Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19324 del 13/07/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19324 Anno 2017
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRASSO ANDREA, n. il 27/06/1959;
avverso la sentenza n. 78/2015 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
14/10/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
udite le conclusioni del Procuratore generale militare, in persona del dott. Luigi
Maria Flamini, che chiedeva il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Guido Fiorillo, che chiedeva l’accoglimento del ricor-

so;

Data Udienza: 13/07/2016

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14/10/2015 la Corte Militare di appello di Roma riduceva ad
anni 3, mesi 6 e giorni 20 di reclusione la pena inflitta a Grasso Andrea, con sentenza del Tribunale di Roma del 12/02/2015, all’esito di giudizio abbreviato, in ordine al reato di cui agli artt. 61 n. 7, 81 cod. pen., 47, n. 2, e 215 cod. pen. mil . pace, per l’appropriazione, nella qualità di Capo del Nucleo Postale presso l’Aeroporto
di Pratica di Mare, delle somme di danaro di C. 608.000,00 stanziate sul cd. fondo

veva la disponibilità (fatti commessi tra il 01/04/2004 ed il settembre 2012 con dichiarazione di prescrizione di quelli pregressi).
L’attività istruttoria consentiva di accertare la responsabilità penale del luog.
Grasso, incaricato di portare quotidianamente la posta, per conto della stazione
dell’aeroporto militare di Pratica di Mare, all’Ufficio Postale di Torvaianica e la spediva, dove la spediva previo pagamento in contanti, provvedendo poi alla rendicontazione delle spese postali sostenute e ad ottenere il reintegro delle somme di danaro
spese, allegando le distinte consegnategli dagli uffici richiedenti, anche giovandosi
dell’ampia libertà di movimento all’interno dell’Ufficio postale di Torvaianica.
Le indagini svolte, però, consentivano di accertare la falsità delle distinte e la
spedizione della posta a soggetti inesistenti, deceduti, ecc. e le variegate modalità
di attuazione della condotta illecita.
I numeri delle raccomandate indicate sulle distinte di spedizione intestate all’Ufficio personale e mobilitazione non erano associabili a prodotti postali; inoltre, alcune raccomandate scelte a campione, tra quelle associate a prodotti contanti allo
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sportello dell’Ufficio postale di Torvaianica,=rmediante inoltro al CMP di Fiumicino. Risultava anche l’assenza di rapporti tra il Servizio Amministrativo e il Comando Aeroporto col sistema di spedizione attraverso il CMP.
Dai controlli sulla situazione economica del Grasso e dei familiari emergeva un
patrimonio complessivo eccessivamente elevato alla luce del ridotto stipendio. La
vita agiata rappresentava un elemento rilevante, sebbene la disponibilità economica
derivante dai reati gli avrebbe consentito spese maggiori.
L’incarico di titolare del fondo era stato esercitato dalla stessa persona per oltre
ventidue anni consecutivi. Il quadro di scarso controllo induceva in errore l’amministrazione e consentiva agevolmente di realizzare le appropriazioni.
L’imputato non si appropriava di danaro destinato all’espletamento di spedizioni
postali vere; egli costruiva l’apparenza di invii postali inesistenti, facendoli pagare
all’amministrazione, oppure riusciva a far pagare più di una volta un invio realmente effettuato, mediante un sistema abituale e collaudato.

permanente destinato al pagamento dei contanti delle spese postali, delle quali a-

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Non escludevano la sua responsabilità le circostanze dello svolgimento della
rendicontazione unitamente ad altri soggetti e dello svolgimento di altri incarichi.
In ordine alla prescrizione, si accertava che il primo episodio risaliva al
30/09/2001, che il termine ordinario era di anni 10 e che il primo atto interruttivo
era costituito dalla richiesta di rinvio a giudizio del 07/04/2014, e, pertanto, dovevano ritenersi prescritti tutti gli episodi fino al marzo 2004.
La Corte territoriale non concedeva le attenuanti generiche.

sentenza sulla base dei motivi di impugnazione di seguito riportati.

2.1. Violazione di legge in riferimento agli artt. 215 e 234 cod. pen. mil . pace.
Ad avviso della difesa, era configurabile il reato di truffa militare e non di peculato militare. A differenziare le due figure criminose rilevava non tanto la precedenza cronologica o la contestualità della frode rispetto alla condotta appropriativa,
bensì il modo di acquisizione da parte del funzionario infedele del possesso del denaro o del bene costituente l’oggetto materiale del reato: il momento consumativo
della truffa coincideva col conseguimento del possesso a cagione dell’inganno e
quale diretta conseguenza di esso.
L’imputato, solo con le diverse modalità di spedizione della posta e con la creazione di falsi rendiconti poteva essersi procurato l’assegnazione del fondo. Infatti,
proprio sulla scorta di rendicontazioni si otteneva di elevare il quantum del fondo
sino a raggiungere la somma di C. 6.000,00 mensili.
Le condotte erano plurime ed era certo che dal momento iniziale della condotta
criminosa la disponibilità della somma per il mese successivo non era legittima ma
procurata per mezzo dell’artificio e cosi a venire. Gli artifici erano finalizzati al procacciare l’ulteriore provvista e non a coprire l’avvenuta appropriazione. Laddove la
rendicontazione fosse stata corretta non sarebbero state erogate somme per il fondo postale.
Non v’era legittima disponibilità delle somme per il solo fatto di essere titolare di
una funzione, perché il modo di procacciarsi la somma aveva rilievo nella condotta
e nella qualificazione del reato (truffa e non peculato). La rendicontazione costituiva
elemento parte dell’unico procedimento finalizzato alla creazione della nuova provvista di denaro. Non serviva a coprire un evento appropriativo ma consentiva il profitto.
2.2. Errore nel giudizio di colpevolezza: contraddittorietà della motivazione.
Non erano dimostrate l’effettiva erogazione della somma e la compilazione delle
distinte da parte del Grasso; la Corte territoriale non attribuiva nessun significato al
compimento dell’istruttoria presso quell’ufficio; la negazione del responsabile

2. La difesa di Grasso Andrea proponeva ricorso per Cassazione avverso tale

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dell’ufficio era ritenuta sufficiente, al fine di escludere altri elementi di indagine. La
Corte assumeva che il Grasso conducesse una vita agiata, mentre il tenore di vita
osservato lo smentiva in toto la tesi del ricorrente.
2.3. Violazione di legge in riferimento all’art. 157 cod. pen..
Assunto che la fattispecie costituiva truffa militare, tutti i fatti antecedenti al
marzo 2009 dovevano ritenersi prescritti. La richiesta di rinvio a giudizio doveva ritenersi atto interruttivo della prescrizione che, come tale travolgeva ogni evento
antecedente al quinquennio

dell’attenuante ex art. 48 I d) per essere il militare di provata condotta.
Secondo la difesa, lo stato di servizio e l’assenza di qualsiasi nota negativa o
violazione disciplinare imponevano la concessa dell’attenuante dell’ottimo servizio o
del provato valore denegata dalla Corte di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, da esaminare anteriormente
per considerazioni di ordine logico, la Corte Militare d’appello dava conto adeguatamente, come meglio specificato nella parte in fatto, delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 1, 10/07/2008 n. 30348, Tanzarella, non massimata; Sez. 4,
02/12/2003 dep. 2004 n. 4842, Elia, Rv. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità. Il sindacato del giudice di legittimità nell’esame delle questioni processuali comprende il potere di esaminare gli
atti per verificare l’integrazione della violazione denunziata ma non anche quello di
interpretare in modo diverso, rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti
storici posti a base della questione, se non nei limiti del rilievo della mancanza o
manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, 28/09/2004 n. 47891, Mauro, Rv.
230568).
I rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vizi della motivazione e del travisamento dei fatti, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e della valutazione delle emergenze investigative, operata dal giudice a quo, il difensore non
offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza (infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata
valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva va-

2.4. Violazione di legge per omessa concessione delle attenuanti generiche e

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lutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati, bensì oppone la propria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa e del merito del procedimento (Sez. 1, 29/11/2007 n.
47499, Chialli, Rv. 238333; Sez. F, 13/09/2007 n. 37368, Torino, Rv. 237302).
La difesa, infatti, sosteneva che non poteva ascriversi al Grasso la condotta di
compilazione delle distinte di versamento, ma non si confrontava con la motivazione della Corte Militare d’appello e non riusciva a disarticolare le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, con particolare riferimento al ruolo centrale rico-

monianze, dalla documentazione acquisita e dagli accertamenti tecnici) e alla descrizione delle modalità di esecuzione del reato, dalle quali emergeva inequivocabilmente l’erogazione indebita di somme di danaro da parte della pubblica amministrazione.

3. In ordine al primo motivo di ricorso, ricorre il reato di peculato quando l’agente si appropria del denaro della pubblica amministrazione, del quale abbia il
possesso per ragione del suo ufficio o servizio, mentre v’è truffa qualora il pubblico
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, non avendo tale possesso, si sia procurato fraudolentemente, con artifici e raggiri, la disponibilità del bene oggetto della sua
illecita condotta (Sez. 1, 13/05/2009 n. 26705, Troso, Rv. 244710).
Non rileva, cioè, il rapporto cronologico tra l’appropriazione e la condotta ingannatoria ma il modo in cui il funzionario infedele viene in possesso del danaro o del
bene del quale si appropria: per cui sussiste il delitto di peculato quando l’agente fa
proprio il bene altrui del quale abbia già il possesso per ragione del suo ufficio o
servizio e ricorre all’artificio o al raggiro (eventualmente mediante la produzione di
falsi documentali), per occultare la commissione dell’illecito; mentre vi è truffa,
quando il pubblico agente, non avendo tale possesso, se lo procura mediante la
condotta decettiva (Sez. 6, 22/01/2014 n. 10309, Lo Presti, Rv. 259507).
Più in particolare, però, ricorre il peculato e non la truffa quando l’artificio od il
raggiro e la falsa documentazione, come nel caso in esame, siano stati posti in essere non per entrare in possesso del pubblico denaro, ma per occultare la commissione dell’illecito. Di conseguenza, nella truffa il momento consumativo del reato
coincide col conseguimento del possesso a cagione dell’inganno, per cui all’appropriazione o distrazione in danno della pubblica amministrazione non deve aggiungersi un’ulteriore condotta dell’agente realizzata in un momento successivo, ma
l’appropriazione o la distrazione medesima devono sussistere, col carattere della
definitività, al momento stesso in cui, a cagione dell’inganno e quale diretta conseguenza di esso, l’agente consegue il possesso di denaro o della cosa mobile della

nosciuto al Grasso nell’attività criminosa (dimostrato principalmente da varie testi-

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pubblica amministrazione e contestualmente realizza l’ingiusto profitto con l’altrui
danno.
Se, invece, la falsa documentazione adempie, congiuntamente allo scopo strumentale del materiale trapasso della cosa mobile o del denaro, da un ufficio ad uno
diverso, all’occultamento dell’illecita condotta, ricorre l’ipotesi delittuosa del peculato, qualora sussista appropriazione del bene anche se detta appropriazione sia frutto diretto di condotta successiva (Sez. 6, 03/03/2016 n. 18177, Saccone, Rv.
266985).

l’imputato acquisiva il possesso del danaro per ragione del suo ufficio, e se ne appropriava, fingendo di averlo speso legittimamente grazie ad una documentazione
artatamente falsificata ex post, finalizzata a far apparire legittimo l’impiego del danaro; le successive richieste di reintegro del fondo, operanti mensilmente, non potevano valere ad escludere il possesso e a riconoscere invece una fraudolenta erogazione.

4. In riferimento al terzo motivo di ricorso, come sopra esposto, configurandosi
il reato di peculato e non quello di truffa, deve escludersi che sia maturato il termine di prescrizione.
Il reato di peculato correttamente era dichiarato prescritto degli episodi commessi fino al marzo 2004.

5. Per quanto attiene al quarto motivo di ricorso, la prima censura attiene alla
mancata concessione delle attenuanti generiche, escluse con motivazione idonea in
considerazione dell’elevato numero degli episodi illeciti, del lungo periodo di svolgimento dell’attività delittuosa e dell’entità considerevole del profitto.

6.

Il quinto motivo di ricorso, riguardante la mancata concessione

dell’attenuante speciale di cui all’art. 48, comma 2, cod. pen. mil . pace (militare di
ottima condotta o di provato valore) non formava oggetto di valutazione da parte
della Corte di merito, in quanto non costituiva uno dei motivi di appello. Pertanto,
tale motivo di ricorso è manifestamente infondato per violazione del principio di devoluzione di cui all’art. 597, comma 1, cod. proc. pen..

ek)l_v7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).

Nel caso in esame, come correttamente illustrato dal giudice territoriale,

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P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 13 luglio 2016.

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