Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19325 del 13/07/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19325 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AGOSTINO FORTUNATO N. IL 25/03/1963
avverso la sentenza n. 110/2015 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 25/11/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/07/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott…,
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che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/07/2016

1. Il GUP del Tribunale Militare di Verona, con sentenza
pronunciata il 10 giugno 2015 all’esito di giudizio abbreviato,
condannava alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione
militare ed alla rimozione del grado, D’Agostino Fortunato,
imputato del reato di cui all’art. 230 co. 1 e 2,231 co. 1 n. 1, 47 n. 2
c.p.m.p. (furto militare pluriaggravato per avere, quale m.11o
aiutante s,.U.P.S. in servizio presso la stazione CC. di Barbarano
Vicentino, in qualità di comandante della stazione, nei mesi da
fine di profitto, si impossessava di
aprile 2014 a luglio 2014 1
energia elettrica per euro 500,00 sottraendola a quella fornita dalla
società erogatrice alla stazione dei CC. anzidetta mediante
allacciamento abusivo; con le aggravanti del grado, del danno
cagionato alla P.A. e del mezzo fraudolento utilizzato.

g.

Motivava il giudice di primo grado: l’allacciamento abusivo era
stato accertato dal comandante della compagnia; in tale occasione
era stato altresì verificato che il contatore elettrico dell’alloggio di
servizio occupato dall’imputato con la sua convivente era fuori
servizio; risulta altresì accertato che il 28.5.2014 l’alloggio
occupato dall’imputato aveva subito la interruzione della
erogazione elettrica per morosità; la condotta in parola non può che
essere attribuita all’imputato e non certo alla sua convivente, la
quale, in ogni caso, giammai avrebbe operato senza il consenso del
prevenuto; in ogni caso la convivente dell’imputato. sin dal primo
momento, ha assunto un atteggiamento collaborativo nelle indagini
e questo la rende del tutto affidabile quando nega di essere al
corrente dei fatti di causa.
2. Avverso la sentenza di primo grado interponeva appello
l’imputato, chiedendo di applicare alla fattispecie la recente novella
di cui all’art. 131 bis c.p. e deducendo: che la intestataria
dell’utenza elettrica era la sig.ra Akulic, sua convivente; che nel
periodo in cui si verificò la sottrazione non era presente
nell’alloggio; che ricorreva nella fattispecie il difetto di
giurisdizione giacchè pendente, per la vicenda in esame, iscrizione
al registro generale presso la trocura della &pubblica di Vicenza

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

per il reato di furto aggravato, reato più grave di quello contestato,
di guisa che la giurisdizione a conoscere dei fatti di causa, attesa la
rilevata connessione oggettiva ex art. 12 lett. b) c.p., era da
riconoscersi al giudice ordinario e non già a quello militare; che non
risultava adeguatamente provata la colpevolez7a del prevenuto e
comunque che la sanzione inflitta si appalesava eccessivamente
severa.

Con sentenza del 25 novembre 2015 la Corte militare di appello,
pur riducendo la pena ad anni uno di reclusione, rigettava nel resto
il proposto gravame. Motivava la corte di secondo grado: quanto
alla giurisdizione, la dedotta iscrizione di notizia di reato presso la
procura vicentina non risulta dimostrata né in alcun modo segnalata
all’autorità giudiziaria militare; in ogni caso nella fattispecie la
condotta contestata comporta la contestazione di una ipotesi di furto
speciale rispetto a quella codificata ex artt. 624 e 625 c.p. e, laddove
se ne creasse la necessità, si dovrebbe affidare al giudice di
legittimità la eventuale risoluzione del conflitto; quanto, invece, alla
colpevolezza dell’imputato, essa risulta provata al di là di ogni
ragionevole dubbio; l’alloggio di servizio era nella sua
disponibilità, la convivente era intestataria formale dell’utenza
perché fu lo stesso imputato a fornire tale nominativo al momento
della conclusione del contratto di fornitura elettrica; agli atti del
giudizio abbreviato è provato che l’imputato è stato presente
nell’alloggio di servizio durante il periodo in cui vi fu l’erogazione
abusiva; dal 28.5. l’erogazione di energia elettrica nell’alloggio dì
servizio fu interrotta per la morosità dell’utente, mentre l’assenza
dell imputato, a tutto concedere, si verificò dal 30.6 al 13 luglio e
mentre l’erogazione abusiva cessò soltanto il 18 luglio; non
ricorrono affatto le condizioni per l’applicazione dell’art. 131 bis
c.p..
3. Avverso la sentenza di appello ricorre per cassazione l’imputato,
assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo interesse ne
sostiene la illegittimità sviluppando un unico motivo, con il quale
denuncia la violazione degli artt. 13 co. 2 e 16 co. 3 c.p.p., sul
rilievo che, nella fattispecie, non ricorre “la competenza” (così in
ricorso) dell’autorità giudiziaria militare, ma quella del giudice
ordinario. E’ agli atti la prova della pendenza di procedimento
2

4. Il ricorso è inammissibile.
La difesa ricorrente limita l’impugnazione alla sola questione della
giurisdizione, negando in particolare che nella fattispecie ricorra
quella del giudice militare. Ebbene, l’eccezione difensiva appare
formulata in termini di palese genericità ed è per questo
manifestamente infondata giacché il ricorrente non ha affatto
dimostrato il contenuto della imputazione e la pendenza del dedotto
procedimento davanti al giudice ordinario, né in atti risulta
documentato l’una (l’imputazione) e l’altra (la pendenza del
procedimento. Di qui la inammissibilità, innanzi anticipata, del
ricorso in esame, cui consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di
una somma in favore della Cassa per le ammende, somma che la
torte reputa equo fissare in euro 1.500,00.

P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1500,00
in favore della Cassa delle ammende.
Roma, addì 13 luglio 2016 Winlí

penale a carico dell’imputato per la medesima vicenda di cui al
presente giudizio, procedimento iscritto sub n. 14/005447, e ciò
impone l’applicazione dell’art. 13 co. 2 c.p.p., norma questa la
quale, come è noto, disciplina la connessione tra reati militari e reati
comuni, stabilendo il principio che essa connessione opera quando
il reato militare è più grave avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 16
co. 3 c.p.p., applicando i quali si deduce la giurisdizione, nella
fattispecie in esame, del giudice ordinario. Non ricorre, come
affermato dal giudice a quo, alcun concorso apparente di norme, ma
due diversi fatti di reato rimessi alla cognizione di due giudici
diversi; a tal fine appare dirimente la constatazione della
contestazione dell’art. 81 c.p. da parte del solo giudice ordinario, il
quale, per tali ragioni, è l’unico legittimato a conoscere dei fatti di
causa.

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