Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19329 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19329 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FIDANZA ANGELO N. IL 04/06/1976
nei confronti di:
PAGANI MANOLA N. IL 27/04/1972
avverso la sentenza n. 1904/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
29/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Brescia, riformando la
sentenza di primo grado, assolveva Manola Pagani dal reato di cui all’art. 660 cod. pen..

2. Avverso la citata sentenza proponeva, personalmente, ricorso per cassazione la
parte civile costituita denunciando la violazione di legge in ordine alla valutazione della
prova e il vizio di motivazione.
Denuncia, in specie, che è stata ritenuta una falsa rappresentazione della realtà in

dell’imputata. E’ stato, infatti, più volte ribadito dalla parte civile che la relazione
sentimentale era terminata molti mesi prima del novembre 2010. Sussistono, pertanto, gli
elementi costitutivi del reato di cui all’art. 660 cod.pen. avendo la Pagani tenuto un
comportamento pressante, insistente ed impertinente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Come è noto la contravvenzione di cui all’art. 660 cod. pen., richiede che l’agente sia
mosso da petulanza o da altro biasimevole motivo, consistente nella volontà di interferire
inopportunamente nell’altrui sfera di libertà, laddove, il biasimevole motivo, pur diverso
dalla petulanza, è ugualmente riprovevole in se stesso o in relazione alla persona
molestata.
Invero, la motivazione della sentenza impugnata ha dato conto della valutazione
della mancanza della prova della sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del
reato in contestazione.
A fronte di ciò le doglianze proposte con il ricorso dalla parte civile sono volte ad una
inammissibile rivalutazione delle circostanze di fatto acquisite nel processo.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al
versamento della somma, tale ritenuta congrua, di euro 1.000,00 (mille) in favore della
cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle
ammende.
Così deciso, il 13 dicembre 2013.

contrasto con quanto emerso nel giudizio di primo grado conclusosi con la condanna

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