Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19328 del 21/10/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19328 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
VILLANI Michele, nato il 08.09.1969;
Avverso la sentenza n° 871/2011 della Corte di Appello di Ancona in data
12.02.2015;
Visti gli atti e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Antonio Minchella;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Mario Pinelli, che
ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione;
Udito il difensore dell’imputato avv. Stefano Ruggiero, in sostituzione dell’avv.
Alessandro Di Battista, che ha chiesto la declaratoria di intervenuta prescrizione dei
reati contestati;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 15.11.2010 il Tribunale di Ascoli Piceno condannava Villani
Michele alla pena di anni due di reclusione ed C 22.000,00 di multa per
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e lesioni personali; i reati contestati
risalgono al periodo ottobre 2006/marzo 2007. Si legge in sentenza che la vicenda

Data Udienza: 21/10/2016

era sorta da un denunzia di Budaca Ioan, cittadino rumeno che riferiva che nel 2006
il Villani gli aveva proposto di assumerlo nella sua ditta di costruzioni, dicendogli che
avrebbe richiesto l’autorizzazione al soggiorno in Italia per motivi di lavoro in cambio
della somma di C 600,00 che gli veniva consegnata: ma, dopo circa dieci giorni di
lavoro senza alcuna regolarizzazione del rapporto, il Villani gli aveva chiesto ulteriori
C 5.000,00 in cambio della assunzione; il Budaca rifiutava di consegnargli danaro e il
07.03.2007 il Villani si era recato a casa del Budaca rimproverandolo di aver chiesto
al commercialista della ditta di avere informazioni sulla sua posizione lavorativa e

recato in ospedale, procedeva alla denunzia. Il giudice traeva il convincimento sulla
colpevolezza dalla deposizione del Budaca da conferme testimoniali relative alla
vicenda, da un referto ospedaliero relativo alla lesione personale del 07.03.2007 e
dalla documentazione in atti (richiesta di nulla osta al lavoro sottoscritta dal Villani e
proposta di contratto). Riconosciuta la continuazione, si escludevano invece le
circostanze attenuanti generiche, per i precedenti molteplici e gravi e l’assenza di
elementi positivi.
Interponeva appello l’imputato, chiedendo l’assoluzione e censurando gli elementi
costitutivo del reato, la ritenuta verosimiglianza della narrazione, la ritenuta
attendibilità dei testi nonché il trattamento sanzionatorio.
Con sentenza in data 12.02.2015 la Corte di Appello di Ancona confermava la
condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ma dichiarava
prescritto il reato di lesioni personali, rideterminando la pena in anni uno e mesi dieci
di reclusione ed C 15.000,00 di multa. Si riteneva immune da censura la sentenza di
primo grado circa gli elementi costitutivi del reato e si reputavano generici gli altri
motivi di appello.
Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo del suo difensore. Con
il primo motivo deduce erronea applicazione della legge in ordine agli elementi
costitutivi del reato. Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge e
illogicità della motivazione, sostenendo che il reato doveva ritenersi prescritto poiché
il più lungo termine prescrizionale era dovuto al comma 3 ter della norma che
prevede una circostanza aggravante (lo scopo di trarre profitto) che non era stata
contestata: anzi il giudice, richiamando una norma che punisce la condotta anche
priva di scopo di lucro, implicitamente avrebbe escluso la circostanza aggravante del
profitto, anche perché la pena è stata determinata senza aggravarla in alcun modo:
non essendo stata ritenuta in primo grado, la Corte di Appello non poteva
reformatio in peius giacchè vi era solo

considerarla senza violare il divieto di

impugnazione dell’imputato. Con il terzo motivo deduce erronea applicazione di legge
e illogicità della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato, così
come ritenuto, è estinto per prescrizione.
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colpendolo con un violento schiaffo al viso. Di conseguenza il Budaca, dopo essersi

Il reato de quo era stato originariamente contestato come previsto e punito dal
comma 3 dell’art. 12 del D.L.vo n° 286/1998: nella sentenza di primo grado si dà
atto dell’intervenuto mutamento normativo e si precisa espressamente che la
condotta del Villani non poteva più fare riferimento al comma sopra indicato (poiché
le ipotesi previste erano differenti) bensì al comma 1 dell’alt 12 medesimo,
esplicitamente facendo riferimento ad una assenza di profitto. In altri termini, il
comma 3 ter non era ovviamente contestato, ma lo stesso giudice non ne fa
menzione e non qualifica il reato come aggravato in qualche modo ed anzi indica i

appello – considerato che vi era soltanto l’appello interposto dall’imputato – non
poteva ritenere la circostanza aggravante menzionata, così come ha invece ritenuto.
Il principio del divieto di “reformatio in peius” di cui all’art. 597, comma 3 cod. proc.
pen. resta realizzato quando il contenuto della decisione di appello abbia comportato,
in assenza di impugnazione della pubblica accusa, un trattamento deteriore rispetto a
quello inflitto in primo grado.
La pena inflitta, del resto, rende evidente che non era affatto stata considerata la
circostanza aggravante.
Così, rilevato che il termine prescrizionale massimo del reato – così come ritenuto
– era pari ad anni sette e mesi sei e rammentato quanto indicato supra circa l’epoca
di commissione dei fatti, il reato è da ritenersi ormai prescritto (dalla metà dell’anno
2014), non ravvisandosi, nella fattispecie, alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129
cod.proc.pen.
P.Q.M
Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata perché il reato, come ritenuto, è estinto
per prescrizione.
Roma, 21 ottobre 2016.

fatti come connotati da una non particolare gravità. Di conseguenza, il giudice di

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