Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19301 del 03/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19301 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SGARAVATTO FABIO N. IL 09/02/1967
avverso l’ordinanza n. 53/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
26/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
lette/sOite le conclusioni del PG Dott. FM.VI O egko i
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Data Udienza: 03/04/2014

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 26/10/2012 la Corte d’appello di Venezia rigettava
l’istanza di riparazione formulata nell’interesse di Sgaravatto Fabio, per l’ingiusta
detenzione subita, dal 28/10/2008 al 30/11/2009, in regime di custodia in
carcere, nell’ambito di un procedimento in cui gli era stato contestato di avere
concorso con più persone (tra cui tali Manfrin, Trincanato e Rosso) nel delitto di
cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, nonché nei delitti di detenzione di un quantitativo di

data 10-25 ottobre 2007, che lo stesso avrebbe acquistato insieme a Trincanato
Fiorenzo e Rosso Federico da Manfrin Angelo, essendo risultato che lo stesso
aveva avuto ripetuti contatti telefonici con i predetti coimputati ed era stato
altresì visto incontrarsi con gli stessi in alcune occasioni: accusa dalla quale era
assolto, all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza del G.u.p. presso il
Tribunale di Venezia del 30/11/2009, divenuta irrevocabile.
Secondo il giudice della riparazione l’istante aveva posto in essere
atteggiamenti, connotati da colpa grave, idonei ad essere percepiti come
indicativi di una sua contiguità con l’altrui attività criminale, risultando comunque
provato, alla stregua di quanto desumibile dalla stessa sentenza di assoluzione,
che:
– effettivamente lo Sgaravatto aveva incontrato in data 30/7/2007 il Manfrin
e, poi, in data 19/9/2007, sia il predetto che il Trincanato; lo stesso era stato
trovato in possesso di sostanza stupefacente in data 28/10/2008; erano
intercorse numerosissime telefonate tra lui, il Trincanato e il Manfrin;
– quanto dichiarato dal richiedente nel corso del suo interrogatorio del
23/3/2009, per giustificare i suoi incontri con i predetti coimputati e le telefonate
con gli stessi intercorse, risultava poco verosimile e privo di alcun serio e
concreto elemento di riscontro, non potendo in particolare ritenersi idonea
giustificazione l’attività di intermediazione immobiliare;
– il giorno successivo all’incontro avvenuto in data 26/9/2007 con il Rosso,
sia quest’ultimo che il richiedente avevano cambiato utenza cellulare, senza una
ragionevole spiegazione.
Sotto il profilo della colpa, rileva la Corte territoriale che lo sgravato doveva
essere consapevole del fatto che i soggetti con i quali risultava avere i detti
rapporti di frequentazione e continui contatti telefonici erano coinvolti in attività
criminali, atteso che gli stessi risultavano già condannati e in particolare il
Manfrin risultava avere numerosissimi precedenti penali, di cui alcuni anche
specifici.

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2 kg di sostanza stupefacente in data 26/9/2007 e di quantitativi imprecisati in

2. Avverso questa decisione Sgaravatto Fabio propone, per mezzo del
proprio difensore, ricorso per cassazione deducendo carenza o comunque
manifesta illogicità della motivazione
Deduce in particolare che nessun riferimento viene fatto nella impugnata
ordinanza ad un comportamento doloso o gravemente colposo in rapporto
causale con la determinazione cautelare, nulla essendo in particolare esposto
circa l’ascrivibilità dei contatti e delle frequentazioni predette a dolo o colpa
grave di esso richiedente.

stupefacente e che, pertanto, deve attribuirsi a mero errore materiale l’inciso
contenuto nell’ordinanza impugnata suscettibile di essere inteso in tal senso,
rileva che costituisce mera illazione, contrastata dall’assoluzione con formula
piena nel giudizio penale, il giudizio di «scarsa verosimiglianza» delle ragioni di
lavoro dedotte dal richiedente a giustificazione degli incontri con il Manfrin e tale
anche, secondo il ricorrente, deve considerarsi l’assunto secondo cui egli dovesse
essere a conoscenza dei precedenti penali delle persone da lui frequentate.

3. Il Ministero dell’economia ha depositato in data 17/03/2014 memoria con
la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di
riparazione per ingiusta detenzione, al giudice del merito spetta verificare se chi
l’ha patita vi abbia dato causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave.
Tale condizione, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, deve
manifestarsi attraverso comportamenti concreti, precisamente individuati, che il
giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine
di stabilire, con valutazione ex ante, non se essi abbiano rilevanza penale, ma
solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del
provvedimento di custodia cautelare.
In tale operazione il giudice della riparazione, come costantemente precisato
da questa Corte, ha certamente il potere/dovere di procedere ad autonoma
valutazione delle risultanze e di pervenire, eventualmente, a conclusioni
divergenti da quelle assunte dal giudice penale, nel senso che circostanze
oggettive accertate in sede penale, o le stesse dichiarazioni difensive
dell’imputato, valutate dal giudice della cognizione come semplici elementi di
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Precisato, inoltre, che mai egli è stato trovato in possesso di sostanza

sospetto, ed in quanto tali insufficienti a legittimare una pronuncia di condanna,
ben potrebbero essere considerate dal giudice della riparazione idonee ad
integrare la colpa grave ostativa al diritto all’equa riparazione.
Ciò con l’unico limite però per cui, in sede di riparazione per ingiusta
detenzione, giammai può essere attribuita decisiva importanza, considerandole
ostative al diritto all’indennizzo, a condotte escluse dal giudice penale o a
circostanze relative alla condotta addebitata ritenute

ex ante

inidonee a

5. Nel caso di specie l’ordinanza impugnata – escludendo l’equivoco e
comunque ininfluente riferimento al rinvenimento di stupefacente in possesso del
richiedente – applica nel resto correttamente tali principi, superando il sindacato
del giudizio di legittimità che è limitato alla correttezza del ragionamento logico
giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per
l’ottenimento del beneficio, restando nelle esclusive attribuzioni del giudice di
merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il proprio
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o del dolo
(Sez. 4, n. 21896 del 11/04/2012, Hilario Santana, Rv. 253325).
Il provvedimento impugnato indica infatti compiutamente gli elementi della
condotta che hanno dato origine all’apparenza di illecito penale, ponendosi come
causa della detenzione, consistenti nella frequentazione e nel mantenimento di
contatti di ambigua natura di soggetti ritenuti responsabili di reati in materia di
traffico di stupefacenti, specie con uno di essi, il Manfln, pluripregiudicato e già
condannato per reati della stessa specie: elementi che, come sopra precisato,
vanno valutati ex ante, e non alla luce delle conclusioni assolutorie del giudice di
merito.
Siffatta valutazione appare conforme all’orientamento di questa Corte,
secondo cui «in tema di riparazione per ingiusta detenzione, le frequentazioni
ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate
come indizi di complicità, quando non sono giustificate da rapporti di parentela, e
sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in
traffici illeciti, possono dare luogo ad un comportamento gravemente colposo
idoneo ad escludere la riparazione stessa» (v. Sez. 4 n. 6404 del 11/12/2013

dep. 11/02/2014, Giliberti, non mass.; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013,
Fratepietro, Rv. 257878; Sez. 3, n. 363 del 30/11/2007 – dep. 08/01/2008,
Pandullo, Rv. 238782).
Il ricorrente contesta l’assunta consapevolezza dei precedenti penali dei suoi
interlocutori, ma il contrario convincimento espresso dal giudice della riparazione
appare adeguatamente motivato, in particolare con riferimento al numero dei
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integrare un adeguato quadro indiziario.

precedenti penali di cui risultava gravato come detto uno dei suoi più frequenti
i nterlocutori.
Per contro la giustificazione dedotta dal richiedente (rapporti di
intermediazione finanziaria) per la sua genericità e – come pure nota la Corte per l’assenza di riscontri, non poteva imporsi con carattere di autoevidenza
rispetto alla diversa valutazione ex ante operata dagli investigatori.
Non va sottaciuto del resto che l’ordinanza impugnata fa riferimento anche
ad altro comportamento, alquanto singolare e privo di intuibile immediata
giustificazione (il simultaneo cambio di utenza cellulare cui il richiedente e il suo
interlocutore Rosso provvidero successivamente a una loro conversazione
telefonica): di tale circostanza non risulta che il ricorrente abbia fornito alcuna
spiegazione, non potendosi pertanto negare che certamente esso potesse
contribuire a rafforzare il quadro di sospetto sussistente al momento della
determinazione cautelare.

5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avuto invece riguardo al tenore alquanto generico delle difese svolte
da ll’Avvocatu ra, sostanzialmente riassuntivo del contenuto medesimo
dell’ordinanza impugnata, equo appare compensare le spese nei confronti del
Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Spese compensate tra le parti.
Così deciso il 3/4/2014

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