Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19282 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 19282 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Foti Andrea, nato a Catanzaro, il 6/8/1979;

avverso la sentenza del 16/6/2014 della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento
impugnato;
udito per l’imputato l’avv. Francesco Gambardella, che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Assise d’appello di Catanzaro, in parziale
riforma della pronunzia di primo grado emessa in giudizio abbreviato e in funzione di

Data Udienza: 08/04/2015

giudice del rinvio a seguito dell’annullamento della precedente sentenza d’appello, ha
escluso le attenuanti generiche già concesse in prime cure, confermando la condanna di
Foti Andrea per il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione ai danni
di Penna Michele commesso in concorso con altri e per quelli di occultamento di
cadavere e di simulazione di reato e provvedendo alla rimodulazione della pena.
Deve ricordarsi che nella precedente occasione il giudice dell’appello aveva escluso
l’aggravante della premeditazione e riconosciuto all’imputato la diminuente del

due prime statuizioni la Prima Sezione di questa Corte, in accoglimento del ricorso del
Procuratore Generale di Catanzaro, aveva rilevato alcuni vizi di motivazione
provvedendo, come già accennato, ad annullare la pronunzia, mentre aveva dichiarato
inammissibile lo stesso ricorso in merito all’assoluzione del Foti per i concorrenti reati di
detenzione e porto dell’arma che si ritiene sia stata utilizzata per l’omicidio, eseguito
all’interno della vettura dell’imputato darcugini di quest’ultimo e mentre lo stesso la
conduceva con seduta accanto la vittima.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando un
unico motivo con il quale, però, vengono dedotti autonomi vizi.
2.1 Sotto un primo profilo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizi della
motivazione con riguardo alla riforma della pronunzia di primo grado in merito alla
concessione delle attenuanti generiche. In proposito si osserva come la Corte di
Cassazione non avesse accolto il motivo di ricorso del PG relativo alla conferma di tale
statuizione da parte della precedente pronunzia di secondo grado, come emergerebbe
dal dispositivo di annullamento e dall’assenza di qualsiasi motivazione sul punto nella
sentenza. In tal senso, secondo il ricorrente, il giudice di rinvio, rimettendo in
discussione tale aspetto, avrebbe illegittimamente forzato la preclusione conseguente
ai limiti della devoluzione che segnava il perimetro della sua cognizione. Né lo stesso
giudice poteva ritenersi investito della questione, ai sensi dell’art. 624 comma 1 c.p.p.,
in ragione del disposto rinvio sulla sussistenza dell’aggravante della premeditazione,
non essendo questo profilo inscindibilmente connesso alla suddetta questione, come
invece sostanzialmente ritenuto dalla Corte territoriale. Infine il ricorrente censura la
tenuta argomentativa della motivazione dispiegata dai giudici d’appello per sostenere la
propria decisione di negare la concessione della menzionata attenuante, rilevando
come del tutto inconferente sarebbe in tal senso il riferimento al comportamento post
factum dell’imputato, che per conforme giurisprudenza non può costituire ostacolo a
tale concessione. Ed ancora la sentenza avrebbe illegittimamente utilizzato per la
valutazione sul punto i medesimi elementi già considerati ai fini della commisurazione
della pena.

concorso anomalo, oltre a confermare la concessione delle attenuanti generiche. Sulle

2.2 Il ricorso deduce poi vizi della motivazione della sentenza impugnata quanto alla
ritenuta sussistenza dell’aggravante della premeditazione. La Corte territoriale non
avrebbe infatti tenuto conto dell’oramai definitiva assoluzione del Foti per i reati ad
oggetto l’arma con cui il Penna venne ucciso, conseguente alla ritenuta inammissibilità
del motivo di ricorso proposto dal PG sul punto. Pertanto è dato processualmente
assodato che l’imputato partecipò al più alla fase esecutiva dell’omicidio, ma non già
alla sua preparazione, mentre deve escludersi che l’aggravante in questione potesse

2.3 Il ricorrente denuncia poi il difetto assoluto di motivazione sul titolo della
responsabilità del Foti per l’omicidio, il cui accertamento era stato invero devoluto con
la sentenza di annullamento alla Corte territoriale, la quale invece avrebbe del tutto
pretermesso tale questione. La menzionata estraneità dell’imputato alla detenzione e al
porto dell’arma e le dichiarazioni liberatorie rilasciate alla polizia giudiziaria da Foti
Francesca erano per converso elementi idonei a sostenere la tesi del concorso anomalo
già accolta nel precedente giudizio d’appello che richiedevano adeguata confutazione.
Non di meno, alla luce del contenuto della decisione del giudice di legittimità, quello del
rinvio non poteva ritenersi esentato dall’obbligo di dimostrare la consapevolezza da
parte dell’imputato dell’intento omicidiario dei suoi complici, piuttosto che del mero
progetto di minacciare la vittima, come sostenuto dalla cugina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e per certi versi anche inammissibile e deve conseguentemente
essere rigettato.
2. Infondate sono in particolare le articolate doglianze svolte in merito alla negazione
delle attenuanti generiche.
2.1 Quanto alla lamentata violazione del vincolo di rinvio e della presunta preclusione
formatasi sul punto, è sufficiente evidenziare come il ricorrente abbia omesso di
considerare che la sentenza di annullamento ha ritenuto assorbiti i motivi di ricorso del
PG sul punto, ritenendo pregiudiziale l’accertamento del titolo del concorso di cui
l’imputato doveva rispondere. Ed in tal senso (a p. 9 della sentenza) il giudice di
legittimità ha espressamente e specificamente onerato quello di rinvio delle valutazioni
inerenti il trattamento sanzionatorio – compresa quella relativa alla concessione delle
attenuanti ex art. 62 bis c.p. dunque – all’esito di tale accertamento. Coerentemente (e
correttamente) quindi il dispositivo della suddetta sentenza non fa menzione della
decisione su tali motivi, proprio perché una decisione la Corte non ha assunto avendo
rimesso la questione al giudice del merito.
2.2 Né, sotto altro profilo, può ritenersi che la statuizione sulle attenuanti generiche
non sia in rapporto di connessione essenziale con quella relativa all’affermazione di

essergli attribuita ai sensi dell’art. 118 c.p. attesa la sua natura soggettiva.

responsabilità dell’imputato e al suo titolo. Ed infatti se quest’ultima presenta una sua
autonomia, talchè l’annullamento disposto in relazione al solo trattamento
sanzionatorio non consente al giudice di rinvio di pronunziarsi sulla responsabilità
dell’imputato, non è vero l’inverso, poichè l’accertamento di tale responsabilità in tutte
le sue componenti è presupposto ineludibile della commisurazione della pena, nella cui
dinamica si inserisce la valutazione relativa al riconoscimento delle suddette attenuanti.
2.3 Quanto poi alle censure mosse alla motivazione resa a giustificazione della

territoriale abbia adeguatamente e logicamente argomentato la sua decisione, anche
attraverso una puntuale confutazione dei motivi individuati a sostegno della contraria
decisione adottata in prime cure. Con tale apparato giustificativo il ricorso in realtà non
si è compiutamente confrontato, rivelando così la sua intrinseca genericità, se non per
sostenere la non ostatività della condotta post delíctum dell’imputato al riconoscimento
delle suddette attenuanti e l’illegittimità della rivalutazione di elementi già impiegati ai
fini della commisurazione della pena. Entrambe doglianze che risultano manifestamente
infondate.
2.3.1 Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, infatti, il comportamento
dell’imputato successivo alla commissione del reato può esser preso in considerazione
dal giudice per il diniego della concessione delle attenuanti generiche (ex multís Sez. 1,
n. 2662/91 del 28 novembre 1990, Scarvaglieri ed altro, Rv. 186633) al pari di tutti gli
altri elementi individuati nell’art. 133 c.p. E’ poi ovvio che la sua valutazione deve
essere fatta in concreto, ma già si è detto come sotto tale profilo la sentenza abbia
fornito idonea motivazione invero non confutata dal ricorrente.
2.3.2 Quanto poi alla lamentata “doppia” valutazione dei medesimi elementi parimenti
si è da tempo chiarito, dopo qualche risalente incertezza, come tale pratica sia del tutto
legittima – e in qualche modo imposta dalla stessa lettera dell’art. 62 bis c.p. – ai fini
della determinazione della pena e della concessione delle attenuanti generiche

(ex

multís Sez. 2, n. 933/14 del 11 ottobre 2013, Debbiche Helmi e altri, Rv. 258011).

3. Manifestamente infondate e per molti aspetti generiche sono invece le residue
censure del ricorrente.
3.1 La oramai definitiva assoluzione del Foti per i reati in armi non è infatti circostanza
in grado di mettere in crisi l’articolato ragionamento probatorio seguito dalla Corte
territoriale per riconoscere all’imputato l’aggravante della premeditazione e che il
ricorrente non si è preso cura di confutare specificamente. In tal senso i giudici
d’appello – peraltro coerentemente con quanto già rilevato nella sentenza di
annullamento sul punto e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – hanno
diffusamente e logicamente spiegato le ragioni per cui le dichiarazioni rilasciate da Foti
Francesca agli operanti e da questi ultimi riportate non siano in grado di dimostrare la

denegata concessione delle attenuanti di cui si tratta, deve rilevarsi come la Corte

tesi del concorso anomalo, vuoi perché il loro contenuto è in parte filtrato dalle
considerazioni degli stessi operanti, vuoi perché in contrasto con la spontaneità di
quanto dalla stessa riferito alla madre nel corso delle conversazioni intercettate.
3.2 Non di meno deve ricordarsi come sia legittima la valutazione, con autonomo
giudizio, di circostanze di fatto raccolte nel corso di altro procedimento penale, in
quanto la preclusione di un nuovo giudizio impedisce soltanto l’esercizio dell’azione
penale in ordine al reato che è stato oggetto del giudicato, mentre non riguarda la

essere rilevanti per l’accertamento di reati diversi da quelli già giudicati (Sez. 2, n.
41003 del 20 settembre 2013, Bianco e altri, Rv. 257239).
3.3 Inconferente è poi l’evocazione dell’art. 118 c.p. operato nel ricorso, atteso che la
sentenza non ha riconosciuto l’aggravante “per comunicazione”, ma, come detto, ha
specificamente illustrato le ragioni per cui il Foti debba ritenersi partecipe fin dall’inizio
dell’ideazione del progetto omicidiario così come poi effettivamente eseguito.
3.4 E proprio le argomentazioni svolte, coerentemente alle risultanze processuali, con
riguardo alla sussistenza della premeditazione contengono in sé l’analitica confutazione
della tesi del concorso anomalo e la spiegazione del perché al momento in cui i
complici esecutori materiali del delitto salirono a bordo della vettura su cui il Foti si
trovava in compagnia della vittima – e che sostanzialmente aveva attirato in una
trappola sfruttando la fiducia che questa riponeva nell’imputato – lo stesso fosse
consapevole di cosa sarebbe di lì a poco accaduto e cioè la spietata esecuzione del
Penna.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 8/4/2015

rinnovata valutazione di dette circostanze, una volta stabilito che le stesse possano

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