Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19278 del 13/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19278 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DADOUCH LAMYAE nato il 30/06/1987 a FES( MAROCCO)

avverso la sentenza del 13/10/2016 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 13/03/2018

1. Lamyae Dadouch ricorre avverso il provvedimento in epigrafe, con il quale la Corte d’appello
di Brescia, in parziale riforma dell’appellata sentenza del Tribunale di Brescia, ha ridotto la
pena inflittale per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. La ricorrente deduce, col primo
motivo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità di motivazione in ordine alla
ritenuta integrazione del reato di cui all’art. 385 cod. pen.; col secondo motivo, la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità di motivazione in ordine alla denegata applicazione della
causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen., atteso che, al momento del fatto, la
prevenuta era in crisi d’astinenza e sussisteva comunque il vizio parziale di mente ex art. 89
cod. pen.
2. Il ricorso è inammissibile.
3. Ed invero, il ricorrente ripropone le stesse censure già dedotte in appello e non si confronta
con la risposta data dalla Corte lombarda che, nelle pagine 2 e seguenti della sentenza
impugnata, ha congruamente argomentato sia la ritenuta integrazione del reato di evasione (là
dove la ricorrente non veniva trovata al domicilio ove era ristretta in custodia cautelare,
essendosene allontanata il giorno precedente), sia l’insussistenza dei presupposti dell’invocata
causa di giustificazione e del vizio parziale di mente, allineandosi su tali punti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità.
3.1. Come questo Giudice ha già avuto modo di sancire, non ricorre infatti lo stato di necessità
di cui all’art. 54 cod. pen. in presenza della mera circostanza che un soggetto
tossicodipendente versi in crisi di astinenza, trattandosi della conseguenza di un atto di libera
scelta e quindi evitabile da parte dell’agente. (Fattispecie relativa al delitto di evasione, in cui
l’imputato si era allontanato dalla propria abitazione all’asserito fine di procurarsi il metadone,
senza rivolgersi al 118 né farsi rilasciare dal giudice procedente – anche tramite i propri
congiunti – l’autorizzazione a recarsi personalmente presso il Sert). (Sez. 6, n. 45068 del
24/09/2014, Pettinari, Rv. 260664).
3.2. D’altra parte, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, nessun rilievo
può assumere la presenza, in capo all’autore della condotta delittuosa, di un generico stato di
agitazione determinato da una crisi di astinenza dall’abituale consumo di sostanze
stupefacenti, e non accompagnato da una grave e permanente compromissione delle sue
funzioni intellettive e volitive. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la su descritta
condizione integra gli estremi di uno stato emotivo e passionale, valutabile nella
determinazione del trattamento sanzionatorio). (Sez. 6, n. 17305 del 20/04/2011 – dep.
05/05/2011, Angius, Rv. 250067).
3.3.
A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo
sviluppato dal Giudice del gravame in sentenza, il ricorso si risolve nella sollecitazione di una
diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa Sede, dovendo
la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu
ocull percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a
versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 3.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 13 marzo 2018

MOTIVI DELLA DECISIONE

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