Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19288 del 18/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19288 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPERANZA MONICA N. IL 18/03/1971
IACULLO PIERGERARDO N. IL 11/02/1985
FINOCCHI CLAUDIO N. IL 14/11/1956
avverso l’ordinanza n. 3413/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
29/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
19e/sentite le conclusioni del PG Dott. qí,…v.tut Przah,Qce, Qtt(4,9

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Data Udienza: 18/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Roma, sezione per il
riesame, ha confermato il provvedimento cautelare emesso il 4.11.2013 dal
Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale nei confronti, tra
gli altri, di Speranza Monica, Iacullo Piergerardo e Finocchi Claudio. La custodia
in carcere era stata disposta in ragione della ritenuta ricorrenza di gravi indizi di
reità a carico dello Iacullo e del Finocchi per la partecipazione ad un’associazione
per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ed aggravata dalla

capeggiata da Cossiga Daniele e Speranza Lodovico, nonché – ma non per il
Finocchi – per la commissione di specifici reati-fine consistenti nella illecita
detenzione e nello spaccio di cocaina e di marijuana, commessi nel medesimo
arco temporale. Per la Speranza la custodia era stata disposta per due episodi di
detenzione di sostanza stupefacente ritenuta destinata alla cessione a terzi (capi
B2 e 12).
Gli elementi a carico degli indagati sono stati dedotti dal contenuto delle
conversazioni oggetto di intercettazione telefonica ed ambientale, dal sequestro
di stupefacente avvenuto in più occasioni e dall’arresto in flagranza in particolare
di Speranza Monica e di Iacullo Piergerardo.

2. A riguardo dello Iacullo il Tribunale ha disatteso la richiesta di declaratoria
di inefficacia della misura cautelare per effetto di decorrenza dei termini
conseguenti alla retrodatazione degli effetti dell’ordinanza impugnata al
14.7.2012, data dell’arresto in flagranza dello Iacullo per il possesso di quattro
chilogrammi di marijuana. Il Collegio distrettuale ha infatti ritenuto che
dall’ordinanza impugnata non si evince che il giudice della convalida dell’arresto
disponeva di tutti gli elementi su cui si fonda l’ordinanza relativa ad altri otto
reati-fine (antecedenti al 14.7.2012) e ad una contestazione associativa che
comprende anche il periodo successivo all’arresto.
Il Tribunale ha anche rigettato l’eccezione di inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche eseguite nel corso delle indagini, affermando che la
circostanza dell’esser state compiute negli impianti installati presso la Procura di
Trieste non concretizza violazione dell’art. 268, co. 3 cod. proc. pen. e che il
richiamo difensivo dell’art. 370, co. 3 cod. proc. pen. è erroneo perchè non si
versa in ipotesi di atto del P.M.
Nel merito la sussistenza dei gravi indizi è stata ritenuta sulla scorta di
quanto emergente dalle intercettazioni telefoniche e dal sequestro di marijuana
eseguito il 4.7.2012, che ha confermato come l’oggetto delle comunicazioni
captate fossero appunto traffici di droga. La continuità nel tempo, le stabili

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disponibilità di armi da sparo, operante in Roma tra l’aprile ed il dicembre 2012 e

modalità organizzative, i rilevanti quantitativi trattati, l’illimitata disponibilità di
mezzi e di risorse sono stati indicati come dimostrativi dell’esistenza
dell’associazione criminosa.
Nello specifico, il contribuito dello Iacullo, al quale è stato attribuito un ruolo
esecutivo sotto le direttive del capo Cossiga Daniele, è stato delineato sulla base
del diretto coinvolgimento in alcuni reati fine (il già menzionato possesso di 4 kg.
di marijuana, la partecipazione alla cessione di mezzo chilo di cocaina a De Silvio
Francesco, nonché ad ulteriori episodi di cessione).

dello Iacullo, il Tribunale ha evidenziato che questi, suocero di Cossiga Daniele,
aveva avuto il compito di porre a disposizione la propria abitazione per il traffico
di stupefacenti, sì che ivi erano state eseguite le transazioni di maggior rilievo
come quella con il De Silvio, quella relativa ai 4 kg. di marijuana, ed altra, nella
quale il Cossiga si incontrava con i clienti preso la casa del Finocchi; inoltre
presso tale abitazione il Cossiga lasciava in custodia lo stupefacente.
Per quanto concerne la Speranza, dato atto dell’assenza di contestazione in
ordine al ricevimento di droga dallo zio Speranza Ludovico, il Tribunale ha
ritenuto sussistenti i gravi indizi di reità in relazione alla destinazione a terzi dello
stupefacente in ragione del costo della droga, non conciliabile con le condizioni
economiche dell’indagata, ed individuato le esigenze cautelari anche sulla scorta
dei plurimi precedenti penali, anche specifici, e dei carichi pendenti per plurimi
reati di evasione.

3. Con il ricorso per cassazione lo Iacullo, a mezzo del difensore, insiste
nell’eccezione di inefficacia della misura cautelare perldecorrenza dei termini di
custodia ai sensi dell’art. 297, co. 3 cod. proc. pen., assumendo che alla data del
14.7.2012 il P.M. aveva piena ed integrale contezza di tutti gli elementi di
indagine posti a base dell’ordinanza impugnata. Per l’esponente, risulta infondata
in fatto la valutazione del Tribunale di non conoscibilità da parte del P.M.
Con un secondo motivo l’esponente reitera l’eccezione di inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche perché eseguite presso gli impianti della Procura di
Trieste, ritenendo che nella specie si sia nell’ambito de,épplicazione dell’art. 370
cod. proc. pen. e che quindi la mancanza di delega espressa dal P.M. di Roma a
quello di Trieste importi la dedotta inutilizzabilità. Insiste, ancora, con l’assunto
della violazione dell’art. 268, co. 3 cod. proc. pen., per l’assenza della previa
autorizzazione ivi prevista. Il Tribunale avrebbe fatto erroneo richiamo ad un
principio posto dal giudice di legittimità.
Con un terzo motivo il ricorrente censura il giudizio del Tribunale in ordine
alla sussistenza dei gravi indizi. Dopo aver riportato le doglianze che si erano

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A riguardo del Finocchi, oltre quanto già esplicitato nel trattare la posizione

indirizzate all’ordinanza genetica, lamentando la valutazione dei fatti operata dal
Giudice per le indagini preliminari, l’esponente conclude che il Tribunale, “a
fronte delle presenti doglianze ritiene di doverle disattendere integralmente e di
confermare il giudizio indiziario … le generiche accuse mosse all’indagato a fronte
delle concrete evidenze storiche della difesa devono essere destinatarie di un
annullamento del provvedimento per contraddittorietà degli eventi indiziari”.

4. Finocchi Claudio, a mezzo del difensore comune con lo Iacullo, formula un

censure in relazione alla asserita violazione degli artt. 268 e 370 cod. proc. pen.
Inoltre lamenta l’erroneità del giudizio espresso dal Tribunale in merito ai gravi
indizi di partecipazione al sodalizio criminoso. Per l’esponente, il Collegio
territoriale ha ritenuto sussistente il contributo partecipativo per la messa a
disposizione dell’abitazione, ma senza specificare ed individuare l’elemento
soggettivo del reato, dovendosi peraltro tener presente anche l’esistenza di
rapporti familiari con il Cossiga.

5. Ricorre infine Speranza Monica, deducendo vizio di motivazione in
relazione ai gravi indizi di reità, che sarebbero stati dedotti da una precedente
condanna per il reato di cui all’art. 73 T.U. Stup. per il quale le è stata
riconosciuta l’attenuante di cui al quinto comma del citato articolo. Ad avviso
dell’esponente/tanto concreta la violazione del divieto di bis in idem. Non omette
di rilevare, l’esponente, che la custodia è stata disposta anche per ulteriori due
episodi di cessione; ma lamenta, al riguardo, la mancanza di precisa descrizione
degli stessi e l’insufficienza del quadro indiziario. Contesta poi la ricostruzione
che vuole la detenzione della droga essere finalizzata alla cessione a terzi, in
particolare censurando la valutazione relativa alle condizioni economiche della
Speranza.
Con un secondo motivo lamenta vizio motivazionale in relazione al giudizio
concernente le esigenze cautelari. Assume l’esponente che la difesa ha fornito
dimostrazione che la Speranza, a seguito dell’arresto del 24.4.2012, ha mutato
condotta di vita, seguendo un percorso terapeutico di disintossicazione dalle
droghe, con esito favorevole (si cita, in proposito, una certificazione del Sert di
Ostia); che nel frattempo sono mutate le condizioni economiche dell’indagata,
avendo ella ricevuto la somma di euro 70.000,00 a titolo di risarcimento dei
danni derivatele dalla morte di un congiunto; infine, si rimarca in chiave di
dimostrazione dell’assunto mutamento di vita, il fatto che la Speranza ha visto
medio tempore dichiarare l’adottabilità dei figli.

ricorso dal contenuto analogo, proponendo le medesime argomentazioni e

Si lamenta, ancora, che nell’ordinanza impugnata non vi sarebbe alcuna
motivazione in merito alle ragioni per le quali gli elementi addotti dalla difesa
sono stati disattesi.
Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale, per
non aver il Tribunale tenuto conto del tempo trascorso tra commissione del reato
ed adozione della misura cautelare, in particolare in considerazione degli
elementi evidenziati dalla difesa come dimostrativi della sopravvenuta assenza di
relazione con il contesto criminoso al quale la Speranza era originariamente

Con un quarto motivo si deduce vizio motivazionale in merito al giudizio di
sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, per aver il Tribunale omesso
di dare risposta ai rilievi difensivi.
Con un quinto motivo si deduce vizio motivazionale in merito al giudizio di
inadeguatezza di misura meno afflittiva, per non aver il Collegio distrettuale
tenuto conto e dato risposta ai rilevi difensivi sul tema e per aver errato nella
valutazione degli elementi disponibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6. I ricorsi proposti nell’interesse di Iacullo Piergerardo e di Finocchi Claudio
sono infondati.
6.1. In merito alla asserita inefficacia della misura cautelare per effetto della
retrodatazione del termine iniziale, ai sensi dell’art. 297, co. 3 cod. proc. pen., la
censura mossa dal ricorrente si appalesa sostanzialmente assertiva, replicando
con una mera affermazione contraria alla argomentazione del Tribunale della non
evincibilità degli elementi sui quali si fonda la misura in discussione dagli atti
conosciuti dal giudice della convalida dell’arresto operato il 14.7.2012. In tal
modo si pretende da questa Corte un accertamento in fatto che le è precluso. Né
risulta vero che i due provvedimenti hanno ad oggetto il medesimo fatto,
trattandosi in un caso della illecita detenzione di droga e nell’altro di reato
associativo e di ulteriori episodi delittuosi, come puntualmente rimarcato anche
dall’ordinanza qui impugnata.
Quanto alla lamentata violazione degli artt. 268 e 370 cod. proc. pen., come
ricorda il ricorrente medesimo il Tribunale ha fatto richiamo al principio espresso
da questa Corte secondo il quale l’art. 268 c.p.p., comma 3, non menziona
affatto che gli impianti debbano essere quelli della Procura presso la quale si
procede e ciò comporta che siano utilizzabili i risultati di intercettazione nel caso
in cui le operazioni di ascolto siano state eseguite presso gli impianti installati in
una Procura diversa da quella che ha richiesto e disposto la relativa attività di
intercettazione (Sez. 6, n. 25120 del 06/03/2012 – dep. 22/06/2012, Cicala e
altri, Rv. 252614). Pertanto, era ben possibile, e non determina alcuna

collegata.

inutilizzabilità delle intercettazioni, che le operazioni si svolgessero mediante gli
impianti posti presso la Procura di Trieste. Né risulta evocato in modo pertinente
l’art. 370 cod. proc. pen.; esso concerne l’attività propria del p.m. che questi
deleghi a ad altro ufficio. Nel caso che occupa si tratta, invece, dell’utilizzo di
impianti presenti presso altro ufficio.
Il terzo motivo di ricorso si muove sul terreno delle censure in fatto,
criticando la valutazione degli elementi disponibili operata dal Tribunale, senza
tuttavia individuare vizi motivazionali censurabili in questa sede. Risulta quindi

6.2. Quanto appena esposto vale quale replica anche al ricorso del Finocchi;
il quale ha però censurato anche il giudizio espresso dal Tribunale in merito alla
sua partecipazione al sodalizio criminoso, per essere questo sostenuto da una
motivazione lacunosa, che non individua “l’elemento soggettivo del reato”.
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che in tema di
motivazione dei provvedimenti cautelari, il giudice del riesame, in particolare nei
procedimenti complessi nei quali è necessario individuare le relazioni
intercorrenti tra molti soggetti e confrontare risultati probatori di diverso genere
(intercettazioni, sequestri, pedinamenti etc.), non può limitarsi ad una mera
elencazione, sia pure di tipo ricostruttivo, degli elementi di prova acquisiti, ma
deve valutare il compendio fattuale al fine di poter affermare la gravità indiziaria
che costituisce il presupposto dell’applicazione della misura. Ha anche chiarito la
Corte che, in ipotesi di reati associativi, tale gravità indiziaria deve risultare
riferibile anche all’elemento soggettivo, consistente nella volontà di partecipare
al sodalizio criminale (Sez. 4, n. 19338 del 16/02/2005 – dep. 20/05/2005,
Belsole ed altri, Rv. 231554).
Al riguardo va esclusa ogni affermazione aprioristica, sia nel senso di una
astratta incompatibilità della relazione familiare con il vincolo associativo, sia nel
senso di una automatica sovrapposizione delle due relazioni. Risulta quindi
decisiva l’individuazione dei requisiti inerenti alla continuità e sistematicità dello
spaccio ed alla predisposizione di una struttura operativa stabile (Sez. 1, n.
35992 del 14/06/2011 – dep. 04/10/2011, De Witt e altri, Rv. 250773). Nel caso
che occupa il Tribunale ha evidenziato la stabile messa a disposizione, da parte
del Finocchi, della propria abitazione per lo svolgimento dei traffici illeciti del
genero Cossiga Daniele nonché l’attività di custodia dello stupefacente. In ciò,
con ogni evidenza, l’indicazione della consapevolezza e della volontà del Finocchi
di partecipare al sodalizio criminale.
6.3. In conclusione, i ricorsi proposti nell’interesse di Iacullo Piergerardo e di
Finocchi Claudio vanno rigettati e gli stessi vanno condannati al pagamento delle
spese processuali.

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aspecifico.

7.1. Il ricorso proposto nell’interesse della Speranza è parzialmente fondato.
Le censure che investono il giudizio di gravità indiziaria non colgono il
segno. Non sussiste alcuna violazione del divieto di bis in idem: la detenzione di
stupefacente accertata il 24.4.2012 con l’arresto in flagranza della Speranza non
è tra i reati per i quali è stata emessa la misura custodiale ma unicamente un
fatto che viene evocato per definire il complessivo contesto entro il quale si
collocano gli ulteriori episodi che le vengono attribuiti.

incontestato – dalla Speranza è stata dedotta dal Tribunale dalla impossibilità
che ella potesse acquistare per sé i quantitativi di cui trattasi, non avendo
adeguate disponibilità economiche. Si tratta di motivazione non manifestamente
illogica, alla quale l’esponente oppone una diversa valutazione delle circostanze
note: valutazione in ipotesi plausibile, ma non per questo in grado di negare
altrettAcOausibilità alla ricostruzione operata dal Collegio distrettuale.
7.2. Per contro il ricorso risulta fondato laddove lamenta l’omessa
valutazione da parte del Tribunale di una serie di circostanze di fatto (quelle
descritte nella superiore parte narrativa) che erano state evidenziate per
significare e dare dimostrazione del cambiamento di vita che la Speranza aveva
operato. Il Collegio distrettuale si è limitato a prendere in esame la mancanza di
mezzi adeguati a far fronte al bisogno di approvvigionamento di stupefacente per
l’uso personale quale presupposto di una prognosi di recidiva. Ma già la
perdurante condizione di soggetto intenzionato a mantenersi dipendente daleso
delle sostanze stupefacenti è stata posta in discussione dalle censure difensive;
ad un superamento di quella condizione allude lo stesso Tribunale allorquando
espone le prospettazioni difensive (cfr. pg . 1). Sicchè non se ne può omettere la
valutazione, pena la aperta contraddizione della motivazione con le evidenze
acquisite agli atti.
L’accoglimento del motivo appena esaminato assorbe gli ulteriori, pure
concernenti la sussistenza delle esigenze cautelari ed il connesso tema della
individuazione della misura adeguata.
Si impone quindi l’annullamento della ordinanza impugnata, limitatamente
alla posizione di Speranza Monica e al tema delle esigenze cautelari, con rinvio al
Tribunale di Roma per nuovo esame.
Va disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
P.Q.M.

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La destinazione alla cessione a terzi dello stupefacente detenuto – e ciò è

annulla la impugnata ordinanza nei confronti di Speranza Monica limitatamente
alla questione concernente le esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul
punto al Tribunale di Roma, e rigetta il ricorso nel resto. Rigetta i ricorsi di
Iacullo Piergerardo e Finocchi Claudio che condanna al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18/2/2014.

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