Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19282 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19282 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STASI MICHELE N. IL 24/03/1971
avverso l’ordinanza n. 18/2011 CORTE APPELLO di POTENZA, del
19/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
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Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Stasi Michele, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 19.1.2006 al
10.3.2008 agli arresti domiciliari, in relazione ai delitti di cui agli artt. 416bis cod.
pen., 74 e 73 T.U. stup., per i quali era stato mandato assolto perché il fatto
non sussiste.

probatorio, omettendo di presentare la documentazione necessaria ai fini della
decisione ed in particolare la prova della irrevocabilità della sentenza di
assoluzione e la prova dell’esito del procedimento in relazione ai due reati
contestati unitamente al reato di cui all’art. 74 T.U. Stup., nonostante il termine
perentorio fissato all’uopo dalla Corte medesima.

2. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione
dell’art. 314 cod. proc. pen., rilevando che la misura custodiale era stata
disposta per il solo reato di cui all’art. 74 T.U. Stup. e che i restanti due reati
erano stati oggetto di provvedimento di archiviazione; che l’onere probatorio era
stato quindi soddisfatto con il deposito dell’ordinanza genetica e la sentenza di
merito ed ulteriori documenti; che in ogni caso la Corte di Appello avrebbe
dovuto esercitare i poteri officiosi onde accertare quanto ritenuto non
adeguatamente dimostrato dalla parte.

3. Con memoria depositata il 10.1.2014 si è costituito in giudizio il Ministero
dell’Economia e delle Finanze a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, rilevando
l’inammissibilità del ricorso per essere lo stesso tardivo, in relazione alla data in
cui esso, spedito per il mezzo postale, è pervenuto a questa Corte; per non
essere stato identificato il soggetto proponente a cura della Cancelleria; perché
la decisione della Corte di Appello è in linea con la giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. In via preliminare, stante il carattere pregiudiziale, va esaminato il rilievo
avanzato dall’Avvocatura dello Stato in merito alla asserita tardività del ricorso.
L’impugnazione è tempestiva. Ai sensi dell’art. 583, co. 2 cod. proc. pen.,
allorquando l’impugnazione viene presentata a mezzo di spedizione dell’atto
attraverso il servizio postale, la stessa si considera proposta nella data di
spedizione della raccomandata o del telegramma. Nel caso che occupa,
l’ordinanza è stata comunicata allo Stasi e al difensore il 20.11.2012;

2

La Corte territoriale ha ritenuto che lo Stasi non avesse adempiuto all’onere

l’impugnazione è stata spedita il 5.12.2012; pertanto nel termine di legge di
quindici giorni.
Tenuto conto della presentazione del ricorso a mezzo del servizio postale, del
tutto incongruo è il rilievo dell’Avvocatura in merito alla omessa identificazione
del soggetto proponente da parte della Cancelleria.
Peraltro, vale rammentare che questa Corte ha già avuto modo di distinguere gli
adempimenti che, perché costituiscono oneri delle parti e sono imprescindibili
per l’identificazione degli elementi essenziali e costitutivi dell’atto di

gli adempimenti del pubblico ufficiale addetto a ricevere l’atto (quale
l’apposizione sul medesimo della data e della firma), dalla cui violazione non
possono riversarsi sull’interessato gli effetti negativi (cfr. Sez. 5, n. 7351 del
26/05/1992 – dep. 24/06/1992, P.M. in proc. Parameli, Rv. 191000).

5. Nel merito, il ricorso è fondato.
5.1. Con un recente approfondimento del tema della prova nel procedimento
previsto dagli artt. 314 e segg. cod. proc. pen., questa Corte ha definito lo
statuto del medesimo alla luce della natura dell’azione, annoverata “tra quelle
che parte della dottrina processual-penalistica definisce “azioni penali
complementari”, caratterizzate dal riconoscimento (tanto al P.M. quanto a taluni
soggetti privati) del potere di iniziare un procedimento mediante la richiesta di
decisione su un determinato oggetto diverso dall’accertamento di una notitia
criminis”. È stata quindi esclusa la assimilabilità del procedimento per la
riparazione di ingiusta detenzione al procedimento civile che si svolge dinanzi al
giudice penale; e ribadito che si tratta di un procedimento penale autonomo
(non incidentale) che presuppone definitivamente concluso il rapporto
processuale instauratosi per effetto dell’esercizio dell’azione penale e che trova
disciplina nell’ambito dell’ordinamento processuale penale, “le cui disposizioni, in
assenza di un’espressa deroga, debbono trovare in questa materia integrale
applicazione” (come già affermato da Sez. Unite, 26 novembre 1997, n. 14, ric.
Min. tesoro in proc. Gallaro).
Quanto alla individuazione dei doveri di prova delle parti, si è posto “il principio
secondo cui colui che chiede la riparazione per l’ingiusta detenzione deve provare
i presupposti della domanda stessa (ovvero i fatti costitutivi) e cioè di aver
subito una carcerazione e che la medesima si è rivelata ingiusta allegando i
documenti che dimostrano tale situazione. E la controparte, cioè la
amministrazione finanziaria ed il pubblico ministero devono dedurre la
sussistenza degli elementi che si oppongono all’accoglimento della domanda (i
fatti impeditivi) e cioè innanzitutto dolo o colpa grave dell’istante”. Tanto

impugnazione, possono determinarne, in caso di mancanza, l’inammissibilità; e

significa, che l’istante ha l’onere di specificare i fatti su cui si fonda la richiesta e
l’oggetto della stessa, anche con riferimento ai danni subiti e di dimostrare tali
presupposti producendo in giudizio, allegandoli alla domanda, i documenti che si
pongono in rapporto di immediatezza e specificazione con il contenuto della
stessa e cioè: 1) la sentenza che ha definito il giudizio in relazione al quale si
chiede la riparazione, necessaria per verificare la tempestività del ricorso; 2) il
provvedimento cautelare cui si riferisce la detenzione ed il provvedimento della
sua cessazione; 3) la sentenza di assoluzione, di non luogo a procedere, il

da cui deriva il diritto stesso (Sez. 4, Sentenza n. 17847 del 06/03/2012, Molino,
n.m.).
Tuttavia, il giudice deve esercitare i propri poteri ed integrare la documentazione
incompleta o insufficiente; ciò è stato specificamente affermato con riferimento
alla produzione di una sentenza priva della annotazione del passaggio in
giudicato (sez. IV 11.3.2008 n.21060 rv. 240020 ed in precedenza sez. IV
29.4.1997 n.H63 rv.209676).
5.2. Risulta da quanto sin qui esplicato che l’ordinanza impugnata non ha fatto
buon governo dei principi che governano la materia; la Corte di Appello avrebbe
dovuto non già porre termini perentori alla parte ma attivare i poteri dell’ufficio
per acquisire la documentazione ritenuta necessaria a dare conto della sorte dei
due reati rimasti estranei all’ordinanza custodiale e dell’eventuale passaggio in
giudicato della sentenza di assoluzione dello Stasi.

6. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per
nuovo esame alla Corte di appello di Potenza.
P.Q.M.
annulla la impugnata ordinanza e rinvia alla Corte di Appello di Potenza, cui
demanda la regolamentazione delle spese tra le parti anche per questo giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.1.2014.

decreto di archiviazione, ovvero di annullamento del provvedimento cautelare,

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