ha confermato le decisioni con le quali il giudice di primo grado aveva assolto Formicola
e Silenzio dalla commissione dei delitti sopra indicati; in parziale riforma della decisione
relativa a Battaglia, ha ridotto a dieci anni di reclusione la pena oggetto della sentenza di
condanna nei confronti di tale persona emessa;
che, per quanto in questa sede interessa, a sostegno della decisione relativa alla
determinazione della pena inflitta a Battaglia il giudice di appello ha evidenziato che: il primo
motivo di appello era fondato, dal momento che l’imputato, ammettendo la propria
responsabilità e consentendo così di individuare uno dei mandanti dell’omicidio di Erbetti,
aveva reso dichiarazioni quanto mai rilevanti che giustificavano un riduzione di pena maggiore
di quella decisa in primo grado; non potevano essere concesse le richieste circostanze
attenuanti generiche, dal momento che nei motivi di appello il difensore si era limitato a
valorizzare la «corretta condotta processuale dell’imputato che ha rivisitato criticamente lo stile
di vita anteatta ripudiando i disvalori dello stesso e ponendo in essere un processo di
ravvedimento personale e di reinserimento familiare e sociale»;

il contenuto di tale tipo di

deduzioni non consentiva di concedere le invocate attenuanti, dal momento che, da un lato, gli
elementi posti a fondamento della circostanza attenuante speciale di cui all’art. 8 della legge n.
203 del 1991 non potevano, una seconda volta, essere presi in considerazione per giustificare
la concessione delle attenuanti di cui all’art.62-bis cod.pen., pena una inammissibile duplice
valorizzazione dei medesimi e, dall’altro, il regime di vita e l’atteggiamento processuale
conseguenti alla scelta di collaborare con la giustizia debbono essere necessariamente
improntati a criterio di legalità e correttezza, pena la perdita del programma speciale di
protezione (e dei relativi benefici economici) e tale doverosa condotta era inapprezzabile in
funzione della concessione delle circostanze attenuanti generiche; l’aumento della pena (due
anni di reclusione) per l’applicazione dell’istituto della continuazione deciso dal giudice di primo
grado era affatto proporzionato alla gravità del delitto, meno grave, di porto e detenzione
illegale di arma comune da sparo aggravato; la pena da irrogare poteva dunque essere
determinata in dieci anni di reclusione (pena base dell’ergastolo per il delitto di omicidio,
ridotta a tredici anni di reclusione per l’attenuante speciale di cui all’art. 8 della legge n. 203
del 1991, aumentata di due anni ex art. 81, secondo comma, cod.pen., diminuita di anni

quali era stata pronunciata condanna;

cinque in conseguenza del rito speciale applicato per la definizione del merito del processo di
primo grado);
5. che per l’annullamento di tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato
deducendo vizi consistenti in «violazione dell’articolo 606 c.p.p., lett. c) ed e) e dell’articolo 62bis e 133 c.p. in relazione all’art. 606, lett. e)»;
che, in primo luogo la sentenza è censurata per avere ritenuto sussistente la
responsabilità del Signor Battaglia nella commissione dei due delitti a lui contestati nonostante
l’assoluzione dei coimputati Formicola e Silenzio;

Battaglia nel conferimento del mandato ad uccidere, non potendo le dichiarazioni di tale
imputato valere come confessione del conferimento di tale mandato, dal momento che egli si
era limitato ad una generica approvazione dell’operato delittuoso altrui, rimasto privo, secondo
le argomentazioni della Corte di assise di appello, di tranquillizzanti riscontri oggettivi e
soggettivi;
che nella sentenza sarebbe ravvisabile intima contraddizione fra due momenti
valutativi: il primo, frutto di erronea applicazione dell’art. 192 cod.proc.pen., di apprezzamento
negativo della credibilità, intrinseca ed estrinseca, del collaboratore di giustizia; il secondo, in
contraddizione col primo, fondante l’affermazione della sola responsabilità dello stesso
collaboratore;
che la sentenza viene poi criticata per non avere dato alcuna motivazione in ordine al
diniego di concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e sulla recidiva
contestate, mentre la condotta successiva al reato, di aperta collaborazione dell’imputato, non
era stata valutata, al pari del di lui ravvedimento;
6. che, in riferimento al primo motivo di ricorso, si osserva che, come sopra evidenziato
nel precedente punto 3., il Signor Battaglia propose appello contro la sentenza emessa il 24
marzo 2014 formulando motivi solo relativi, in senso lato, alla misura della sanzione penale ad
esso inflitta con tale sentenza;
che la cognizione del giudice di appello era dunque limitata ai punti di decisione in
questione e non poteva, dunque, estendersi a quelli relativi alla responsabilità di tale persona
nella commissione dei due delitti sopra richiamati (art. 597, comma 1, cod.proc.pen.);
che nel caso in esame non sono dedotte, e neppure risultano, cause, originarie ovvero
sopravvenute, di estinzione dei delitti medesimi, con la conseguenza che dalla mancata
impugnazione della, in primo grado accertata, responsabilità di tale imputato quanto alla
commissione di tali delitti si è formata preclusione processuale su tale specifico punto,
derivante dall’applicazione della disposizione del codice di rito da ultimo indicata e dalla scelta,
dispositiva, relativa alla indicazione dei motivi da sottoporre al giudice di merito in grado di
appello (cfr. per tutte, per la distinzione fra giudicato in senso stretto e preclusione
processuale interna relativa all’accertamento di responsabilità dell’imputato, Cass. S.U., n. 1
del 19 gennaio 2000, Tuzzolino, Rv. 216239);

che tale assoluzione lascerebbe indimostrato il coinvolgimento, anche indiretto, di

che dalla preclusione processuale sul punto specifico formatasi nel giudizio di appello
deriva l’inammissibilità dei motivi di critica alla sentenza, in questa sede dedotti, che tendano a
porre in discussione la, non devoluta in appello, questione relativa alla responsabilità
dell’odierno ricorrente nella commissione dei due delitti;
che, infine, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la sentenza di appello non
ha posto in discussione l’attendibilità delle dichiarazioni rese da Battaglia quanto all’esecuzione
dell’omicidio di Erbetti (è incontroverso che a tale esecuzione l’odierno ricorrente non prese
parte), avendo solo affermato che queste non avevano trovato riscontro esterno nel contenuto

punto specifico della partecipazione di Formicola e Silenzio alla commissione materiale del
delitto;
che, per quanto evidenziato, il primo motivo di ricorso è dunque inammissibile;
7. che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente (secondo motivo di ricorso), non
è vero che il giudice di appello non abbia dato alcuna motivazione a fondamento del diniego
della concessione delle circostanze attenuanti generiche;
che, invero, la motivazione sussiste, è specifica ed è immune da vizi logici e giuridici
(pagg. 22 e 23 della sentenza);
che, in particolare, dopo avere fatto applicazione dell’attenuante speciale di cui all’art. 8
del d.l. n.152, convertito, con modificazioni, in legge n. 203 del 1991, fino quasi al massimo di
quanto dalla legge consentito (l’ergastolo per il delitto di omicidio è stato sostituito con la
reclusione pari a tredici anni), la corte territoriale ha correttamente ritenuto, sul punto
adeguandosi ai principi di diritto affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, che
non vi fossero i presupposti per concedere le circostanze attenuanti generiche per come
invocate nel motivi di appello sul punto, in quanto gli elementi che l’appellante indicava come
da considerare per l’applicazione dell’art.

62-bis

cod.pen. erano gli stessi fondanti

l’accertamento dei presupposti richiesti dalla legge per applicare la sopra menzionata
circostanza attenuante ad effetto speciale, con la conseguenza che essi non potevano essere
una seconda volta considerati in funzione della concessione delle circostanze attenuanti
generiche (cfr., in questo senso, Cass. Sez. 6, n. 49820 del 5 dicembre 2013,

Billizzi e altri,

Rv. 258136; Cass. Sez. 5, n. 34574 del 13 luglio 2010, Russo, Rv. 248176);
che, inoltre, a proposito della considerazione del mutato regime di vita dell’imputato e
del di lui atteggiamento processuale, conseguenti alla scelta di collaborare con la giustizia, la
motivazione è congrua ed immune da vizi logici nella parte in cui evidenzia che tali fatti sono
non apprezzabili in funzione della concessione della circostanze attenuanti generiche,
trattandosi di comportamenti doverosi per chi, come il ricorrente, è soggetto a programma
speciale di protezione ed usufruisce dei benefici economici dalla legge riservati ai collaboratori
di giustizia;
che, in definitiva, il motivo in questione è manifestamente infondato;

4

delle dichiarazioni rese da Claudio Esposito, queste sì ritenute scarsamente attendibili, sul

8. che, in conclusione, il ricorso è da dichiarare inammissibile in ragione della manifesta
infondatezza, ovvero della intrinseca inammissibilità, dei relativi motivi (art. 606, comma, 3,
cod.proc.pen.);

che da tale statuizione deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al pagamento di €. 1.500 a favore della Cassa delle Ammende (art. 616

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €. 1.500 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 14 dicembre 2016

cod.proc.pen.).

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