Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19284 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19284 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DEL MORO SIMONE, N. L’29.9.1979,
avverso l’ordinanza n. 83/2013 pronunciata dalla Corte di Appello di Roma il
17/1/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
lette le conclusioni del P.G. Dott. Giovanni D’Angelo, che ha chiesto
l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. Del Moro Simone, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata accolta
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita per 581 giorni in
custodia in carcere e per 141 giorni agli arresti domiciliari, in relazione ai delitti
di associazione sovversione di matrice anarchica ed altri reati commessi con
finalità di terrorismo, per i quali era stato mandato assolto per non aver
commesso il fatto (sentenza irrevocabile il 9.9.2011) e liquidata la somma
complessiva di euro 70.393,00, alla quale la Corte di Appello è pervenuta
richiamando l’applicazione del criterio aritmetico, la sussistenza di una colpa
lieve del Del Moro e di conseguenze di ordine psicologico e morale subite dal
medesimo per effetto della detenzione subita.

Data Udienza: 28/01/2014

2. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione
di legge e vizio motivazionale, rilevando:
– che l’abbattimento dell’indennizzo del 50% e la mancata incidenza delle pur
riconosciute conseguenze di ordine psicologico e morale non sono sostenute da
alcun apparato argomentativo;
– che, in punto di diritto, la colpa lieve non assume rilievo nella quantificazione
dell’indennizzo;

perché le circostanze evidenziate a tal fine dalla Corte di Appello (custodia di
volantini e ospitalità offerta ad esponenti anarchici nel casolare del quale l’istante
era proprietario con il fratello; partecipazione ad una manifestazione pubblica)
da un canto sono state valutate senza dare prova della consapevolezza del del
Moro e dall’altro non possono rappresentare motivo di addebito essendo
espressione di un diritto costituzionalmente garantito;
– che la Corte di Appello non ha motivato in ordine alla richiesta dell’istante di
riconoscimento del pregiudizio patito per effetto della ‘gogna mediatica’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
3.1. In tema di liquidazione dell’indennizzo relativo alla riparazione per ingiusta
detenzione, la giurisprudenza di legittimità si è stabilmente orientata (v. Sezioni
unite, 9 maggio 2001, Caridi) per la necessità di contemperare il parametro
aritmetico – costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui
all’articolo 315, comma 2 cod. proc. pen. (euro 516.456,90) ed il termine
massimo della custodia cautelare di cui all’articolo 303, comma 4, lett. c) cod.
proc. pen. espresso in giorni (sei anni ovvero 2190 giorni), moltiplicato per il
periodo anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita – con il potere
di valutazione equitativa attribuito al giudice per la soluzione del caso concreto
(in tal senso anche Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011 – dep. 27/09/2011,
Giordano, Rv. 251429), che non può mai comportare lo sfondamento del tetto
massimo normativamente stabilito. Si è così superato il contrasto tra le opposte
tesi dell’assoluta insufficienza del solo criterio aritmetico (Sez. 4, Sentenza n.
915 del 15/03/1995 P.G. in proc. Ministro lavoro Rv. 201632) e della
onnicomprensività di tale criterio (Sez. 3, Sentenza n. 28334 del 29/04/2003,
Porfidia, Rv. 225963).
Dato di partenza della valutazione indennitaria, che va necessariamente tenuto
presente, è costituito, pertanto, dal parametro aritmetico (individuato, alla luce
dei criteri sopra indicati, nella somma di euro 235,82 per ogni giorno di

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– che in ogni caso la condotta del Del Moro non ha integrato alcuna colpa lieve,

detenzione in carcere ed in quella di euro 120,00 per ogni giorno di arresti
domiciliari, in ragione della ritenuta minore afflittività della pena).
Siffatto parametro non è vincolante in assoluto ma, raccordando il pregiudizio
che scaturisce dalla libertà personale a dati certi, costituisce il criterio base della
valutazione del giudice della riparazione, il quale, comunque, potrà derogarvi in
senso ampliativo (purchè nei limiti del tetto massimo fissato dalla legge) oppure
restrittivo, a condizione però che, nell’uno o nell’altro caso, fornisca congrua e
logica motivazione della valutazione dei relativi parametri di riferimento.

sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di
merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la
sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi
sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato
criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo
simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n. 10690 del 25/02/2010 – dep.
18/03/2010, Cammarano, Rv. 246424).
3.2. Tenendo presente le premesse appena esposte, va ritenuto che la Corte di
Appello non abbia fatto buon governo dei principi valevoli in tema di liquidazione
dell’indennizzo.
L’ordinanza impugnata

ha dapprima evidenziato i fattori da prendere in

considerazione (determinanti un aumento: conseguenze di ordine psicologico e
morale; ovvero una diminuzione: colpa lieve, rispetto a quanto determinato sulla
base del criterio aritmetico) ed ha poi direttamente indicato gli importi da
riconoscere, rispettivamente per la custodia in carcere (euro 62.215,00) e per
detenzione agli arresti domiciliari (euro 8.178,00).
Un simile svolgimento motivazionale non consente di comprendere quale
percorso sia stato seguito per pervenire al risultato finale, sicché anche
l’affermazione che essa avrebbe operato un abbattimento del 50% o che sarebbe
incorsa anche in un mero errore di calcolo [62215,00 in luogo di 68517,33;
8178,00 in luogo di 8312,65], come segnalato dal P.G. requirente, in realtà non
è verificabile alla luce della motivazione in esame.
Come si è sopra rammentato, la deroga in senso ampliativo oppure restrittivo al
criterio base della valutazione del giudice della riparazione deve essere sostenuta
da congrua e logica motivazione, esplicativa della valutazione dei relativi
parametri di riferimento; in tale esplicazione non può mancare l’indicazione
dell’incidenza che ciascuno di essi ha avuto nel caso di specie.

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Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione é

3.3. Per contro, non è fondata la censura che si indirizza alla motivazione in
ordine alla colpa lieve e alla correttezza giuridica della sua valutazione con
effetto diminuente dell’indennizzo.
Sotto il primo profilo, come correttamente osservato dal P.G. requirente, il
ricorso indulge in censure che attengono al merito, contestando la sussistenza
delle circostanze affermate dalla Corte di Appello, peraltro sulla scorta
dell’ordinanza cautelare che dispose la privazione della libertà del Del Moro. Una
simile critica imporrebbe a questa Corte un accertamento di merito che le è

Quanto al secondo profilo, risponde al vero che il S.C. ha sostenuto che in tema
di riparazione per la ingiusta detenzione non può esservi spazio per la
valutazione della colpa lieve; e ciò sulla scorta della diversità ontologica
sussistente tra essa ed il risarcimento del danno, di talchè non è possibile
trasferirvi principi, norme, che sono propri di un istituto la cui logica è il totale
ripristino della situazione patrimoniale del creditore, il cui fatto colposo non può
che assumere rilevanza. Nell’equa riparazione lo Stato non si pone il problema di
eliminare per intero gli effetti negativi, economicamente apprezzabili, della
ingiusta custodia cautelare ed una volta che si sia escluso che la custodia
cautelate sia dipesa o anche dipesa da colpa grave (della quale si nota la
previsione solitaria nell’articolo 314 cod. proc. pen.) o da dolo, non può
pretendersi che la equa riparazione venga ridimensionata grazie al richiamo di
principi, di norme, tipici di un istituto in cui la ricostituzione del patrimonio è pari
alla entità del pregiudizio, del danno subito (Sez. U, Sentenza n. 1 del
13/01/1995, Ministero Tesoro in proc. Castellani, Rv. 201035).
Tuttavia, l’orientamento che è andato affermandosi nella giurisprudenza di
questa Corte, tanto da potersi dire ormai unico, è per la incidenza della colpa
lieve nella quantificazione dell’indennizzo. Ed infatti non può esservi dubbio sul
fatto che nel metro equitativo debbono essere presi in considerazione tutti gli
elementi da valutarsi globalmente con prudente apprezzamento. In questa
prospettiva non può ritenersi irrilevante il contributo causale, anche se non
grave, dato dall’interessato all’applicazione della misura cautelare; né può
reputarsi ammissibile parificare tale sua condotta a quella di chi non ha in alcun
modo favorito con la propria condotta la detenzione, poi risultata ingiusta (v. in
tal senso, Sez. 4, sent. n. 3530 del 12/12/2003, Fiorentino, n.m.; sent. n.
27529, 20/5/2008, Okumboro ed altro, rv. 205208; Sez. 4, Sentenza n. 1227
del 25/11/2010, Asero, n.m.).
Alla tesi qui criticata si oppone inoltre che dal tenore complessivo della
normativa non si evince che le altre forme di colpa siano irrilevanti per la
persona prosciolta ed in precedenza ingiustamente sottoposta a misura

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precluso.

detentiva; e che l’equa indennità non è un istituto sconosciuto al diritto civile (ad
es. art. 2047 c.c., in tema di danno causato all’incapace) per cui è applicabile ad
essa, con riferimento al quantum debeatur il principio generale di (auto)
responsabilità estraibile dalla lettura degli artt. 1227 e 2056 c.c., per il quale non
è da indennizzare il pregiudizio causato, quanto meno per colpa (seppure lieve),
dello stesso danneggiato (Sez. 4, Sentenza n. 27968 del 30/05/2013, Gallo,
n.m.).
Si tratta di argomentazioni ad avviso di questo Collegio del tutto persuasive e

4. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata,
limitatamente alla statuizione concernente l’ammontare dell’indennizzo, con
rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma per
nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.1.2014.

che meritano condivisione anche in questa sede.

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