Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19332 del 14/12/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19332 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARDONE MASSIMO N. IL 22/02/1974
avverso la sentenza n. 3337/2014 CORTE APPELLO di BARI, del
27/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/12/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCO VANNUCCI
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, ‘ vv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 14/12/2016

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Luca Tampieri, che ha concluso chiedendo
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente e per la parte civile Miriam Morelli nessuno è comparso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 27 maggio 2015 la Corte di appello di Bari confermò la
sentenza, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia il 30 aprile 2014,

nelle forme del giudizio abbreviato, alla pena di quattro anni di reclusione ed euro 10.000 di
multa, nonché a risarcire, in forma generica, il danno cagionato alla parte civile Miriam Morelli,
perché ritenuto responsabile di avere commesso, il 5 dicembre 2013 in Foggia, in esecuzione
di medesimo disegno criminoso (art. 81, secondo comma, cod.pen.), i seguenti reati: a)
detenzione illegale di arma comune da sparo (artt. 2 e 7 legge n. 895 del 1967); b) detenzione
di un proiettile calibro 7,65 non previamente denunziata all’autorità di pubblica sicurezza (art.
697 cod.pen.); c) esplosione di colpi, mediante l’arma illegalmente detenuta, in direzione di
pubblica via (art. 703 cod.pen.); d) danneggiamento, mediante proiettili esplosi dalla stessa
arma, di due autovetture, in sosta sulla pubblica via, di cui erano, rispettivamente, proprietari
Miriam Morelli e Domenico Fiore (art. 635, capoverso, cod.pen., in relazione all’art. 625
cod.pen.); e) plurime violazioni, consistite nelle condotte testé indicate, alla prescrizione del
rispetto della legge ad esso imposta dai decreti n. 69/11 e n. 103/09 impositivi della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel territorio del Comune
di Foggia, nei suoi confronti emessi dal Tribunale di Foggia (artt. 81 cod.pen. e 75, comma 2,
del d.lgs. n. 159 del 2011).
La responsabilità dell’imputato, sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza
con obbligo di soggiorno entro il territorio del Comune di Foggia, con i decreti sopra indicati, in
ordine alla commissione dei reati a lui contestati è stata in particolare desunta dal contenuto
delle dichiarazioni rispettivamente rese dalle seguenti persone informate dei fatti: Patrizia
Giovina Campanaro, secondo cui la sera del 5 dicembre 2013, dopo avere udito numerose
esplosioni (in un primo momento scambiate per scoppi di petardi) e di avere inteso Cardone
urlare frasi incomprensibili, si era affacciata al balcone della propria abitazione, posto di fronte
a quello della dimora di Cardone, ed aveva veduto l’uomo impugnare una pistola e con questa
sparare verso la strada e, dopo essere rientrata in casa, di avere udito altri spari e veduto
costui sbattere con forza la pistola sul davanzale del balcone della propria casa; Miriam Morelli
(figlia della Signora Campanaro e con essa convivente), secondo cui quella sera aveva udito
numerosi scoppi (da essa ritenuti provenienti da petardi) e la voce di Cardone che rideva ed
urlava frasi incomprensibili; Domenico Fiore e Gaetana Daniela Fiscarelli, che riferivano di
avere udito la stessa sera dei colpi in sequenza che avevano, del pari, ritenuto provenire da
petardi.

con la quale Massimo Cardone era stato condannato, a definizione di procedimento svoltosi

Il contenuto di tali dichiarazioni aveva trovato riscontro negli accertamenti eseguiti nel
pomeriggio del 6 dicembre 2013 dai carabinieri che: avevano rinvenuto venti bossoli ed un
proiettile calibro 7,65 sull’asfalto della strada, in corrispondenza del balcone, lato cucina,
dell’appartamento abitato da Cardone; avevano riscontrato numerosi fori di proiettile sulle
carrozzerie delle autovetture, in sosta sulla pubblica via, di cui erano rispettivamente
proprietari Miriam Morelli e Domenico Fiore; dopo avere perquisito l’abitazione di Cardone
senza trovare alcuna arma da sparo, avevano rinvenuto in una tasca del giubbotto di Cardone

In considerazione del contenuto dei motivi di appello, con la sentenza in questa sede
impugnata: sono state ritenute particolarmente attendibili le dichiarazioni rese, a distanza di
poche ore dai fatti, dalla Signora Campanaro, anche perché Cardone, in sede di interrogatorio,
aveva dichiarato non sussistere alcun motivo di astio fra la Signora e la sua persona; la
mancata, immediata, denuncia dei fatti accaduti la sera del 5 dicembre 2013, è stata ritenuta
conseguenza della volontà di Campanaro di non inasprire i rapporti con Cardone, che era solito
mostrarsi nudo sul balcone della propria abitazione ed importunare il vicinato, e non dar
pretesti per ulteriori, simili, atteggiamenti (il contenuto di tali ultime affermazioni era stato
confermato da Fiore); è stato evidenziato che le dichiarazioni di Campanaro avevano trovato,
parziale, riscontro in quelle rese dagli altri testimoni escussi e negli accertamenti eseguiti dai
carabinieri il giorno successivo; è stata ribadita la non sussistenza di contraddizioni fra le
dichiarazioni rispettivamente rese da Campanaro e dalla di lei figlia; è stata evidenziata
l’esistenza di riscontri oggettivi, sopra richiamati, al contenuto delle dichiarazioni di
Campanaro.
2. Per l’annullamento di tale sentenza il difensore del Signor Cardone ha depositato,
nell’interesse dell’imputato, ricorso con il quale è stata dedotta erronea valutazione della prova
«per travisamento dei fatti e per illogicità della motivazione».

Ad avviso del ricorrente, il giudice di appello: non avrebbe verificato l’attendibilità delle
dichiarazioni rese dalla Signora Campanaro, dal momento che vi erano motivi di astio fra costei
e l’imputato, risultanti dallo stesso contenuto della sentenza impugnata; non avrebbe
confrontato le dichiarazioni rese da Campanaro con quelle fatte dalla figlia, apparendo affatto
singolare che tali persone non abbiano discusso nell’immediatezza dell’accaduto, non si siano
spaventate, non abbiano deciso di fare intervenire le forze dell’ordine la sera del 5 dicembre
2013; avrebbe dato spiegazione illogica in ordine al motivo per cui Campanaro non ebbe a
denunciare i fatti da lei asseritamente veduti poco dopo la loro commissione; le dichiarazioni di
Campanaro e di Morelli in ordine alle urla di Cardone non avrebbero trovato riscontro in quelle
di Fiore e Fiscarelli che avevano dichiarato di avere udito solo delle esplosioni; Morelli aveva
riferito di risate provenienti da Cardone mentre la madre nulla aveva detto al riguardo; la
dichiarazione di Campanaro, secondo cui Cardone avrebbe, con il braccio teso, sparato verso la
strada puntando l’arma

«verso il giardino pubblico che è di fronte alle abitazioni»,

era

contraddittoria rispetto alla collocazione degli autoveicoli sulla pubblica via sotto il balcone

2

un proiettile calibro 7,65 uguale a quello rinvenuto in strada.

dell’abitazione dell’imputato; se quanto affermato da Campanaro fosse stato vero,

«gli

inquirenti avrebbero dovuto trovare proiettili pur anche in quella direzione, conficcati nel
terreno o conficcati negli alberi, cosa della quale non v’è traccia alcuna»;

quanto al

rinvenimento del proiettile calibro 7,65 in una delle tasche del giubbotto da esso ricorrente
indossato nel pomeriggio del 6 dicembre 2013, il giudice di appello non aveva dato alcun peso
alle dichiarazioni rese da Cardone secondo cui la mattina di tale giorno egli avrebbe rinvenuto
il proiettile davanti al porticato della propria abitazione e di avere deciso di rimuoverlo e
«al fine di non far ricadere su di sé eventuali colpe per l’accaduto,

dimenticandolo fino a quando all’atto della perquisizione non gli venne ritrovato nel giubbotto».

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’unico motivo di ricorso, con il quale si imputa alla sentenza impugnata vizio di
travisamento della prova (nel caso di specie, di fonte orale e derivante da fatti oggettivamente
accertati) fondante la conferma di accertamento della responsabilità dell’imputato quanto alla
commissione dei reati a lui contestati, è inammissibile in quanto, lungi dal confrontarsi con i
motivi fondanti la decisione emessa nel giudizio di appello in risposta ai motivi di impugnazione
dall’imputato in quella sede dedotti, in buona sostanza ripropone a questa Corte (per quanto
risulta dal raffronto fra i motivi di ricorso per cassazione e quelli di appello) i medesimi
argomenti sul punto fatti valere avanti il giudice di appello per contrastare il contenuto della
motivazione della decisione emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Foggia.
Alla luce del contenuto precettivo recato dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen.,
costituisce invero principio affatto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo
cui il vizio di travisamento della prova da parte del giudice di merito la cui decisione venga
sottoposta alla critica di legittimità può essere dedotto, nel caso (ricorrente nella specie) di
decisione di appello interamente confermativa di quella di primo grado, sia nell’ipotesi (non
dedotta nel ricorso) in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi
di gravame, abbia richiamato elementi di prova non esaminati dal primo giudice, sia quando
entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze
probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza, risultante dal testo
delle sentenze, da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle
motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel
contraddittorio delle parti; con la precisazione che il travisamento, in ipotesi accertato, sia
idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica illogica la motivazione
per la essenziale forza dimostrativa del dato probatorio, fermi restando il limite del devolutum
in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del
risultato probatorio. (in questo senso, in riferimento alla prima affermazione, cfr. Cass. Sez. 4,
n. 44765 del 22 ottobre 2013, Buonfine e altri, Rv. 256837; Cass. Sez. 2, n. 5223 del 24

3

metterlo in tasca

gennaio 2007, Medina ed altri, Rv. 236130; quanto alla seconda precisazione, cfr. Cass. Sez. 6
n. 5146 del 16 gennaio 2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774; Cass. Sez. 1, n. 24667 del 15
giugno 2007, Musumeci, Rv. 237207).
A fronte di sentenza di appello che, come quella in esame, in risposta ai motivi di
impugnazione fatti valere dall’imputato, ha dato specifica ed esaustiva motivazione in ordine
alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni rese dall’unica persona che vide l’odierno imputato
esplodere dei colpi di pistola verso la strada (le esplosioni, scambiate per quelle provenienti da

testimone, giustificante la non immediata denuncia del fatto, è stato ritenuto attendibile perché
avente riscontro in dichiarazione resa da altra persona informata dei fatti; il racconto della
testimone oculare ha trovato oggettivo riscontro nelle accertate, da terzi, conseguenze degli
spari; un proiettile identico ad uno rinvenuto in strada era detenuto dall’imputato), il ricorso
tende, in considerazione del relativo contenuto, a sollecitare al giudice di legittimità un non
consentito (dalla legge processuale) esame delle valutazioni di merito compiute dalla sentenza
impugnata quanto agli elementi di prova da esso considerati in funzione della propria
decisione.
Il ricorso è dunque da dichiarare inammissibile (art. 606, comma, 3, cod.proc.pen.): da
tale statuizione deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
al pagamento di C. 1.500 a favore della Cassa delle Ammende (art. 616 cod.proc.pen.).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C. 1.500 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 14 dicembre 2016.

Il Consigliere estensore
Marco Vapnucci
tilit ‘MAI—.

Il Presidente
Massimo Vecchio
-AbeSsUMAL4A) ‘fitC4A4:

petardi, vennero udite da altre tre persone informate dei fatti; il motivo, indicato dall’unica

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